Massimiliano Buzzanca, attore e autore, ci apre le porte del suo mondo con il libro “Ma che sei… il figlio di Lando?”, un omaggio sentito e personale al padre, Lando Buzzanca, uno dei volti più amati del cinema italiano. In questa intervista esclusiva per Mondospettacolo, Massimiliano racconta il processo di scrittura, il rapporto con un padre leggendario e il desiderio di riportare l’attenzione sull’uomo e sull’artista, lontano dalle vicende che negli ultimi anni hanno offuscato la sua memoria. Ecco il suo racconto, tra emozioni, ricordi e nuovi progetti.

Massimiliano, partiamo dal titolo del tuo libro: “Ma che sei… il figlio di Lando?”. Come nasce questa frase e cosa rappresenta per te?

È la frase che mi ha accompagnato per tutta la mia esistenza, da quando sono nato ad oggi, e mi sembrava carino esorcizzarla facendone il titolo del libro.

Nel libro racconti non solo un grande attore, ma anche un padre. Quanto è stato difficile separare la figura pubblica da quella privata di Lando Buzzanca?

Per papà non credo sia stato difficile, perché ha sempre tenuto ben distanti i due mondi. A casa era il classico padre di una volta, attento all’educazione dei figli, anche in maniera dura, e fuori dalle mura era l’uomo di spettacolo che tutti conosciamo, tanto che, quando le persone che lo frequentavano fuori dalle mura domestiche mi incontravano e mi dicevano dell’estrema simpatia di papà, spesso rispondevo: “Ma sei sicuro che era mio padre?”

C’è un ricordo inedito o particolarmente significativo che hai voluto assolutamente inserire in questo libro?

Ce ne sono tanti, e servono a tratteggiare una figura un po’ più profonda dell’uomo, sia come artista che come marito.

Come hai vissuto il peso – o l’onore – di essere “il figlio di”? Ti ha mai condizionato nelle scelte artistiche o di vita?

Sicuramente non è stato facile. Considera che all’inizio avevo intrapreso la carriera legale, laureandomi e superando l’esame di abilitazione, per fare un regalo ai miei che volevano quel tipo di carriera per me. Poi la passione per la recitazione ha preso il sopravvento… In ogni caso, non è facile per nessuno convivere con un cognome così importante, anche se io l’ho sempre considerato più un onore che un onere.

Che tipo di rapporto avevate tu e tuo padre negli anni in cui era al culmine della carriera?

Classico rapporto padre-figlio stile anni ’60. Certamente non era un padre amico dei figli, anzi, ha sempre considerato pericoloso non essere un punto di riferimento preciso per i figli, e se tu sei più amico che padre, rischi che il ragazzo possa non seguire più i tuoi esempi e fare scelte sbagliate.

Molti ricordano Lando Buzzanca per la commedia erotica all’italiana, ma il suo talento andava ben oltre. C’è un film o una performance che secondo te ne rivela la vera profondità d’interprete?

In tutte le sue commedie, anche quelle considerate più erotiche, solo per qualche nudo, la profondità del personaggio che interpretava era degna di nota. In L’arbitro interpreta un uomo accecato dal potere che incomincia a pretendere da sé l’assoluta perfezione di ogni suo gesto, fino a diventare una sorta di paranoia che lo porta a dare di matto. In La schiava c’è un uomo convinto che il problema delle coppie sia l’esistenza di una donna troppo moderna ed emancipata, e per questo motivo va alla ricerca di una schiava che possa obbedire senza obiezioni ad ogni suo volere, fino a quando capisce che il vero problema è l’uomo moderno, non evoluto socialmente e culturalmente rispetto alla donna e quindi ancora all’età della pietra emotivamente. Infine, se guardi Il merlo maschio, lì c’è la tragedia di un uomo che si rende conto di essere invisibile a tutti i suoi colleghi fino a quando scopre di essere qualcuno solo perché ha la moglie bella e, quindi, per sentirsi importante ed accettato, incomincia a mostrare il corpo della moglie anche per essere invidiato.

Come attore e autore, quanto della tua identità artistica è stata influenzata – o magari contrastata – dalla figura di tuo padre?

Più che contrastata, papà è stato molto chiaro sin dall’inizio: “Non chiedermi alcun aiuto perché io non te ne posso dare”. Per quanto riguarda l’influenza, quella classica di ogni figlio che osserva il padre, riflette su quello che vede e poi fa sue certe caratteristiche senza alcun desiderio di emulazione. Ho sempre avuto chiaro che tipo di uomo volevo essere e soprattutto che tipo di attore, ho sempre cercato di imparare ma mai di copiare.

Nel libro c’è spazio anche per la sofferenza e i momenti difficili. Quanto è stato terapeutico scrivere queste pagine?

Considera che dalla scomparsa di mio padre ci ho messo più di due anni a concludere il percorso iniziato un paio di anni prima, un po’ perché mi faceva fatica per il dolore che provavo, un po’ perché avevo paura di ridurre tutto ad una mera sequenza di fatti e non di ricordi.

Cosa speri che il pubblico scopra, o riscopra, di Lando Buzzanca attraverso le tue parole?

Purtroppo, negli ultimi tempi si è parlato di papà per fatti estranei alla sua carriera. Ecco, quello che volevo fare è riportare la Chiesa al centro del villaggio, parlare di papà come uomo, marito, padre e artista e nient’altro.

Infine, dopo questo omaggio così personale, hai altri progetti editoriali o teatrali in cantiere?

Considera che ho un paio di film che sto preparando insieme al mio socio Luigi de Filippis della DreamWorldMovies e, in più, sto meditando circa l’idea di trasformare quello che racconto nel libro in una sorta di pièce teatrale.

Massimiliano presenterà il suo libro l’11/06 presso la Mondadori di Piazza Cola di Rienzo, 81, Roma


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