Tra blues e pop, Paolo Carone firma una canzone che scava nella contraddizione tra desiderio e coscienza. “Non è possibile” è un ritratto autentico, fragile, umano. Nell’intervista l’artista si mette a nudo, riflettendo su errori, sincerità e sul difficile equilibrio tra istinto e razionalità.

Qual è stato il primo impulso che ti ha portato a scrivere “Non è possibile”? C’è stato un momento specifico o una riflessione ricorrente?

Ho scritto il brano dopo una lunga riflessione ma la stesura del testo è avvenuta di getto dopo un episodio particolare che vi descriverò: dovevamo suonare (con tutta la banda) al Francavilla music festival, che si tiene tutte le estati, ad agosto, nella città di Francavilla Fontana (BR). All’epoca possedevo una vecchia mini R50 che avevo restaurato personalmente ma – suonando il pianoforte – non avevo abbastanza spazio per trasportare tutta la strumentazione e chiesi aiuto ad una persona che possedeva una monovolume piuttosto spaziosa.

Il concerto fu memorabile e, concluso tutto, mi accorsi che questa persona era andata via lasciandomi da solo, con tutta la strumentazione da trasportare, in quella piazza che via via si stava svuotando. Tornai a casa alle 4 del mattino dopo aver cercato aiuto per tre ore in piena notte e, durante quelle attese, scrissi questo testo. Ringrazio ancora Lino Antonini (il mio attuale chitarrista) per avermi soccorso in piena notte.

Il brano descrive un amore consapevolmente sbagliato. Ti è mai capitato di sentirti in balia di una contraddizione simile anche fuori dall’ambito sentimentale?

Assolutamente si. Spesso siamo portati a compiere azioni necessarie che sono contrarie alla nostra morale ed io non faccio eccezione. Penso spesso al giorno in cui sono stato rapinato ed ho reagito con violenza provocando dei danni fisici al mio aggressore: non è un mio atteggiamento abituale ma, in quei secondi di pura paura, ho utilizzato la mia conoscenza per fare del male ad un altro individuo.

I giorni seguenti sembravo una persona completamente diversa dal mio solito, che si comportava male ed esprimeva gratuitamente pregiudizi ed azioni deprecabili nei confronti di individui che nulla avevano a che fare con ciò che avevo passato. Sapevo perfettamente di essere in errore ma, per alcuni giorni, mi sono comportato veramente male, sapendo di farlo, senza risparmiarmi con l’unico fine di smaltire quello stress. Chiedo ancora scusa.

Hai scelto una struttura musicale che mescola blues e pop con grande eleganza. Quanto conta per te il suono nella trasmissione delle emozioni, rispetto alle parole?

Moltissimo. Aggiungo che non è il “timbro” in sé ad essere molto importante, quanto il percorso che ti porta a raggiungere quel risultato. La ricerca del giusto ampli per chitarra, la colorazione del basso ottenuta attraverso il montaggio/smontaggio di un certo tipo di corde, la fase di mix/mastering, la scelta del microfono, le accordature del pianoforte, sono tutti passaggi fondamentali che fanno parte della storia e della lettura (poi) di un brano, del suo “mood”.  In “non è possibile” ad esempio, ho sostituito il trasformatore di un amplificatore per basso al fine di ottenere un ronzio di fondo ed una piccola distorsione nel suono, senza utilizzare software od effetti analogici esterni. Tutto questo fa parte del brano e del suo percorso ed è proprio questo processo che ti porta ad ottenere il “tuo” brano, il tuo suono, il tuo stile.

C’è un verso del testo che senti particolarmente tuo, come se fosse una sintesi perfetta del tuo modo di vivere o pensare?

Si certo:

 “… ma quante volte ho detto basta solo con me stesso ed ho deciso di parlarti, e ti ho vista lì bellissima da sogno e quella voglia di possederti…”

Queste parole descrivono appieno il senso della canzone ma descrivono, appunto, me stesso e la mia incapacità sovente di rinunciare a ció che, anche in maniera tossica, mi attrae.

Dove ti vedi tra cinque anni come artista? Ambizioni?

Io penso di aver trovato la mia dimensione come artista: non sono un prodotto d’intrattenimento ma una mente vivace che produce Arte. Ambisco sicuramente a  fare più live che siano compatibili con il mio modo di suonare, che muta molto velocemente.

Viviamo un tempo dove i sentimenti sembrano spesso anestetizzati. Con questa canzone che cosa vorresti risvegliare in chi ascolta?

La canzone racconta una storia e, come tutte le storie, ha come fine quello di sollecitare l’empatia di chi ne ascolta note e testo con attenzione. Attraverso l’empatia un ascoltatore che si trova nelle stesse condizioni del protagonista potrebbe sentirsi meglio o, magari, riuscire ad uscire fuori  dal suo problema.


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