L’incredibile storia dell’isola delle rose: il quarto film del regista di Smetto quando voglio

L’incredibile storia dell’isola delle rose, disponibile su Netflix dal 9 Dicembre 2020, è il quarto lungometraggio diretto dal regista salernitano Sydney Sibilia, dopo la trilogia Smetto quando voglio.

Una nuova commedia sfondo sociale, ma fornita di un tocco grottesco, che vanta un cast di attori che potremmo definire stellare: Elio Germano, la sempre più brava e bella Matilda De Angelis, Leonardo Lidi, Tom Wlaschiha, Violetta Zironi, uno straordinario Fabrizio Bentivoglio nei panni di Franco Restivo, ministro degli interni, e Luca Zingaretti in quelli di Giovanni Leone primo, ministro.

La rievocazione di una storia vera a dir poco incredibile, ma che, come sempre, dona al nostro paese un primato anche nel diritto internazionale. La storia di  Giorgio Rosa (Germano), giovane ingegnere che nella primavera del 1968 costruisce una piattaforma artificiale, sulla falsariga di quelle petrolifere, al largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali, proclamandola stato indipendente. Una storia nella realtà ben più lunga e complicata, ma che, giustamente, viene condensata in due ore di visione, ricorrendo a tutte le licenze del caso, da Sibilia, il quale pare l’abbia scoperta navigando in rete (da notare, inoltre, nei titoli di coda la consulenza storica di Walter Veltroni, che ha collaborato al progetto). Prima di incontrare l’ingegnere Giorgio Rosa (scomparso nel 2017), che lo ha sconsigliato di fare un film sulla sua avventura.

Probabilmente per motivi economici, si è scelto di rendere l’isola uno zatterone un po’ grandino al largo di Rimini, buono per le feste e per farne una discoteca. La vicenda ha dalla sua la forza visionaria di questo ingegnere che vuole in realtà creare uno stato a sè. Il suo progetto è poi stato ripreso da un americano, e, tristemente, nella realizzazione dello stato del Kosovo, nel 2008, dalla civile Europa.

L’aspetto del diritto internazionale e della idea stessa è quello più interessante ne L’incredibile storia dell’isola delle rose, ma viene svilito dalla scelta di rendere il tutto una commedia eccessivamente grottesca e che, alla fine, si perde in luoghi troppi comuni, rievocando il solito 1968 come periodo di libertà. Dimenticando il lato forse più interessante della genialità dell’ingegnere Rosa e della sua idea di libertà, il quale rievoca a modo suo il diritto di ogni popolo di poter scegliere una sua via. Non nell’illegalità, ma in una idea diversa di libertà, ben lontana anche dal comunismo.

Un vero peccato per un film valido dal punto di vista tecnico e con notevoli sforzi anche nel settore degli “effetti speciali”. Un film che finisce per non risultare incisivo, lasciando soltanto l’idea di un’utopia non realizzabile, proprio come l’isola.

 

 

Roberto Leofrigio