Nudo e Selvaggio di Michele Massimo Tarantini

Credendo, erroneamente, di guardare una sorta di Mondo Movie, mi sono accinta alla visione di un film dal titolo veramente imbarazzante, che sa più di porno che di horror: Nudo e Selvaggio, di Michele Massimo Tarantini, classe 1985. Ed invece il film di porno non ha assolutamente nulla, sebbene in qualche scena strizzi l’occhio a Porno Holocaust di Joe D’Amato uscito solo 4 anni prima, nel 1981. Si tratta di un bizzarro quanto divertente mix di commedia (che in alcuni punti ricorda quelle con Bud Spencer e Terence Hill, soprattutto nelle fragorose scazzottate), avventura (il protagonista scimmiotta l’Indiana Jones di Harrison Ford, che aveva già all’attivo, all’epoca, due film su quattro), cannibal movie (più che a Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato qui pare ci si ispiri però a Mangiati Vivi! e Cannibal Ferox di Umberto Lenzi, rispettivamente del 1980 e 1981) e western (il duello finale è degno dei nostri migliori spaghetti western!). Manca, come invece mi sarei aspettata, la parte del beast movie, anche se qualche bestiaccia, tra serpenti piranha e coccodrilli che popolano la foresta amazzonica, ogni tanto spunta fuori e dà il meglio di sé. Conosciuto all’estero col titolo, sicuramente più pertinente, di Massacre in Dinosaur Valley, il film fu girato da Tarantini con lo pseudonimo anglofono, all’epoca tanto di moda da risultare quasi obbligatorio, di Michael E. Lemick. Le riprese si svolsero in Brasile, dove da un po’ risiedeva il regista, e ad oggi c’è chi lo considera l’ultimo capitolo della fortunata saga del Cannibal Movie Italiano, insieme al coevo Schiave Bianche Violenza in Amazzonia di Mario Gariazzo, sebbene, a ben guardare, né nell’uno né nell’altro la popolazione indigena si nutra mai di carne umana. In realtà, se proprio vogliamo essere pignoli, nel 1988 Antonio Climati dirige ancora un cannibal, Natura Contro, che quindi dovrebbe meritarsi a pieno titolo l’epiteto di ultimo film del filone dei cannibali Made in Italy. Lo specialista di commedie sexy Tarantini, autore anche di qualche ottimo poliziesco, qui si discosta dal suo genere preferito, portando però un bel po’ di erotismo anche fra le tribù dell’Amazzonia, grazie alla presenza di tre splendide fanciulle sempre più o meno nude e addirittura introducendo una scena di sesso saffico, senza mai, tuttavia, scadere nel triviale o nella pornografia.

Un professore di paleontologia e la figlia Eva partono per una spedizione verso una località nascosta nella giungla amazzonica, conosciuta come la Valle dei Dinosauri, che pare essere maledetta, in quanto tutti coloro che vi si sono recati sembra non abbiano più fatto ritorno. Insieme a loro una combriccola che più sgangherata non si può. Un ex soldato violento con la moglie ninfomane ed alcolizzata, un fotografo di moda con le sue due modelle e un giovane ricercatore studioso di paleontologia che è in cerca di ossa di dinosauro per il Museo di Boston. Purtroppo il velivolo ultraleggero sul quale viaggiano perde quota e va a schiantasi violentemente al suolo, provocando la morte del pilota, del professore e di una delle due modelle. I sei superstiti dovranno così barcamenarsi a piedi nella giungla piena zeppa di insidie nella speranza di uscire vivi dall’inferno verde in cui sono precipitati. Ma molte sono le difficoltà che si troveranno ad affrontare, dando inizio così a un vero e proprio body count che ci divertirà a scommettere su chi di loro riuscirà a giungere alla fine più o meno illeso.

Tra serpenti velenosi, piranha famelici, coccodrilli silenziosi ma letali, indigeni assetati di carne e sangue, cercatori di smeraldi avidi e disposti a tutto, la pellicola ci porterà dentro un’avventura divertente che intrattiene molto bene fino alla fine. Ovviamente gran merito della riuscita del film non va tanto ricercato né nelle doti registiche del buon Tarantini, né tantomeno in quelle recitative degli attori, tutti reclutati in loco e praticamente sconosciuti, eccetto Kevin, il protagonista, interpretato dal bell’attore americano Michael Sopkiw, che aveva già recitato in Shark: Rosso nell’Oceano e Blastfighter di Lamberto Bava e 2019 – Dopo la Caduta di New York di Sergio Martino. La parte femminile del cast è ovvio che sia stata scelta per altre doti, piuttosto che per quelle, appunto, attoriali. Quindi, come dicevo, buona parte nella riuscita del film l’hanno avuta i superbi scenari naturali offerti dalla foresta amazzonica e dal Rio delle Amazzoni, che in alcuni punti lasciano davvero senza fiato. Buoni sono anche gli effetti splatter, sebbene non numerosissimi: si ricorda una gamba interamente spolpata da un gruppo di piranha e un cuore estratto da un petto per essere ingerito ritualmente (ed è questa forse l’unica vera scena riferibile al cannibalismo presente nel film).

Molte sono le pellicole che in qualche modo vengono omaggiate o citate in Nudo e Selvaggio. Oltre ai titoli già menzionati in apertura, certamente non può non venire a mente King Kong, quando i cosiddetti civilizzati si avvicinano alle terre selvagge e misteriose in cerca di qualcosa che sarebbe meglio lasciare lì dov’è; il prof Ibañez, mentre con l’aeroplanino sorvolano la foresta, racconta ai suoi compagni delle tribù che abiterebbero la zona, adorando una strana divinità con sembianze animalesche…ed anche il rituale in cui le ragazze bianche vengono offerte in dono al dio, mentre intorno a esse si svolge una vera e propria cerimonia di festa, non può non riportare alla mente le scene analoghe dei tanti capitoli cinematografici dedicati allo sfortunato scimmione. L’uso del fiume come unica possibile via di scampo ricorda il capolavoro del 1972 di John Boorman Un Tranquillo Weekend di Paura. La passione di Tarantini per la commedia viene fuori dai molti dettagli che accomunano alcune scene del nostro film coi classici della coppia Bud Spencer/Terence Hill, ad esempio l’esotico Banana Joe, a cui anche le musiche sembrano avvicinarlo. La scena finale tra Kevin e China cita pedissequamente Per un Pugno di Dollari, quando Clint Eastwood istiga Gian Maria Volontè a sparargli dritto al cuore. E’ poi evidente il trionfo dell’exploitation, molto vintage, come piace a Quentin Tarantino, per intendersi.

Insomma, non sarà un capolavoro, questo Nudo e Selvaggio, a partire dal titolo, che più fuori luogo non si può in quanto nessun uomo nudo appare nella pellicola, solo donne che di selvaggio hanno ben poco, ma è un film che diverte, intrattiene, e non annoia, nonostante la pessima edizione dvd in cui sono state riaggiunte le scene tagliate o censurate, il che sarebbe un pregio, se non fosse per il fatto che sono completamente senza audio, ed in alcuni casi, quindi, totalmente incomprensibili. Dunque, alla fine, i dettagli carini e simpatici non mancano, come i già citati piranha, ma anche le decine e decine di sanguisughe, e le sabbie mobili dove trova giusta morte uno dei personaggi più fastidiosi del film. C’è anche qualche buona caratterizzazione, tra tutte quella del viscido China, che mostra grandi sorrisi ma poi lascerà il povero Kevin legato in una porcilaia con maiali molto aggressivi ed affamati! Ed anche la figura della indios lesbica è ben realizzata, con quella venatura di tristezza che la porta ad essere cinica e subdola, facendoci immaginare ciò che debba aver subito in passato per arrivare a diventare il mostro spietato e senza scrupoli che è oggi. Veramente espressiva come un baccalà è invece l’attrice scelta per interpretare la protagonista Eva, la brasiliana Suzane Carvalho: di tre belle ragazze resta oscura la ragione per la quale sia stato dato proprio a lei, la meno bella e meno espressiva di tutte, il ruolo principale…vabbè, misteri della giungla nera!

Da lodare la bella fotografia di Edison Batista che esalta i panorami mozzafiato dell’Amazzonia, con particolare rilievo nelle riprese aeree che sottolineano l’immensità dell’incontaminato che ancora regna lungo il corso del Rio delle Amazzoni. Peccato che il budget inconsistente a disposizione di Tarantini si veda in tutto il resto del film, non dando la possibilità di avere chissà quale qualità alle spalle. Persino per le musiche non si fa nulla di originale, ma vengono saccheggiate quelle realizzate da Guido e Maurizio De Angelis per il Blastfighter di Lamberto Bava. Ed allora i luoghi comuni la fanno un po’ da padroni, ma non così tanto da infastidire e guastare la visione del film, tra un sorriso ed una battuta. Certamente l’atmosfera che si crea è diametralmente opposta a quella che sottolineava le scene più brutali e controverse del Cannibal Holocaust deodatiano, quando non si usavano effettacci splatter da tre soldi ma si squartavano animali in carne ed ossa davanti alla telecamera per far risaltare la brutalità degli indigeni (che però, come ben sappiamo, non era la peggiore!). Qui al massimo il grande capo della tribù degli Aquara deve accontentarsi di un cuore estirpato da un corpo decisamente finto, ma il cui sangue brillante dà senz’altro un senso di gustoso gore alla scena in questione. Tarantini non è solo regista, ma anche sceneggiatore e montatore del film, che inizialmente viene distribuito negli Stati Uniti col titolo di Cannibal Ferox II….ed allora la domanda nasce spontanea: ma chi dà questi titoli, siamo sicuri che abbia visto i film? Una cosa è certa: Eli Roth ha visto questo Nudo e Selvaggio e lo ha apprezzato a tal punto da volerlo omaggiare riproponendo nel suo The Green Inferno del 2013 la scena dell’incidente aereo e la sequenza all’interno del villaggio indigeno.

 

https://www.imdb.com/title/tt0089562/

 

Ilaria Monfardini