Natale a 5 stelle: sor(Risi) e Vanzina

La vita è come la politica: tante parole e pochi fatti. In entrambi i casi, però, c’è sempre una possibilità di compromesso.

Liberamente tratto dalla commedia Out of order di Ray Cooney, tende a ribadire questo Natale a 5 stelle, sceneggiato da Enrico Vanzina e dedicato al compianto fratello Carlo, che lo ha comunque affiancato per buona parte della fase di scrittura.

Perché, con un Massimo Ghini proto-Giuseppe Conte il cui personaggio di premier, in visita ufficiale in Ungheria affiancato dalla propria delegazione, sembra quasi un’evoluzione del suo disonesto pezzo grosso della politica interpretato nel lodevole Non si ruba a casa dei ladri, sotto la regia di Marco Risi è il ritratto di una Italia dove “sono tutti presidenti, anche Viperetta” quello destinato a prendere progressivamente forma nella oltre ora e mezza di visione destinata a Netflix.

Oltre ora e mezza di visione la cui idea di partenza è semplicissima: approfittando dell’escursione a Budapest, il citato premier, sposato con una Paola Minaccioni cafona al punto giusto, tenta di trascorrere qualche ora lieta in hotel in compagnia di una sexy e giovane onorevole dell’opposizione alla quale concede anima e, soprattutto, corpo Martina Stella, moglie del leghista Massimo Ciavarro; se non fosse per il fatto che all’interno della suite si ritrovano il misterioso cadavere di un tizio travestito da Babbo Natale incastrato nella finestra.

Cadavere dalle fattezze di Riccardo Rossi e che, di conseguenza, porta il protagonista a ricorrere all’aiuto del suo portaborse incarnato da un esilarante Ricky Memphis per potersene sbarazzare ed evitare lo scoppio di uno scandalo.

Un Ricky Memphis che, pronto a sfoderare la più che significativa osservazione “Che manicomio ‘sto governo”, con la sua immancabile romanità accentuata finisce per rappresentare l’indispensabile sguardo schietto e popolare rivolto a mo’ di critica verso coloro che dovrebbero decidere le sorti di una nazione rivelandosi, come spesso accade, piuttosto inetti e interessati per lo più ai propri affari personali e frivolezze.

Man mano che, oltre a un Ralph Palka direttore d’albergo, fanno la loro entrata in scena un Biagio Izzo divertente cameriere sempre pronto a chiedere mance e una Andrea Osvart che figura anche tra i produttori dell’insieme.

Tutti nomi in stato di grazia che, tra frecciatine verbali al reddito di cittadinanza proposto senza avere coperture e a note figure del calibro di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, impreziosiscono un’operazione la cui impostazione teatrale dovuta alla quasi esclusiva ambientazione in interni finisce per accentuare l’intimità di un sentito attacco politico-satirico in fotogrammi mirato a non risparmiare niente e nessuno, tra chi arriva al potere dopo aver partecipato al reality televisivo L’isola dei famosi e dialoghi che menzionano il Bunga bunga, Emmanuel Macron e trasmissioni quali Le iene, Striscia la notizia e Ballando con le stelle.

Come pure la “testata modello Spada”, testimoniando il tipico stratagemma di script utilizzato per collocare storicamente le vicende al centro dei propri lavori dal figlio di Steno, il cui inconfondibile stile, avvertibile già a partire dai titoli di testa, è rispecchiato sia nei ritmi comici che nell’utilizzo della colonna sonora a firma di Giuliano Taviani e Carmelo Travia.

Senza contare gli immancabili omaggi cinefili, da “È la politica bellezza” – atta a parafrasare “È la stampa bellezza” pronunciata da Humphrey Bogart ne L’ultima minaccia – al Luna di miele in tre che segnò l’esordio dietro la macchina da presa proprio per l’autore di Sapore di mare… il cui spirito, in mezzo a risate garantite e l’intenzione di porre in evidenza gli ideali che vanno in fumo per adattarsi al nuovo che avanza nell’Italia d’inizio terzo millennio, risulta più che presente in Natale a 5 stelle, confezionato in maniera evidente dal bravo Risi come se lo avesse diretto il suo grande e indimenticato amico.

 

 

Francesco Lomuscio