La volpe e l’uva non è solo una favola famosissima, forse la più famosa mai scritta, ma anche, se non soprattutto, una parabola. Come forse ci terrebbe a sottolineare Carlo Verdone in Un sacco bello nel ruolo del prete privo delle basi del mestiere.
I registi Jan Bubenicek e Denisa Grimmová al contrario il loro mestiere lo conoscono bene. Su questo non c’è il minimo dubbio. Resta da capire però se il film d’animazione girato in tandem, Lizzy e Red – Amici per sempre, trascenda i colpi di gomito dei mestieranti dimostrando che i due compari sono eleggibili ad autori con la “a” maiuscola. Al pari dell’illustre collega Věra Chytilová. Fiore all’occhiello del cinema ceco in particolare e di quello d’avanguardia in generale.
La risposta come sempre la fornisce la scrittura per immagini. Ancor più indicativa quando si tratta d’immagini animate. Utilizzate in chiave straniante e visionaria dal guru della fabbrica dei sogni tradotti in incubi carichi di tensione: Jan Švankmajer. Anch’egli nativo di Praga. Al pari di Věra Chytilová. In Lizzy e Red – Amici per sempre a ben guardare non si trova alcuna traccia di echi surreali, controechi intellettuali ed elucubrazioni maniacali. Ad animare il copione e le immagini sono i coefficienti spettacolari ad appannaggio del cinema commerciale. Ritenuto da Moravia, uno dei maggiori intellettuali dello Stivale, sprovvisto di mistero. Attribuito dal compianto scrittore, critico e studioso nostrano, incline ad approfondire ogni componente del reale e dell’irreale, all’aura contemplativa. Cosa c’è da contemplare in Lizzy e Red – Amici per sempre? La vicenda della topolina Lizzy e della volpe maschio Red, in lotta contro l’attanagliante balbuzie, segno di un’incertezza per alcuni versi simile ai comici tartagliamenti di Michael Palin alias Ken Pile in Un pesce di nome Wanda, la commedia tinta di giallo dei Monty Python, tiene tuttavia sulle spine grandi e piccini. Il tema è l’aldilà. Ovvero la morte. Chiamata la commare secca. Il titolo del film d’esordio del nostro Bernardo Bertolucci.
Ne I soliti ignoti la morte fa capoccella battezzando la commedia all’italiana con la funesta dipartita del ladro Cosimo e l’omaggio funebre dell’inobliabile esperto di scassinazioni impersonato dal mitico Totò (“Oggi a lui, domani a te”). Ora tocca a un cinema d’animazione che mette al centro delle avventure connesse agli stilemi della commedia non all’italiana ma alla ceca. Al di là dei giri di parole i due affiatati registi non vanno alla cieca né menano il can per l’aia: sanno il fatto loro. Poco ma sicuro. Lo dimostra la prima mezz’ora. Dispiegata come fosse un orologio. Sull’esempio di George Roy Hill nel cult movie La stangata. Tuttavia le caratteristiche della suspense comedy lasciano ora il passo ad altre componenti. Il punto è capire se la vita dopo la morte di Lizzy e Red – Amici per sempre abbia la stessa forza significante delle favole e delle parabole o la morale della favola peschi nel déjà-vu. Il parco dei divertimenti richiama alla mente la carica immaginifica di tanti illustri precedenti. E anche il passaggio successivo che dovrebbe alzare il tiro tradisce l’accidia delle idee prese in prestito. La materia grigia c’è. Manca il carattere d’ingegno creativo. A farla da padrone è l’organizzazione. Non la creazione. Poco male. D’altronde i film davvero contraddistinti dal dono dell’intelletto, dallo slancio dell’estro, dalla marcia in più dell’avanguardia sono pochissimi.
Al contrario dell’esercito di film comunque simpatici ed emozionanti che battono sempre sullo stesso chiodo: gli animali irrazionali che cadono preda l’uno dell’altro divengono razionali solo ed esclusivamente nelle favole. Razionalizzare l’assurdo è permesso unicamente ai poeti. Alle poesie quindi. Che contemplano eventi imprevisti, semitoni, preferiti agli accenti, l’occultamento delle cose, anziché la rivelazione sensazionalistica, la scintilla del genio irregolare al posto della regolarità del racconto. Sul piano della sceneggiatura il racconto di Lizzy e Red – Amici per sempre riserva poche sorprese. Forse nessuna. È inutile pure spoilerare. Ogni cosa è prevedibile. Intuibile. Compresa la lacrima. Connessa a una canzone dell’infanzia. Allora perché, nonostante l’ovvietà dei segni d’ammicco e degli arcinoti coefficienti spettacolari alieni alle sottigliezze delle opere surrealiste e avanguardiste, Lizzy e Red – Amici per sempre non va ritenuto un film scaltro e basta? Perché un film scaltro e basta bada alla retroguardia. La tutela. Spaccia le idee degli altri per proprie. Nel finale emerge a galla viceversa l’egemonia del cuore sul cervello. Il colpo d’ala sembra trarre partito da Gabriele Muccino in Sette anime. Anche se fosse non ci sarebbe nulla di poco ortodosso: Charlie Chaplin, non uno qualsiasi, prese partito da René Clair in A me la libertà per realizzare Tempi moderni. Clair ne fu onorato. Dovrebbe esserlo pure Muccino. Sette anime è un film con gli attori in carne ed ossa che punta al cuore attraverso il cervello. Lizzy e Red – Amici per sempre è un film d’animazione, senza l’ausilio della psicotecnica della recitazione, fatto sul serio col cuore. Privo di pose. Non è affatto poco. Specie di questi tempi.
Massimiliano Serriello
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