Noi siamo la marea: un mistero tedesco

Noi siamo la marea. Quindici anni fa l’oceano è sparito dalla costa di Windholm, in Germania. Così, anche i bambini del luogo. Il giovane fisico Micha vorrebbe condurre studi approfonditi su questo fenomeno inspiegabile, ma necessiterebbe della borsa di studio che gli è stata negata. Decide comunque di partire, accompagnato da Jana, ex collega e figlia del rettore dell’università in cui lavora. Ad attendere i due, un mistero da svelare e i fantasmi del loro passato in comune.

Ottenuti premi e consensi in tutti i maggiori festival, non ultimo il trentaquattresimo Torino Film Festival, dove è stato insignito del premio del pubblico, Noi siamo la marea è il secondo lungometraggio di Sebastian Hilger.

La breve sinossi, riportata testualmente dal pressbook del film, serve solo per illustrare una pellicola classificabile nella Twilight zone, tradotta da noi con Ai confini della realtà, ovvero quel genere che ti permette di esplorare horror, mystery, fantascienza e simili. L’inquietante mistero di una cittadina tedesca dove il mare, nel 1994, si è ritirato e i bambini del luogo sono scomparsi conduce nella cittadina Micha (Max Mauff), studente universitario che non riesce ad ottenere i fondi per condurre la sua ricerca, ma che si ostina con la propria compagna Jana (Lana Cooper) a cercare di scoprire la verità sul mistero.

Film indipendente del tedesco Hilger, dopo il suo primo lungometraggio Ayuda, permette finalmente al nostro pubblico di conoscere quanto di buono e valido abbiamo in Europa, a dispetto dei tanti filmetti americani che riempiono le nostre sale cinematografiche anche in estate. Senza dubbio, la speranza che una marea di spettatori possano vedere l’opera, per parafrasare la storia stessa, dopo che sono letteralmente scomparsi dalle nostre sale, proprio a  causa del mare, o, meglio, delle spiagge dove tutti si rifugiano.

Un film estremamente valido sotto tutti i punti di vista, con la sua visione nordica che trasmette tante sensazioni allo spettatore, insieme ad un’inquietante senso di mistero che gli stessi protagonisti non riescono a comprendere.

In conclusione, un film che vale davvero una rinuncia all’alta marea della propria spiaggia preferita, per immergersi in una storia come quella di Micha e Jana, che, attraverso la ricerca dei misteriosi accadimenti, cercano di superare a loro volta il conflitto della propria storia d’amore interrotta.

Il momento più intenso  è quello in cui i due, vestiti da astronauti, camminano nella distesa di sabbia una volta occupata dal mare, mentre, all’orizzonte, vediamo una lugubre distesa di croci dei bambini-fantasma. Se molti ci leggeranno un probabile cenno ai migranti dei giorni nostri che occupano i canali dei nostri Tg, non sarà una lettura errata. Il merito di Noi siamo la marea è proprio quello di portare ogni spettatore in una direzione che solo lui potrà scegliere, un esempio raro che, per tornare alla nostra citazione della serie televisiva, farebbe dire allo storico creatore Rod Serling: “Benvenuti ai confini della realtà”.

 

 

 

Roberto Leofrigio