Troppo vero quando si dice che il rock non è morto. Specialmente quando si parla di quel rock anni ’90 che tanto ha fatto per contaminare lo stilema pop radiofonico. Ed se è vero che oggi si assiste ad un perenne ritorno dentro le origini, è anche vero che artisti come MASUA hanno molto da dire. Un lavoro dentro cui la bellezza è strettamente legata alla vita. Ascoltiamo “Occhi chiusi”, citazione forse alla Saramago per mostrar sfacciatamente visioni di esistenza che difficilmente verrebbero fuori alla luce. Un nuovo disco per l’artista milanese che mettiamo in rotazione…
Come sempre iniziamo parlando di bellezza. Oltre quella estetica e sfacciata esiste una bellezza che si misura in spiritualità. Per te cosa significa la bellezza?
La prima cosa che mi colpisce è sempre quella estetica, già … è lì, e ti prende a sberle … in una donna, un quadro, una foto, una canzone, un suono, un paesaggio. Dentro a ognuna di queste cose c’è molto oltre la superficie, ma ci vuole un po’ più di tempo per scoprirlo. È meno immediato. In un brano, da musicista, io all’inizio non ascolto mai le parole, ma i suoni, l’arrangiamento, il ritmo, le metriche. La profondità di cosa vuol dire quella canzone mi arriva con il tempo.
E pensando anche al singolo “Giorni uguali”, quanta bellezza pensi di aver cantato nel disco? Quella umana intendo…
Giorni Uguali è trascinata dalla bellezza. A volte quando diciamo fuck a tutti è solo un momento di rabbia dove ci prendiamo in giro. Il disco è pregno di “altri”, le mie sensazioni, le nostre, hanno sempre un rapporto con gli altri. E quando non c’è un vero e profondo rapporto con la bellezza umana ecco i Giorni Uguali.
L’amore… torna protagonista nelle ispirazioni della nuova canzone italiana. La società invece?
Permettimi di dire che non sono nessuno per dire cosa c’è là fuori, mi sento di dire “un po’ di tutto”, come sempre: l’amore lo cercano tutti, chi in maniera più profonda, chi meno; così nelle canzoni.
Questo disco starebbe bene in una dimensione in vinile. Tanto per citare i tempi andati. Come ti sei mosso in tal senso?
Non uccidetemi, ma da appassionato vedo il vinile solo per il jazz e tutto quel rock che non supera gli anni ’70.
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