Cos’hanno in comune Lovecraft, Hellraiser di Barker, Notte profonda di Fabio Salerno, le orde di zombi e il cinema post-atomico? In apparenza, nulla, prima che arrivasse il geniale horror indipendente The Pyramid (2013), presentato con successo in numerosi festival. Il regista perugino Alex Visani, autore di corti e mediometraggi horror di successo (nonché grande esperto del genere), scrive e co-produce questo lungometraggio, dirigendone anche il primo episodio. The Pyramid presenta infatti una struttura originalissima, composta da quattro episodi autonomi ma al contempo legati fra loro dalla piramide del titolo: Ritual dello stesso Visani, Dream Door di Luca Alessandro, Pestilence di Roberto Albanesi e Simone Chiesa (che ricordiamo anche come registi dell’ottimo e feroce cortometraggio Happy Easter) e Apocalypse di Antonio Zannone. La formula adoperata è quindi quella del film collettivo, che oggi va per la maggiore nel cinema indipendente, spesso con ottimi risultati, come in questo caso.
The Pyramid è innanzitutto un profondo atto d’amore verso il cinema horror: un film ricco di citazioni che omaggiano il genere (anni Ottanta, ma non solo) per ricreare un nuovo universo narrativo, fatto di maledizioni, possessioni, dimensioni sconosciute, zombi e panorami apocalittici, un horror originale e ben diretto, che farà sicuramente la gioia degli appassionati e che in certi momenti riesce a spaventare davvero. L’idea della piramide in miniatura che scatena le forze del male vuole riprendere e celebrare Notte profonda (1988) di Fabio Salerno (al quale infatti è dedicato il film), considerato giustamente il “padre” del cinema indipendente italiano. Il soggetto del film è scritto da Alex Visani, poi è sviluppato man mano da ciascun regista in una sceneggiatura autonoma, sempre però collegata con gli altri segmenti.
The Pyramid inizia con l’episodio Ritual: in un mercatino d’antiquariato all’interno di un pittoresco villaggio, dove è in corso una mostra d’arte e danzatrici dark eseguono balli frenetici, il giornalista che deve svolgere un servizio sull’evento acquista sciaguratamente questa piccola e misteriosa piramide, che si muove un po’ come un cubo di Rubik. Rientrato in albergo insieme al collega, iniziano a manifestarsi le conseguenze nefaste di un graffio procurato dall’oggetto: la mano prende vita, e i due si trovano catapultati in una dimensione oscura dove vivranno atrocità di ogni tipo. La piramide rimane però nella camera, e viene raccolta da un’inserviente che la porta a casa: inizia così Dream door, che ripropone una vicenda in parte simile alla precedente. La ragazza vive col fidanzato, un disegnatore di fumetti in crisi (anch’egli, forse, è un omaggio al protagonista di Notte profonda), che viene a sua volta posseduto dall’arcano oggetto, con tanto di levitazione in stile “esorcista”.
Pestilence cambia atmosfera: la piramide viene ritrovata in un bosco da quattro ragazzi, che immediatamente si trasformano in zombi e assalgono le prime persone che incontrano, una coppia con un amico. Assediati prima in auto, poi in un edificio abbandonato, i tre vengono a loro volta contagiati, tranne la donna, che si dirige verso la città più vicina. Comincia così il quarto e ultimo episodio, Apocalypse, in cui vediamo un mondo dominato completamente dagli zombi: solo un predicatore e due guerrieri hanno la forza di lottare, e devono impedire la nascita di un nuovo essere demoniaco.
Anche solo leggendo la trama, ci si può fare un’idea di quanto cinema horror sia contenuto in The Pyramid; al di là del modello Notta profonda (che viene però sviluppato in qualcosa di nuovo), troviamo: Sam Raimi con La casa (la steady-cam che si muove vertiginosamente nel bosco) e La casa 2 (la mano che prende vita e cerca di uccidere); le dimensioni parallele di Hellraiser (pure lì il male è scatenato da un oggetto, un cubo per la precisione) e dei racconti di Lovecraft, spesso trasposto sul grande schermo; gli zombi di Romero, che prima assediano gli umani e poi ne prendono il posto (Zombi e Il giorno degli zombi), trasformati però secondo un’estetica più contemporanea in stile 28 giorni dopo o Resident Evil; il panorama apocalittico evocato dalle suddette pellicole e dal cinema post-atomico (i casermoni abbandonati e i guerrieri vestiti come i “nuovi barbari”). Ce n’è quindi veramente per tutti i gusti. Inquietante il prologo del film, diretto dallo stesso Visani, dove un oscuro demiurgo con un sacco di iuta in testa forgia la piramide, in un epoca ancestrale che non ci è dato conoscere; bellissimi i disegni di Francesco Biagini che accompagnano i titoli di testa e che raffigurano la piramide durante le fasi più atroci della storia dell’umanità (le antiche civiltà sanguinarie, l’Inquisizione, il nazismo).
The Pyramid, abbiamo detto, è un film collettivo, un ottimo gioco di squadra a cui partecipano vari tecnici, diversi a seconda dell’episodio ma sempre validi. Il film è efficace anche dal punto di vista estetico, perché con la fotografia e le inquadrature giuste riesce a evitare l’immagine patinata “da fiction” e ad acquisire un aspetto squisitamente cinematografico. Pure gli amanti dello splatter e del gore saranno soddisfatti: la mano che perde le unghie, la piramide conficcata nell’addome (più di una volta), sangue a volontà, teste spaccate e pasti a base di interiora appena estratte sono solo alcuni degli ottimi effetti speciali del film, così com’è efficace il make-up dei posseduti e degli zombi.
Completano il tutto le convincenti interpretazioni degli attori, giovani ed esordienti, e le belle musiche di Luca Tomassi, con sonorità acute e penetranti, oppure dark-metal in stile anni Ottanta, perfettamente adatte per evocare atmosfere inquietanti e dimensioni ancestrali.
Davide Comotti
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