
È Giovanna D’Arco la protagonista del nuovo romanzo di Katia Lari Faccenda, scrittrice, musicista e restauratrice. Insomma, un’artista a tutto tondo con una profonda inclinazione alla bellezza che si percepisce fin dalle prime parole di “Le tre domande dell’angelo”, la sua ultima fatica letteraria. L’autrice fiorentina ci trasporta, con uno stile originale e poetico, nel mondo dell’eroina che, in abiti maschili, si è posta alla guida di un gruppo di uomini; la giovane donna a cui hanno tolto la vita a causa della sua consapevolezza, uno scandalo agli occhi di tutti.
Cosa vuole insegnarci la storia di Giovanna D’Arco?
Secondo me la storia non insegna: non mentre avviene, in quanto è ancora il presente e nemmeno quando sopravvive grazie alle diverse interpretazioni che ne vengono date. La storia si intreccia col vissuto di ognuno e in quel vissuto la si apprende e custodisce o si passa oltre. Il passaggio Jeanne d’Arc lascia una traccia che, se disposti a seguirla, ci permette di trovare molte porte e chiavi.
Cosa rappresenta la voce di questa giovane ragazza uccisa perché nata donna in un contesto che non vedeva di buon occhio la sua consapevolezza e la voglia di condurre e guidare degli uomini?
La sua voce era coraggio puro; esempio esplicito di una ribellione possibile e rischiosa. Una voce che permane. Jeanne osò porsi degli interrogativi, rifiutare un matrimonio combinato dalla famiglia, prendersi la responsabilità di agire, mettersi a capo di un esercito, avere un’armatura, creare un proprio stendardo senza possedere un titolo nobiliare, conseguire più vittorie, restituire il trono al delfino di Francia, rifiutare di smettere i propri abiti maschili, avere un rapporto personale e privilegiato con Dio non guidato dalla Chiesa. Osò soprattutto insistere nei propri errori, non ritrattare e accettare il rogo. La sua voce è stata il richiamo potente di una rivolta.
Una delle tematiche chiave è il silenzio. Che rapporto ha lei col silenzio e come lo presenta tra le pagine di questo libro?
È vero, ne parlo molto. Nel corso della narrazione emergono molti aspetti diversi del silenzio,compreso il silenzio che lascia maturare il grido di ribellione. Il silenzio che la ragazzina Giovanna sente come necessario è quello della consapevolezza che tace per raccogliersi, ascoltare. Tante voci non faranno mai una voce sola, il silenzio è uno; questo dirà agli studenti che la seguono. Il mio silenzio invece è quello del quale mi circondo, nel quale mi muovo; non riuscirei a farne a meno, è il mio respiro. Infatti vivo isolata in collina, dove i suoni della vita sono così unitari da risultare quiete.
Altro elemento fondamentale è costituito dalla figura dell’angelo…
L’angelo è stato il mio modo per affrontare il rapporto che Jeanne d’Arc aveva con l’assoluto,con le proprie visioni. Nel romanzo è con Giovanna a ogni passo, come presenza che interroga e non insegna. L’angelo è una figura senza ambiguità, sta esattamente in ciò che dice e tace la sua potenza. E le domande che rivolge a Giovanna, ai suoi studenti, sono rivolte anche a ognuno di noi. Per questo lascio l’interpretazione dell’angelo e delle sue tre domande a chi legge.
Quale messaggio vuole trasmettere con questo libro?
Nello scrivere lascio sempre molto spazio al lettore. Amo la precisione ma anche gli accenni. Mi piace pensare che questo romanzo possa divenire ancora e ancora.Cosa vorrei trasmettere? La possibilità di sguardo. Tutto qui.
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