Articolo a cura di Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista e blogger.
Febbraio è il mese che gli Stati Uniti dedicano alla storia degli afroamericani. Settimane di spunti e riflessioni, ricordi e dichiarazioni perché nessuno dimentichi il terribile passato e il difficile presente della comunità nera: il 12% della popolazione negli Usa, oltre 40 milioni di persone.
Il “Black History Month” è l’occasione anche per ricordare uno dei maggiori esponenti di questa comunità: il Reverendo Martin Luther King Junior, a capo del movimento per i diritti civili tra la metà degli anni ’50 e la fine degli anni ’60, Premio Nobel per la Pace nel 1964. Per approfondire la conoscenza di questo cardine della storia del Novecento c’è da qualche mese in edicola una biografia, intitolata “Martin Luther King Jr – I Have a Dream” e scritta per Diarkos Editore dal giornalista Paolo Borgognone.
il libro di oltre 300 pagine ripercorre le principali tappe della vicenda personale e politica del Reverendo, partendo da quella situazione che lo rese celebre nel mondo: la guida del boicottaggio degli autobus di linea nella città di Montgomery, Alabama, dove King Jr era pastore. Siamo nel 1955 e la protesta contro l’assurda segregazione razziale sui bus assume le sembianze della tranquilla sarta Rosa Parks che, rifiutando di cedere il posto a un bianco, innescò la rivolta non violenta della comunità nera. Un anno intero di sciopero, nonostante le pressioni delle autorità, le minacce della polizia e la violenza dei razzisti, che portò, alla fine, al successo dell’iniziativa e alla completa desegregazione dei trasporti pubblici.
Quello fu – comunque – solo il primo capitolo di una lunga serie di lotte che videro King in prima fila. Obiettivo, sempre e comunque, la discriminazione e l’assurda violenza contro i neri, emarginati in povertà e ghettizzati da una società opulenta solo per il colore della pelle. Borgognone ci racconta dei vari impegni, in tante città americane, da Albany a Selma, da Birmingham a Washington. Ovunque, il Reverendo portava la testimonianza della sua lotta per i diritti di tutti, ma sempre con la stella cometa della non violenza come arma contro un nemico che, invece, sapeva essere ciecamente feroce. Ma fu proprio quella violenza inaudita contro manifestanti inermi, donne, bambini, che scosse l’America e il mondo e portò dalla parte di chi protestava anche tante persone per bene, guidate dall’esempio della figura straordinaria del presidente John Fitzgerald Kennedy. Un presidente che cadrà colpito da mano misteriosa – più di quanto la pubblica indagine abbia potuto e forse voluto dimostrare – solo pochi mesi dopo che King aveva toccato il vertice lirico più alto della sua parabola: pronunciando a Washington – davanti a 250.00 persone – il suo discorso più celebre, I Have a Dream.
Negli anni successivi – ottenuti grandi successi nel campo della desegregazione – King si spostò, non senza opposizione anche fra le persone della sua stessa cerchia, verso temi ancora più generali e universali: lotta alla povertà, opposizione alla guerra. Nel nome di queste battaglie, fra attentati e minacce anche dagli apparati pubblici, arrivò nel 1968 a Memphis per sostenere uno sciopero dei netturbini locali. Fu proprio qui, in una delle capitali di quel sud che aveva contribuito a cambiare cosi profondamente, che venne ucciso dalla mano di James Earl Ray con un colpo di fucile sulla balconata del Lorraine Hotel. Finiva così, tragicamente, la parabola di un uomo semplice, che aveva portato la sua voce fino a Oslo, a ritirare il Premio Nobel a nome del suo movimento, ma anche nelle stanze dove si prendono le decisioni che cambiano la sorte di milioni di persone.
Per chi non vuole scordare, per chi crede che la lotta non sia ancora finita – e basta aprire un giornale e scorrere le notizie per capire che è cosi – questo libro è un prezioso aiuto, una finestra su un mondo che abbiamo il dovere di riconoscere e difendere ogni giorno.
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