M.D.C. – Maschera di cera di Sergio Stivaletti resuscita in home video

Proprio nel momento in cui – a tredici anni da I tre volti del terrore, suo ultimo lungometraggio da regista – il tecnico degli effetti speciali Sergio Stivaletti torna dietro la macchina da presa per dedicarsi a Rabbia furiosa, incentrato sulla tragica vicenda del famigerato Canaro della Magliana, il proprio debutto da cineasta M.D.C. – Maschera di cera rivive in una nuovissima edizione dvd targata Ripley’s Home Video da master HD, comprendente nella confezione un estratto cartaceo da un’intervista risalente al 2015.

Nuovissima edizione che consente di riscoprire l’horror che, datato 1997, avrebbe dovuto segnare il ritorno in grande stile per l’indimenticabile maestro dello splatter su celluloide Lucio Fulci, allora costretto a realizzare film con capitali bassissimi (citiamo Demonia e Voci dal profondo) e, purtroppo, prematuramente scomparso.

Il Lucio Fulci che, in ogni caso, figura in qualità di sceneggiatore al fianco di Daniele Stroppa nei titoli della oltre ora e mezza di visione in sua memoria e ambientata nella Roma degli anni Dieci, dove la giovane Sonia alias Romina Mondello viene assunta come costumista in un oscuro museo delle cere che è, a quanto pare, al centro di una misteriosa serie di omicidi.

Perché, mentre l’ispettore Palazzi incarnato da Gianni Franco tenta di risolvere il caso e la protagonista fa conoscenza con l’Andrea dalle fattezze di Riccardo Serventi Longhi, giornalista interessato a scrivere articoli sui delitti, ad essere riletta è, ovviamente, l’allegoria lerouxiana relativa all’artista maniacale che, pur di ottenere il successo, si spinge sempre più in là, fino all’eccesso.

Allegoria portata in precedenza sullo schermo da Michael Curtiz e André de Toth, rispettivamente nel 1933 e nel 1953, e che, in questo caso, sembra addirittura anticipare alcuni aspetti visivi del La maschera di cera successivamente interpretato dalla chiacchieratissima ereditiera Paris Hilton.

Aspetti riconducibili in particolar modo alle ultra-tecnologiche apparecchiature, utilizzate per sostituire nelle vittime la cera ai tessuti umani lasciandone vivo il corpo, atte a conferire al malefico scultore del romanzo di partenza l’aurea dl novello dottor Frankenstein che porta qui il nome di Boris, al quale concede anima e corpo un Robert Hossein capace di non far rimpiangere il ruolo che fu prima di Lionel Atwill, poi di Vincent Price.

E, se il tocco fulciano è facilmente riconoscibile, tra l’altro, nel flashback in cui la piccola Sonia assiste alla sanguinolenta uccisione del padre, Stivaletti – che fa anche una brevissima apparizione all’interno di un bordello – sfodera il suo personale omaggio alla sci-fi attraverso una divertente citazione da Terminator che, paradossalmente, sembra simboleggiare il futuro che prepotentemente irrompe nella ricerca scientifica, testimoniando i non sempre benevoli fini del progresso tecnologico.

Mentre la già citata Mondello regala un nudo entrato nella storia del gotico italiano e prende forma un’operazione che, benedetta dalla produzione di Dario Argento (anche tra gli autori del soggetto) e comprendente nel cast la Gabriella Giorgelli ricordata dai fan di Tomas Milian per essere stata la Bocconotti Cinzia di Delitto sull’autostrada, fonde a dovere il vecchio stile proto-Terence Fisher e la moderna concezione di spettacolo di paura in fotogrammi; per merito anche del fondamentale contributo della colonna sonora di Maurizio Abeni e dell’ eccellente fotografia di Sergio Salvati.

Con sezione extra del disco rappresentata da I miei mostri, ovvero sedici minuti costituiti da due diversi filmati provenienti da materiale d’archivio dell’Istituto Luce: il primo, del 1986, in cui Serena Dandini intervista Stivaletti, il secondo, di due anni più tardi, con lo stesso impegnato a mostrare alcuni trucchi utilizzati in Opera, Demoni 2… L’incubo ritorna e Il nido del ragno.

Francesco Lomuscio