Mondospettacolo intervista: Piero Chiambretti

Simbolo della  televisione italiana  e icona di una tv  innovativa, lo incontriamo in quel di Torino, sua amata città.

Ciao Piero e grazie per la tua disponibilità.

Quando hai capito che saresti diventato una icona della nostra televisione?

(Sorride) Non saprei, non c’è un giorno, è una questione di momenti. Spesso si identifica il successo con la popolarità, quindi se  di questo devo parlare  mi viene in mente un episodio accaduto al  primo grande passaggio televisivo che risale al 1987 con un programma che si chiamava: “Complimenti per la trasmissione”. Ebbe grande successo. Mi ricordo che la sera prima in albergo faticavo a trovare una stanza, la sera dopo mi trasferirono in  una suite.

Nel passaggio di una sola notte, l’attenzione del consierge nei miei confronti e la sua cura nel sistemarmi in una stanza più lussuosa mi fece capire che qualcosa era cambiato.

Fu il primo programma contro il telegiornale in Italia, e mi diede una popolarità immediata.

Hai fatto anche cinema. Com’è andata?

E’ stata un’esperienza formativa  per migliorare il mio rapporto con la televisione, però sotto il profilo cinematografico direi disastrosa.

Se per tutte le cose che ho fatto nella mia vita mi sento responsabile nel bene e nel male, di quel film purtroppo non mi ritengo l’unico responsabile, in quanto il produttore impose gli attori, la sceneggiatura, fece i tagli; la distribuzione venne fatta in modo selvaggio.

Direi che la mia impronta la si poteva ritrovare nei primi dieci minuti e negli ultimi quindici. Il film non mi corrisponde, però mi ha permesso di capire tante cose e di fare il meglio possibile nelle mie scelte a seguire.

Dopo il grande successo di Matrix hai progetti imminenti?

Non c’è ancora una data precisa, ma mi piacerebbe far ripartire Matrix il 7 di marzo: visto che il sottotitolo  è  “La repubblica delle donne” sarebbe bello ricominciare in una giornata di festa e di forte partecipazione al mondo femminile.

Ci saranno  altri scenari che si potranno  aprire. Non escludo l’eventualità di lavorare sui mondiali di calcio che si svolgeranno quest’anno, anche se l’Italia non sarà presente. E poi c’è un’altra idea che in queste ore sta prendendo quota: la  partecipazione ad un programma di cui non posso dire nulla, per una questione scaramantica, e che ad ottobre potrebbe sorprendere.

Cosa ti aspetti dalla televisione?

Oggi mi aspetto sempre meno e sono molto disilluso da quello che invece pensavo potesse diventare con l’avanzamento delle tecnologie. Immaginavo un corrispondente miglioramento del gusto, che invece si è abbassato. Quindi da una parte il quattro K dà a tutti la possibilità, tramite la scatoletta della televisione, di vivere nelle immagini quasi come dentro un film, ma allo stesso tempo la maggior parte dei film o dei programmi che girano oggi  interessano pochissimo, almeno al sottoscritto. Ed è un peccato, perché le risorse che vengono profuse per produrre quei programmi televisivi di così basso livello sono invece ingenti.

 

Che  rapporto  hai con  la lettura?

Mi piacerebbe iniziare un libro e poi finirlo, me ne arrivano a casa tantissimi, quasi tutti romanzi, ma sfortunatamente ho poco tempo.

 I libri storici ed in particolare le biografie sono tra i miei preferiti, perché dalle storie dei grandi (pittori, commediografi, registi) si può apprendere  sempre qualcosa.

Ma come dicevo, il mio difetto è che non avendo tempo, – e la lettura necessita di tempo, di silenzio, di spazi, –  parto ma poi non finisco mai un libro.

Sei un grande tifoso del Toro, che cosa ti aspetti quest’anno?

Mi aspetto poco, un po’ come per la televisione, perché oggi il calcio non è più solo uno sport ma è un’industria che gira intorno ai miliardi, a potenze petrolifere che sono però molto lontane da Torino e dal Toro. Oggi per poter vincere devi essere molto potente. Le favole delle squadre come il Cagliari, come il Torino, come il Verona, che negli anni ’70 riuscirono a vincere il campionato e quindi anche la stra-potenza dettata dai grandi club dei grandi capitalisti, o finanzieri o petrolieri dell’epoca, oggi non possono più realizzarsi.

Il calcio è cambiato: l’emiro arabo o il russo oligarca hanno vita molto più facile nel costruire squadre imbattibili, perché comprano tutto, e di più.

Quindi il Torino può essere una bella favola per i romantici del calcio, ricordando principalmente il passato, e non tanto per il presente o il futuro.

Mondospettacolo si occupa  anche di promuovere alcune tra le top model più importanti d’Italia.

A tal proposito, quanto pensi sia importante per una donna  essere bella,  per entrare nel mondo dello spettacolo?

Diciamo che  non solo nel mondo dello spettacolo ma nel mondo la bellezza ha un valore molto alto, ahimè,  perché l’abito non fa il monaco ma quando una donna è bella e magari spogliata corre più veloce. Questo è un peccato perché anni di femminismo  spesso vengono calpestati da frasi e considerazioni come questa.  Non sempre sono solo gli uomini che spingono verso questa tendenza, ma sono le stesse donne,  un certo tipo di donne, che sulla loro bellezza costruiscono  la loro  fortuna. Senza però combinarla con il talento, che invece dovrebbe essere un elemento fondamentale per raggiungere il successo.

Spesso talento e bellezza non viaggiano in parallelo.

Ci sono molte donne belle che non raggiungono il successo e non si mettono sul mercato, e altre che sono arrivate per la via del fascino ma che non hanno nessun talento.

Chi vince?!

Il tuo piatto preferito?

Il mio piatto preferito sono gli spaghetti,  perché la pasta è il massimo per la vita di un italiano e in particolare  per la mia (ridacchia).

Uno spaghetto al pomodoro, ma anche  le farfalle o la carbonara o l’arrabbiata. L’importante è che si tratti di pasta.

La tua più grande paura?

La morte e le malattie, sono un ipocondriaco. Non c’è giorno, non avendo più tredici anni, in cui non penso che il corpo, che è una macchina perfetta, dopo un certo numero di chilometri inizia a rallentare e a rompersi. Quindi io ho il terrore di bucare una gomma.

Un tuo motto o una frase che ti rappresenta?

In passato spesso mi chiedevano quale fosse  il mio sogno nel cassetto, ed io rispondevo  “Stare nel cassetto”, per togliere le illusioni dalla mente mia ma anche da quella degli altri.

Salutiamo  Piero, un uomo di grande ironia, intelligenza e sensibilità, nell’attesa di rivederlo in televisione con i suoi programmi per numeri uno.

Tamara Brazzi