Oreste Muratori: nuove normalità di questo tempo

Figlio d’arte e di suoni che dal padre cantautore e figlio di quella cultura anni ’70 raccoglie semplicità e quel modo pop di dire le cose. Certamente il piglio sa di tempi moderni, dai suoni alla leggerezza di essere profondi… parliamo del nuovo singolo di Oreste Muratori dal titolo “Nuvole sul divano”: ecco una nuova testimonianza di quanto questo strano tempo nostro abbia dato nuova codifica anche alle forme di casa nostra. La bellezza, per diventare inafferrabile, in questo caso ha bisogno del pensiero ad occhi chiusi.

Copertina Nuvole Sul Divano

Noi iniziamo sempre parlando di bellezza. Cos’è per Oreste Muratori la bellezza?
La bellezza per me è l’inafferrabile, tutto ciò di cui possiamo godere ma che non riusciremo mai a toccare o possedere. La musica, ma direi più in generale l’arte nella sua totalità, rappresenta la più grande forma di bellezza di cui disponiamo e della quale non possiamo fare a meno. In particolare in un’epoca che ha fatto del materialismo e del possesso le sue armi di “distrazione” di massa, credo ci sia sempre più bisogno di bellezza, di autenticità e di pura essenza.

E restando sul tema, affrontiamo l’annoso conflitto tra bellezza e contenuto. Sembra che le due cose raramente vadano d’accordo. Tu come la vedi?
Credo che le due cose in realtà siano strettamente connesse. Un bell’involucro, senza nulla di significativo al suo interno, non rappresenta la vera bellezza, è semplicemente una scatola vuota. La bellezza è forma e contenuto insieme, una bella canzone arriva dritta al cuore di chi ascolta innanzitutto per la sua musicalità, per le vibrazioni che ci provoca dentro, ma se non contiene un significato importante è molto più facile che venga dimenticata nel breve spazio di una stagione.

Quando pensi che una canzone sia finita e pronta per il pubblico?
In realtà non lo penso quasi mai che sia finita e pronta… Sono talmente critico nei confronti di ciò che scrivo, che torno sempre a modificare qualcosa, fosse anche soltanto un singolo termine o una singola nota. Non riesco mai ad essere totalmente soddisfatto, quindi poi mi impongo proprio di chiuderla, di non toccarla più, altrimenti non pubblicherei mai nulla. Questa eterna insoddisfazione credo però sia anche la forza di noi cantautori, perché ci spinge a scrivere ancora e ancora, nella continua ricerca di una perfezione che per fortuna non raggiungeremo mai.

“Nuvole sul divano” affronta tematiche purtroppo divenute quotidiane. L’assurdo del nuovo mondo… quanto c’è di biografico in questo testo che ognuno di noi potrebbe far nostro?
È sicuramente il brano più personale ed autentico che ho scritto. Durante il periodo del lockdown del 2020 stavo cercando nuove idee e quasi automaticamente è arrivata l’esigenza di scrivere una canzone che affrontasse il tema della solitudine e della distanza che spesso viviamo nei rapporti umani. Ho voluto però trovare la via d’uscita da tutto questo, quel “porto sicuro dove approdare” ogni volta che la vita ci chiude all’angolo. Mi riferisco non soltanto a rapporti affettivi, sentimentali o di amicizia, ma anche a tutte quelle passioni immateriali che ci tengono vivi, come la musica, l’arte, la fotografia, la costante ricerca del bello appunto. Il suo completamento l’ho poi raggiunto attraverso le immagini, girando il videoclip diretto da Roberto Celestri all’interno del “Labirinto di Arianna” di Fiumara d’Arte, museo a cielo aperto in provincia di Messina, composto da opere d’arte monumentali realizzate da vari artisti grazie all’impegno del grande mecenate siciliano Antonio Presti, un uomo che della ricerca della bellezza ha fatto la sua ragione di vita.

Secondo te, oggi, fare musica… ha ancora un senso civico, sociale? Il romanticismo della tua canzone in fondo parla di una società in rivoluzione… secondo te arriverà come deve oggi?
La funzione della musica e dell’arte in generale è profondamente cambiata in questi ultimi anni. Penso alle battaglie sociali che stavano dietro al cantautorato italiano degli anni ’70, penso a John Lennon, a Bob Dylan, ma anche agli U2 di “Sunday Bloody Sunday”. Oggi ho difficoltà a trovare dei riferimenti simili, la musica è sempre più prodotto commerciale e sempre meno veicolo di messaggi di rilevanza sociale. Io per primo in questo brano mi astraggo da ciò che mi circonda per trovare rifugio in un altrove lontano, sospeso, non perfettamente aderente alle regole sociali. Le mie battaglie personali sono sempre state improntate ad una sorta di “bellezza che salverà il mondo”, sicuramente una visione utopistica, per alcuni anche banale, ma che è anche quella nella quale mi riconosco di più e che credo di saper comunicare meglio attraverso la mia musica.