Mary Shelley – Un amore immortale: un film sulla vita della creatrice di Frankenstein

In Mary Shelley – Un amore immortale non si parla affatto del mostro creato dal dottor Frankenstein. Il frutto della mente di Mary Shelley è solo un mero pretesto. Qui si vuole parlare approfonditamente del breve lasso di vita che portò la scrittrice inglese a partorire un’idea tanto rivoluzionaria come quella di un “Moderno Prometeo” e della sua creatura.

Mary Godwin (Elle Fanning) è una giovane donna amante della scrittura e figlia, a sua volta, di due importanti figure della Londra del primo Ottocento. Suo padre è William Godwin (Stephen Dillane), filosofo anarchico che incentiva la figlia – cosa eccezionale per l’epoca – a coltivare idee individualiste e illuminate. La madre di Mary, morta dieci giorni dopo averla data alla luce, era anch’ella una scrittrice.

Mary Wollstonecraft era, infatti, una filosofa protofemminista la cui influenza ebbe grande effetto sulla mente della ragazza. A soli sedici anni Mary conosce e si innamora del poeta Percy Shelley (Douglas Booth), col quale scappa di casa e intraprende una relazione passionale ma autodistruttiva. La spirale di sciagure e dissolutezza, nonché di problemi economici e di salute, provoca la nascita nella mente di Mary del tormentato personaggio del mostro di Frankenstein. E, nel periodo che Mary e Percy Shelly trascorrono a Ginevra, ospiti di Lord Byron (Tom Sturridge), la donna finalmente si convince a mettere su carta quello che rimane, ancora oggi, il suo capolavoro.

Il film è scritto e diretto da Haifaa Al-Mansour, prima regista araba a varcare le soglie di Hollywood. Sempre molto affezionata alla causa femminista (come nel suo lavoro precedente, La bicicletta verde), Haifaa Al-Mansour tinge di rosa l’intero film, facendone di fatto un manifesto dell’ormai sdoganato movimento “Me Too”.

L’idillio romantico di Mary e Percy dura molto poco, mentre sono portati a galla i tratti più oscuri di una relazione non sempre chiara, piena di insidie e costellata di disgrazie (la prima figlia muore pochi giorni dopo la nascita; la prima moglie di Percy si suicida in Hyde Park).

Oggi sembra assurdo che tanti avvenimenti possano essere accaduti ad una giovane donna tra i sedici e i diciotto anni, periodo su cui si concentra il lungometraggio, eppure dalla storia emerge una figura estremamente matura e all’avanguardia.

La Fanning rimane composta e misurata in un ruolo che, forse, avrebbe richiesto maggiore pathos, e la scena le viene spesso rubata dalla bravissima Bel Powley ( Una Notte con la regina, Carrie Pilby), che qui interpreta la sorellastra Claire, sua compagna di vita e di (dis)avventure.

In generale, Mary Shelley – Un amore immortale è un biopic molto standard che, però, non si addentra nella trattazione dell’intera esistenza della scrittrice inglese, la quale, anche dopo la pubblicazione del Frankenstein (1818), continuò ad essere estremamente tempestosa.

 

 

Giulia Anastasi