MATTIA: le infinite connessioni umane

Ci stupisce sempre quando da un progetto d’esordio scaturisce quella maturità compositiva e di produzione che ci aspetteremmo da artisti di ben altra carriera. Giovanissimo cantautore modenese, MATTIA fa il suo esordio con un disco dal titolo “Labirinti umani” dove la bellezza scaturisce tra le righe delle tante connessioni umane e spirituali, l’amore, l’adolescenziale emancipazione verso se stessi e verso la vita che ci circonda. Un suono digitale che sostiene l’analogico sapore di pop d’autore italiano, la voglia di raccontarsi e di raccontare in una collezione di singoli che hanno radici private in ben altra regione della composizione musicale. Due chiacchiere parlando, come nostro solito, di bellezza…

Noi parliamo spesso di estetica. Parliamo di bellezza e non solo di quella che si rende sfacciata alla vista. Ecco partiamo da qui: per te cosa significa la bellezza?
Per me la bellezza risiede in tutto ciò che ti fa star bene, che ti rende felice. E personalmente io sono felice con le cose semplici… La bellezza è svegliarsi con qualcuno e fare colazione insieme, leggere il giornale, ascoltare musica, guardare un film in tv mangiando schifezze, bere una bottiglia di vino e farsi due risate. Emozionarsi insieme.

E quanto concorre il tuo concetto di bellezza nella realizzazione di una canzone?
Se intendiamo la bellezza come la voglia di condividere la vita con qualcuno buona parte delle canzoni che scrivo si inseriscono in quest’ottica e parlano di amori, di valori, di ricordi… di emozioni. Le emozioni stanno alla base di tutto.

Nel video della title track del disco hai curato in molti dettagli la bellezza sfacciata. Perché?
Non so se ci sia una ricerca per una bellezza sfacciata. Ciò che ho cercato di curare insieme al team di produzione del video è stato l’uso di una simbologia, come quella delle bende agli occhi, per enfatizzare il significato del brano, che parla di ricerca di se nell’altro, di incomunicabilità, di labirinti emotivi in cui è difficile condividere spazi mentali. Per questo abbiamo cercato di dar peso all’ambientazione desolata, labirintica, alle distanze tra i personaggi, vicini ma lontani, con le bende agli occhi.

Venendo al suono di questo lavoro… estetica di consumo se vuoi, elettronica, forme convenzionali e anche tua personale visione del tutto. Come hai trovato un equilibrio efficace? Chi ha pesato di più: il popolo con il suo gusto abituale o la tua visione del modo di fare le cose?
Il frutto di questo lavoro è nato da un processo molto articolato. Inizialmente i brani ed i suoni erano tutt’altro che volti ad un’estetica di consumo. Erano acustici, molto semplici ed intimi. Il confronto con grandi maestri mi ha permesso di dargli un taglio più popolare e radiofonico senz’altro. Ma credo che il progetto finale sia comunque in linea con la mia visione del mondo.

Domanda un poco spirituale: dai labirinti umani se ne esce vivi, fortificati o completamente vinti?
Una volta avrei risposto che dai “labirinti umani” se ne esce vinti. Ma oggi, a posteriori, dopo esperienze di vita e travagli emotivi posso ricredermi e penso che ogni battaglia, ogni esperienza, ogni sconfitta serva per andare avanti più forti di prima. Ci vuole del tempo, ma sono sicuro che ogni esperienza passata sia un bagaglio che ci permette di crescere, di vivere appieno la vita. Di renderci più consapevoli e profondi. Oggi non cambierei nulla del passato e sono felice di essere qui, nel mio presente.