Compositore, chitarrista ma probabilmente occorre dire polistrumentista visto quanto linguaggio deve padroneggiare in queste composizioni così elaborate che della chitarra prendono solo l’anima e le ossa. Massimiliano Cusumano ha rapito un concetto spirituale di estetica: descrive con musica e suoni quel che vive ogni giorno, quel che arriva dal mare, quel che accade nei racconti che si tramandano di tradizione in tradizione. Si intitola “Island Tales” questo disco di preziosi ricami sonori, raramente impreziositi da voci a cantare melodie quasi fossero anch’esse strumenti. Un disco strumentale quindi che narra, che fa vedere e che – a suo modo – traduce in musica anche i suoni e gli odori dei luoghi, gli stessi che tornano alle origini dei tempi. Come nel video del singolo “Ballarò” che quasi puoi viverci dentro quell’antico mercato palermitano, che quasi si fa eterna e indistruttibile al tempo la bellezza dell’amore. E quindi non deve stupire il suono che descrive organze indiane piuttosto che africane, non deve stupire quel certo modo di contaminarsi di Europa e di America. Non deve stupire nulla delle variazioni di tema… deve invece affascinare su quanto sia possibile incontrare il diverso. Ed è l’incontro con l’altro che determina il senso più alto di estetica. E noi non possiamo che celebrarlo.
Estetica. Noi parliamo di estetica. Noi puntiamo molto il focus sul bello esteriore che si vede. Secondo te la musica quanto deve tener conto del bello esteriore? Oggi penso non faccia altro…
La musica, come tutte le forme d’arte, non deve sottostare a nessun imperativo. È pur vero che è essa stessa espressione di bellezza quando riesce a tradurre con verità e profondità un mondo interiore, non in quanto canone estetico imposto.
E parliamo di estetica di Massimiliano Cusumano. Parliamo di brani strumentali, di composizioni. Dunque l’estetica in questo caso accompagna il contenuto… ha una doppia valenza o sbaglio?
Spero che sia così! Come dicevo penso che la bellezza coincida con una ricerca di verità; dunque, se qualcuno percepisce i miei brani come belli spero che sia perché ho offerto con sincerità la mia visione del mondo.
Chitarrista. Ma spesso la chitarra non è in primissima linea. La composizione di “Island Tales” dunque da dove parte e dove finisce? Uno scopo strumentale o di visioni vere e proprie?
Alcuni mi hanno posto questa domanda, a volte sottointendendo una critica negativa. Stranamente per me è esattamente l’opposto, l’aver dato voce e spazio ad altri strumenti non fa altro che rispondere ai valori fondanti della musica: unione, mescolanza, contaminazione. A volte lo richiedeva la stessa composizione (in fase di scrittura o di arrangiamento), altre volte era già tutto chiaro fin dal principio.
In rari momenti di questo disco entrano melodie vocali a colorare il tutto. A quali necessità risponde una simile soluzione?
La voce apre e chiude il disco. Si passa dalle voci del mercato di Ballarò a quella di Afrika (per cui voglio ricordare Dudou Diouf), con un collegamento ideale che connette culture e geografie solo apparentemente lontane.
Col senno di poi: quanto ti somiglia questo disco? E ovviamente non mi riferisco all’estetica…
Ritornando al senso del bello spero che mi somigli molto, vorrebbe dire che sono stato fedele a me stesso. Mi piacerebbe pensare che chi lo ascolta può “riconoscermi”.
Un bellissimo video. Parliamo di questo in chiusura. Raccontaci “Ballarò”…
La storia portata in scena nel video, del bravissimo Walter Chiarello, racconta le contraddizioni della mia terra. La contrapposizione tra sogno e realtà, tra volere e potere. Non riuscire a vedere altre strade se non quelle già tracciate da altri è una realtà per alcuni ragazzi che non hanno la forza di affrancarsi da una vita che non lascia spazio ai sogni. Arrendersi e lasciar perdere sembrano talvolta l’unica via percorribile. La sfida allora è proprio questa: riconquistare questo spazio, prepotentemente. Abbandonare i propri sogni non è mai la soluzione alle difficoltà della vita, non può e non deve esserlo.
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