Marco Cignoli: l’imperante bellezza di essere liberi

Ecco cosa ci consegna l’ascolto di “Coccodrillo bianco”, il primo vero lavoro del conduttore televisivo e cantautore Marco Cignoli. Un disco libero di esistere e di rivelarsi senza cliché anche se poi in fondo sono assai classici i riferimenti del pop digitale main stream che oggi abbiamo sotto le nostre orecchie quotidianamente. Ma proprio li sta la forza: anche dentro contenitori dai margini severi, esiste uno spazio entro cui liberarsi e costruire la propria unicità. Disco dunque capace di rivelare una biografia preziosa contro le apparenze superficiali. Annoso dilemma questo a cui non riusciremo mai di rispondere. Plauso a dischi come “Coccodrillo bianco” nel saper dare una personale quiete alla questione. E a proposito di quiete: in rete il nuovissimo video del singolo intitolato “Tamburo”… la quiete da raggiungere anche in tempo di crisi personali.

Noi iniziamo sempre parlando di bellezza e a tutti i nostri ospiti chiediamo: cos’è per te la bellezza?
Per me la bellezza abita negli occhi pieni di stupore.

E quanto conta ai fini del progetto artistico? Secondo te sono la chiave o il mezzo per arrivare alla gente?
Nel caso del mio disco e più precisamente del processo di produzione, la bellezza è stata soprattutto scoprirsi, conoscersi, concedersi, fidarsi, sfidarsi. Credo siano tutti elementi chiave per realizzare qualcosa che possa sembrare perlomeno onesto.

Tu che poi alla gente devi molto del tuo mondo professionale. Secondo te oggi la comunicazione con le persone ha subito un cambiamento positivo?
Se vogliamo rimanere sul tema, credo che la bellezza nella comunicazione vada ricercata. La comunicazione mainstream ha ben poco di bello. Bisogna farsi largo tra la folla per trovare un metodo o una persona bella con cui comunicare. Oppure bisogna affidarsi a un palcoscenico, alla dimensione artistica.

Apparire in video o solo tramite una voce, una canzone, un disco. Due piani di comunicazione totalmente diversi. Come ti senti più rappresentato?
Credo dalla sola voce o dallo scrivere una canzone. Quando appaio in video sono più schermato, più controllato, più attento a dettagli che in realtà sono del tutto superflui.

Ho come l’impressione che nel disco tu abbia trovato il coraggio di mettere a nudo quel che sei, diversamente da quel che devi essere dietro ad una telecamera. O sbaglio?
Esattamente, è proprio quello che intendevo prima. Questo album è come un diario personale che ho trovato il coraggio di condividere con chiunque, anche per alleggerire un po’ il peso delle pagine che sentivo sulle mie spalle.

E restando sull’argomento, se ho colto una importante chiave di lettura, quanta verità hai finalmente rivolto a te stesso grazie questo disco?
Moltissima. Sono stato sincero non solo con gli ascoltatori ma anche con me stesso, accettando le mie paure e fragilità, ma anche i miei punti di forza. Per me fare questo disco è stata un’opportunità per crescere, per conoscermi ancora di più e per “transitare” verso nuove esperienze professionali, di studio e di vita.