È stato accompagnato dalle inutili e forzate polemiche che lo vogliono offensivo nei confronti di chi ha vissuto il dramma del Coronavirus Lockdown all’italiana, che segna l’esordio dietro la macchina da presa per lo sceneggiatore Enrico Vanzina.
Al di là del fatto che la oltre ora e mezza in questione introdotta dalla frase del poeta Jacques Prévert “Bisogna tentare di essere felici, non foss’altro per dare l’esempio” e ambientata durante la situazione di emergenza dovuta al Covid-19 non intenda assolutamente offendere coloro che hanno perso la vita a causa della mortale influenza, chi ha mosso tali polemiche non sa, sicuramente, che la Commedia all’italiana si differenzia da quelle degli altri paesi a causa della scelta di proporre in maniera leggera e spesso mirata alla risata una disgrazia, come dimostrato fin dai tempi dell’apripista Divorzio all’italiana di Pietro Germi.
Lo stesso Divorzio all’italiana che, non a caso, figura tra le videocassette in casa di un Ezio Greggio sposato ad una benestante e viziata Paola Minaccioni, il quale viene scoperto fedifrago da quest’ultima.
Fedifrago in quanto porta avanti da tempo una relazione extraconiugale con una Martina Stella di Roma Est fidanzata di un Ricky Memphis taxista, che scopre a sua volta la tresca.
Due coppie utili a mettere in piedi una pochade che le vuole, per rispetto delle imposizioni dovute alla quarantena, costrette a vivere ognuna forzatamente sotto lo stesso tetto, sebbene per entrambe i rapporti siano arrivati alla fine.
Una pochade in cui, obbligato dal momento raccontato, Vanzina si trova a concretizzare ciò che insieme al compianto fratello regista Carlo ha sempre cercato di evitare: il cinema fatto di due camere e cucina.
Perché, chiaramente, escludendo qualche fugace totale dall’alto sulla capitale tricolore deserta, è del tutto in interni che si svolge Lockdown all’italiana, sfoggiando una evidente impostazione a metà strada tra il teatrale e la sitcom accentuata dal quasi esclusivo ricorso ad inquadrature fisse e, soprattutto, dall’importanza conferita alle prove del buon cast.
Cast di cui entra pian piano a far parte la conduttrice sportiva Maria Luisa Jacobelli e che annovera anche diverse facce vanziniane di vecchia data coinvolte in brevi apparizioni, da un Riccardo Rossi avvocato omosessuale a Biagio Izzo, Maurizio Mattioli e il Fabrizio Bracconeri che fu Bruno Sacchi nel telefilm I ragazzi della 3ª C visibili solo in video chat.
Tutti ad incrementare lo stuolo di personaggi che, ognuno a modo suo, sono “mostri” di risiana memoria, a cominciare dalla già menzionata Minaccioni che vede l’occuparsi delle faccende casalinghe come qualcosa di assurdo e impossibile per lei.
Del resto, tra una frecciatina verbale a Pretty woman e un Memphis che esclama “Alberto Sordi, er numero 1, ma de che stamo a parla’?”, è proprio I nuovi mostri ad essere televisivamente omaggiato, insieme a Scent of a woman – Profumo di donna, Sapore di mare e La terrazza, con un Vittorio Gassman che parla di ricerca della felicità durante un congresso comunista.
Quella ricerca della felicità che è proprio alla base di Lockdown all’italiana, operazione non semplice da giudicare che, nonostante i comici coinvolti, non sembra puntare affatto alla risata facile, ma, al massimo, al sorriso nell’osservare, tra l’altro, che il virus altera gli equilibri sentimentali.
Infatti, se da un lato la riguarderemo, un giorno, per ricordare un periodo storico in cui l’italiano aveva paura di essere contagiato dai cinesi e dai milanesi o di prendere una multa per violazione di reclusione forzata in casa, dall’altro non possiamo interpretarla altro che in qualità di commedia sentimentale.
Con il Vanzina touch che, in mezzo a Torpigna sulla bocca e attento sguardo ai bizzarri aspetti della società odierna (compresi gli uomini sposati che si scoprono gay), è racchiuso in particolar modo nell’amarezza emergente da un interessante monologo di Greggio riguardante la tragedia virale.
Francesco Lomuscio
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.