Attrice di grande intensità e presenza scenica, Maria Cristina Mastrangeli è uno di quei volti che restano impressi, non solo per la bravura ma per l’autenticità con cui abita ogni ruolo. Oggi la vediamo nel cast della storica soap Un posto al sole, dove interpreta Agata Rolando, un personaggio che ha saputo conquistare il pubblico con sfumature profonde e mai scontate. In questa intervista ci racconta il suo percorso artistico, la sua visione del mestiere d’attrice e il valore di una carriera costruita con passione, rigore e coerenza.

Maria Cristina, la tua formazione attraversa due capitali culturali come Roma e Parigi, e include l’influenza diretta dell’Actors Studio. Quanto ha inciso questo background sul tuo modo di intendere il mestiere dell’attrice oggi?

Quando sono arrivata a Parigi avevo già una solida esperienza teatrale. Ho ripreso i miei studi accademici alla Sorbona durante la mia prima gravidanza, un’attrice lavora per forza meno in quei bei momenti. Le mie insegnanti più care – Francesca de Sapio, Susan Strasberg e Geraldine Baron – sono tutte strettamente legate al Metodo. È una base solida che fruttifica ora con libertà, credo che mi permetta di cercare l’organicità in una scena piuttosto che il risultato. 

Hai debuttato giovanissima in teatro con giganti come Michalkov, Mastroianni e Scaparro. Cosa ti porti dietro da quegli anni al Teatro Argentina e cosa senti sia cambiato, oggi, sul palco?

Sono stata molto fortunata ad aver incontrato personaggi di quel livello artistico all’inizio del mio percorso. In particolare l’avventura di Pianola Meccanica è stata un meraviglioso insegnamento. Le prove sono state lunghe come si faceva un tempo, e Michalkov ci voleva sempre tutti presenti, anche noi giovani attori. Dirigeva mostrando lui stesso ogni personaggio. Mastroianni sembrava di una leggerezza incredibile, ma non gli sfuggiva nulla, immediatamente capiva le indicazioni della regia e le faceva risplendere. Poi c’erano attrici immense che io guardavo incantata in un tentativo di emulazione positiva: Delia Boccardo, Claudia Giannotti… Ho bevuto ogni gesto, ogni indicazione, ogni reazione di quei mostri sacri. Poi in Francia ho approcciato il teatro contemporaneo. Ho imparato a lavorare togliendo la quarta parete. Oggi sul palco mi sorprende la rapidità e scioltezza che molti giovani hanno. Ho capito che non si finisce mai di imparare e spero di restare sempre aperta mentalmente per poter continuare a farlo. È questo il privilegio dell’essere attrice, non smettere mai di affrontare nuove sfide.

Il tuo monologo Come scrivere una (auto)biografia di successo mescola autobiografia, storia del femminismo italiano e ironia. Cosa ti ha spinto a scriverlo in francese e come ha reagito il pubblico d’Oltralpe a un tema così italiano e personale?

Si tratta di una conferenza teatralizzata che ho portato in tournée per quattro anni. Nel corso del tempo è diventata quasi una stand-up. A differenza di un classico monologo conteneva momenti d’improvvisazione con il pubblico e anche le parti più scritte evolvevano per restare in sintonia con l’attualità. Lo spettacolo è nato per la compagnia teatrale francese con cui ho collaborato per vent’anni, l’ho pensato fin dall’inizio in francese, per il pubblico francese. Ad ogni rappresentazione c’erano sempre degli spettatori che mi aspettavano alla fine: volevano saperne di più, volevano ringraziarmi per avergli fatto scoprire parti di storia contemporanea che ignoravano, o semplicemente erano curiosi di sapere se tutto quello che avevo raccontato fosse vero! Sarebbe bello farlo anche in Italia, sicuramente le parti comiche rappresenterebbero la difficoltà più grande. Le “battute” sono spesso intraducibili!

Dal set di Paganini Horror alle regie raffinate di Chabrol e Soldini: com’è stato per te muoverti tra mondi così diversi? C’è un aneddoto o un’esperienza particolare che ti ha segnata più delle altre?

Adoro abbracciare universi diversi, confrontarmi con la peculiarità di ogni set. Cerco di affrontare ogni ruolo come fosse il più importante della mia vita. È un privilegio vivere di un mestiere che si ama, e il mio modo per ringraziare l’universo di questo è cercare di essere pronta al meglio delle mie capacità. Gli aneddoti che mi piace ricordare sono quelli buffi, ce ne sono quasi sempre su un set. Per esempio ne Il colore nascosto delle cose ho un cameo. Premetto che mi da una grande soddisfazione trasformarmi e non ho paura di essere invecchiata per un ruolo. Quindi con l’aiuto dei costumi, del trucco e parrucco sono stata una madre credibile per Adriano Giannini, anche se nella realtà ha solo otto anni meno di me. Però un po’ mi è dispiaciuto che fosse proprio con lui. Perché, sì, è un gran bell’uomo, oltre ad essere un bravissimo attore!

Dal 2025 sei nel cast di Un posto al sole interpretando Agata Rolando e interpreti Caterina de’ Medici in una docu-fiction francese. Due donne molto diverse, ma entrambe con un ruolo forte. Cosa ti affascina di più: raccontare il presente quotidiano o dare voce alla Storia?

Sono due ruoli molti belli, è vero. Di Agata mi interessa rendere verosimili e quotidiani quegli aspetti del personaggio che almeno finora sono legati al paranormale. Delle modalità della soap è molto interessante, in ogni nuova scena, tendere un filo coerente con quello che si è già girato. Non è sempre facile perché la scrittura avanza di pari passo con le messe in onda. Per un personaggio reale come Caterina de’ Medici ho fatto ricerche sull’epoca, sulla sua biografia, ho studiato le posture di molti dipinti dell’epoca… Poi ho cercato di attivare le risorse in me che mi avrebbero permesso di avere quella forza strategica. Per interpretare un personaggio ho bisogno di sospendere il giudizio su di lui. Inoltre nei film in costume trovo fondamentale lasciarsi guidare dal lavoro dei costumisti, degli accessoristi. Il cinema è un’avventura collettiva.

Un posto al sole è una soap storica, con un pubblico affezionato e una scrittura molto radicata nel quotidiano. Come hai costruito il personaggio di Agata Rolando e che tipo di donna è? Ci puoi anticipare qualcosa del suo percorso?

Agata è un personaggio inusuale per Un Posto al Sole e le linee narrative della soap. Cerco di ancorare il personaggio a quell’atmosfera. Attingo a ciò che di più vicino a una figura complessa come Agata, io conosca: la mia aspirazione alla trascendenza, la mia fede e lo sguardo speciale di una persona a me molto cara che ha doti simili. Agata è una donna che si è abbandonata al suo dono, che a volte vive come una maledizione. È dedita agli altri. La mia indole naturale è molto più frivola. Ho attinto alle mie esperienze di madre per cercare l’atteggiamento dell’amore incondizionato che una volontaria in ospedale come Agata sicuramente ha. Ma ho anche rievocato i miei ricordi di bambina: mia mamma diceva di avere delle premonizioni, di sentire delle presenze, eppure era una donna razionale e volitiva. In fondo che sia per Caterina de’ Medici o Agata la difficoltà è sullo stesso: non cadere nel cliché. Per farlo cerco innanzitutto la parte di me che risuona per quel personaggio. Non posso anticipare i nuovi risvolti del personaggio, ma posso dirvi che saranno sorprendenti. E spero continuino ad esserlo anche per me, mi sono affezionata ad Agata!


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