Men in black: International, in giro per il mondo a caccia di alieni

L’ultima volta li avevamo visti all’opera era nel 2012, coinvolti in un rocambolesco viaggio nel tempo e alle prese con le forze del destino.

Stiamo parlando degli “agenti in nero” Will Smith e Tommy Lee Jones, protagonisti della trilogia cinematografica Men in black di Barry Sonnenfeld, cominciata nel 1997 e tratta dai fumetti creati da Lowell Cunnigham e con Steven Spielberg produttore esecutivo.

Men in black: International è un quarto capitolo che ha anche la funzione di spin off, in quanto, usciti di scena Smith e Jones e messo Sonnenfeld nella sola macchina produttiva, offre una variante tutta esterofila dedicata ai cacciatori di alieni più famosi del grande schermo.

Sotto la regia di F. Gary Gray, autore di Straight Outta Compton e Fast & furious 8, abbiamo stavolta per protagonista una coppia costituita dal macho biondo Chris Hemsworth e dalla bellezza femminile ambrata Tessa Thompson, i quali, dopo essersi sfiorati nel cinecomic Thor: Ragnarok, si spalleggiano in un’avventura a base di effetti speciali e location in giro per il mondo.

Perché qui, mentre un’invasione aliena sembra essere alle porte, si opera con l’oltrespazio e si giunge fino a Londra, Parigi e, addirittura, Napoli, in modo da trasportare lo spettatore in un’indagine ai confini della realtà.

L’agente H (Hemswoth) è il migliore in campo dei men in black e, insieme alla nuova arrivata M (Thompson) segue una traccia che lo porta, appunto, in giro per il globo, combattendo contro esseri pericolosi e scovando indizi fondamentali, essenziali per la riuscita dell’operazione. Ma di chi ci si può fidare?

Cosa sia passato per le alte menti produttive dietro a questa operazione è lecito chiederselo, perché Men in balck: International mostra segni di fiacchezza fin dal primo minuto, con evidente mancanza di idee e il duo Hemsworth/Thompson che nulla porta alla visione, considerando che le loro performance sono vuote come la caratterizzazione dei propri personaggi.

Altro elemento deleterio è, sicuramente, la scelta di porre alla regia Gray, nome che si è fatto strada tra opere adrenaliniche e di tensione (da non dimenticare Il negoziatore e Giustizia privata) e il cui occhio è poco portato nel miscelare ironia e azione, rivelandosi per la seconda inadeguato a proseguire “male” una serie cominciata da Sonnenfeld (successe anche con Be cool, sequel di Get shorty).

Men in black: International vorrebbe inoltre giocare la carta delle trasferte europee e orientali, in modo da diversificare un minimo il tutto dai film precedenti, ma commettendo l’errore di sfoggiare location chiaramente ricostruite in studio, esterni compresi, affidandosi ad effetti speciali non più rivoluzionari come lo furono all’epoca del primo capitolo.

La trama è prevedibile, la capacità di coinvolgimento assente e la mancanza di un’accoppiata di protagonisti ben calibrata si sente (inutile dire che Smith e Jones erano tutt’altra cosa) in Men in black: International, lungometraggio stanco e inessenziale che sparge qualche citazione tanto per far ridere (Hemsworth che impugna un martelletto come Thor) o per emozionarci (un quadro che mostra le gesta degli agenti J e K della trilogia precedente).

Tirando in ballo, inoltre, alcune guest star (Liam Neeson è l’agente High T, Emma Thompson, unica congiunzione tra la vecchia serie e questo sequel, è l’agente O), ma senza riuscire a colmare il vuoto pneumatico dell’insieme, vacuo e mediocre sotto ogni forma.

 

 

Mirko Lomuscio