Nato a Xibet: un mondo che sta scomparendo

Quanto contano le tradizioni? Quanto è importante il tramandarsi di padre in figlio dei mestieri artigianali? A questi quesiti tenta di rispondere il lungometraggio Nato a Xibet, realizzato da Rosario Neri.

Pietro La Paglia è un bambino allegro e vivace che, quando non è a scuola, aiuta suo padre con i lavori nei campi. La sua è una famiglia serena e la sua infanzia è piacevole e spensierata. Gli anni passano, Pietro è ormai adulto e lavora come fotografo nel nord Italia. Eppure, non ha mai dimenticato i suoi posti.

Ciò lo porta, dunque, a intraprendere un lungo viaggio nei suoi luoghi d’origine, durante il quale incontrerà diversi personaggi – dall’artista Domenico Mauro, maestro dei carretti siciliani, fino ad una coppia a suo tempo scappata per una “fuitina” -, ognuno dei quali gli farà scoprire nuove tradizioni e nuovi segreti della sua terra.

Un prodotto piccolo, realizzato con un budget basso, questo Nato a Xibet. Eppure, quello che vuole comunicare lo comunica piuttosto bene. Se, infatti, non possiamo non notare piccole ingenuità e imperfezioni dovute ora a restrizioni produttive, ora ad una voce narrante eccessivamente invasiva, ora ad una recitazione che rischia di apparire, a tratti, un po’ troppo teatrale, bisogna riconoscere al lungometraggio una sincera genuinità di intenti.

Nato a Xibet è un piccolo viaggio alla scoperta di un mondo che sta tristemente scomparendo. Un mondo che lungometraggio viene ben rappresentato dal piccolo paese di Calascibetta, in provincia di Enna, che sorge sulla collina di Xibet, appunto. Un paese dove i colori e le tradizioni ci sembrano più vivi che mai.

Ed ecco che, ancora una volta, il cinema indipendente ci riserva piacevoli sorprese. Nato a Xibet – fortemente nostalgico, a tratti malinconico e sinceramente affettuoso – riesce per poco più di un’ora a trasportarci in un’altra dimensione, tramite momenti fortemente evocativi.

 

 

Marina Pavido