Entanglement è una (o la) correlazione quantistica. Dalla scienza “non classica” arrivano frontiere di correlazione non dovute propriamente alla prossimità. Per trasferirci in discorsi più romantici e terreni, potremmo raffigurarcelo come quell’esoterico fenomeno per cui due gemelli a distanza di Km subiscono quasi i medesimi “impulsi”. E tutto questo nel viaggio sperimentale, tra pop, elettronica e visioni di un artista che alla visione restituisce tutto se stesso. “Entanglement” è il nuovissimo disco di OTTODIX: un concept composto da 9 canzoni e 5 intermezzi strumentali. I primi richiamano a pieno titolo la scrittura industriale e futuristica che impregnano di personalità anche le sue installazioni concettuali. Le seconde sono frattali, sono scenari sospesi che personalmente mi spediscono in connessione con lo spazio-tempo o con le fantasie extra-terrene. Un viaggio allegorico e sociale, come suo solito… un viaggio alla riscoperta dell’uomo in tutto e per tutto. Il suono torna ad essere un quadro (allegorico anch’esso), firma della sapiente produzione che si rinnova al fianco di Flavio Ferri dei Delta V. E la saga di Ottodix continua…
Noi parliamo di bellezza ed è da qui che iniziamo sempre le nostre chiacchierata. Poi ad un artista di visioni come Ottodix non possiamo non chiedere: cos’è per te la bellezza?
Domanda importante. Per come sono io, la bellezza è la complessità di una cosa che ti si para davanti e che ti emoziona. Quel non capire perché ti emoziona, accompagnato dalla sensazione di essere davanti a qualcosa di più grande di te, che ti sfugge, quindi che ti fa sforzare senza risultato di trovare le parole, ti commuove e ti smuove. Nel senso letterale del termine: ti fa muovere dal tuo torpore e ti fa spostare il punto di vista nel tentativo di capire un’emozione irrazionale. E’ un po’ come contemplare la natura in un suo scorcio spettacolare o un’opera d’arte senza tempo, dalla bellezza e dal carisma soverchiante. Ti senti sopraffatto, perché avverti che dietro c’è un mondo intero, fatto di complessità che ti sfugge.
Parliamo di “Entanglement”: la sua bellezza, la sua estetica, quanto determina e condiziona la completezza dell’opera? Estetica o contenuto? Dove metti e come trovi l’equilibrio?
Beh, intanto ti ringrazio. Se ti riferisci all’estetica grafica, quello è il mio mestiere originario, di artista visivo, quindi mi è naturale impacchettare e vestire da sera con amore un’opera musicale appena conclusa. Se invece ti riferisci all’estetica sonora dell’album, io fatico a scindere le cose dai contenuti. Una volta che ho deciso che questo album è diviso per argomenti-canzoni che parlano di continenti, oceani e zone polari, c’è già un’idea estetica forte a suggerire i contenuti. Anche certi tappeti sonori favoriscono, se evocativi e ben curati, la stesura delle parole, come i dialoghi sopra il girato di un film.
La prima fase della lavorazione di un mio album mi vede sempre partire con un’idea forte di base, ma che concretamente non so come realizzare in parole e musica.
A monte c’è tanto lavoro di documentazione di studio, prima, sui contenuti “obbligatori” che le canzoni dovranno avere. In quella fase leggo, curioso, compro libri, segno frasi, le raggruppo per tematiche, faccio scorta di immagini e spunti stimolanti, sapendo che prima o dopo troverò il perché di quell’appunto, o lui troverà da solo il suo modo di inserirsi nel puzzle. Preparo insomma il terreno adatto per le intuizioni “artistiche”. Poi inizio stesure musicali con arie suggestive per le singole canzoni. Con questo stimolo più inconscio, ma su una mente allenata e ricca di appunti alla rinfusa sul tema, la bellezza delle parole più giuste viene fuori, la mente organizza frasi efficaci più facilmente, pescando da una tavolozza di linguaggi accuratamente preparata in precedenza. Poi, se si ha l’accortezza di non perdere mai di vista il plot generale (in questo caso il viaggio geografico attorno al mondo e l’iper connessione globale), si tenta di dare bellezza non solo alla canzone in sé, ma all’intero quadro-album, che non va mai perso di vista. E’ un lavoro simile alla regia o al realizzare un disegno dalle grandi dimensioni, con varie scene e personaggi dislocati ovunque, apparentemente autonomi, ma facenti parte di un impianto architettonico collegato e che ha un effetto unitario da lontano.
Il mare, non solo dalla copertina, ma nel lungo viaggio metaforico che conduci in questo concept è decisamente un elemento che torna. Come mai? Anche il cielo è parte integrante della nostra terra…
Altra bella domanda. Anche l’aria è un iper oggetto citato in “Entanglement”, soprattutto nel brano “Europhonia”, come elemento che supera barriere, steccati, divisioni e confini inventati da noi, che la natura non ha. Il mare, invece, è un elemento antico per l’uomo e più affascinante, perché via aria si viaggia relativamente da poco, ma via mare, da sempre. L’acqua non è lo spazio vuoto tra due terre emerse, ma il collegamento, quello che trasmette da una parte all’altra vibrazioni, onde, informazioni, scambio di flussi. Come nella fisica quantistica il vuoto non è vuoto, ma un soggetto vero e proprio che fa comunicare le particelle tra loro. La storia della navigazione è la prima vera rete di connessione mondiale che abbiamo tessuto. Le migrazioni, il colonialismo, i semi, viaggiano per mare. Pensaci, l’oggetto “acqua” nel pianeta è una gigantesca scultura informe tutta collegata che riempie i vuoti delle cavità e delle depressioni di tutta la Terra. Tutti i mari, i fiumi, i laghi, sono un’ unica gigantesca scultura liquida in comunicazione, che ci abbraccia formando il calco negativo degli spazi vuoti e dei dislivelli della crosta terrestre. Chi viaggia per mare traccia la linea più breve tra una terra e l’altra. Senza l’acqua dovremmo percorrere quelli che sono i fondali, discendere profonde gole e montagne, traversare tortuose vallate e canyon e poi risalire e scalare montagne fino alla terra da raggiungere. Navigare è come sorvolare ad alta quota paesaggi sommersi, in modo veloce, come volare, Quando navighi di fatto sorvoli paesaggi sconfinati. Lo sapevi che la più lunga e imponente catena montuosa del mondo è la Dorsale medio atlantica? Emerge solo con qualche cocuzzolo di montagna formando l’Islanda, le Azzorre e Tristan da Cunha, ma va dal Artico alla zona antartica.
I suoni di Ottodix. Non si smentiscono e devo dire che cercano sempre di rinnovare una soluzione a cui in qualche modo siamo fidelizzati. Non è così?
Si, lo faccio innanzitutto per me, per trovare quell’eccitazione nello scoprire nuovi temi e nuovi suoni. Quando hai 7 dischi alle spalle e prima tutta una gavetta di provini di anni, certe tematiche le hai battute svariate volte, quindi tentare di ripercorrere certi sentieri, a volte già risolti con successo, è stupido, da noia, faresti solo l’ennesima versione di una cosa che già sai che ti riesce. La formula del concept, invece, mi permette di avventurarmi in territori impensabili a volte per una canzone, come la storia della matematica (“Mesopotamia”) o la storia del colonialismo americano (“Columbus Day”). Si aprono nuovi orizzonti e cominci a sentire aria frizzante di gioco, quella infantile, la più fresca. Per i suoni è uguale. In questo album ho sviluppato ancora meglio il rapporto elettronica-sinfonica, che già con Flavio Ferri (produttore degli ultimi due album) mi aveva portato a un ottimo risultato con Micromega, dando al lavoro il valore di una colonna sonora di un viaggio. Ho voluto inserire tuttavia elementi nuovi per il sound Ottodix, come accenni di strumenti etnici o cori tribali filtrati in lontananza, o avventurarmi a mio modo nella musica drone ambient per rappresentare le zone disabitate del pianeta, gli oceani e le zone polari, tracce strumentali molto rarefatte, di elettronica o col piano. Ho lasciato a Flavio la gestione delle tracce; per una volta io avrei solo suonato i synth improvvisando, assieme al tastierista Loris Sovernigo, e lo stesso Flavio. Le tre tracce che sentite dedicate agli oceani sono frutto di una lunga session di improvvisazione fatta a Barcellona, che poi ha sistemato e diviso in molti pezzi. Lui sta diventando bravissimo in queste cose; sta addirittura pubblicando in questi giorni 5 album di “ritagli” dai suoi hard disk e sono sicuro saranno cose straordinarie.
Forse soltanto nel singolo di lancio “Pacific Trash Vortex” affronti sfacciatamente la quotidiana sociale dei social e tutto il pattume che ne deriva. Torni su un argomento spesso citato anche in “Micromega”. Un tema a te caro… da “sociologo” cantante, come pensi si stia evolvendo questo lato della nostra vita in comunità?
Si evolve in peggio, siamo quasi a capolinea. Il senso intero di Entanglement ha un tono ambientalista, di amore verso l’ambiente che ci ospita, ma questa voglia è generata dal constatare ogni giorno il degrado della comunicazione social-sociale tra le persone alla pari del degrado ambientale. Sono due cose molto collegate. Aggressività, scarsa informazione, voglia di credere a chi grida di più cose semplificate in soldoni (la bellezza è complessa, si diceva, la bruttezza tende a semplificare), livello culturale di base sempre più basso, disprezzo per tutto ciò che rappresenta studio, conoscenza e competenza. Pacific Trash Vortex è il non-continente della spazzatura, che al largo del pacifico si espande da anni ed è la metafora perfetta della spazzatura e del veleno etico morale e verbale che accumuliamo in rete ogni giorno. Mi sono immaginato un nuovo dittatore che ambisce a colonizzare il continente galleggiante dei rifiuti, facile da governare, dove la gente ragiona con la pancia e grida ripetendo in coro gli slogan preconfezionati dal suo capo.
L’opera visiva che ha ispirato questo disco? C’è? O c’è l’opera che questo disco ha ispirato?
Come sempre più spesso accade, il disco coi suoi contenuti diventa una sorta di manifesto di intenti, che andrà in seguito a generare opere da esporre. Entanglement era già steso e in fase di completamento,l’estate scorsa, quando ho mandato in Brasile alla Biennale di Curitiba 2019 “Dispersioni”, un’opera composta da video e pittura dedicata alle migrazioni umane e vegetali nel pianeta, sovrapposte in un modo particolare. L’opera ha una gemella che da gennaio è esposta al Museo Archeologico di Vicenza, “Dispersioni Entangled”, in cui ho dipinto la copia di alcuni frame del video brasiliano. Per dire insomma, che ci sono già in giro opere dedicate a questo album. La prossima mossa sarà entro fine 2020 a Venezia in un importantissimo evento, in cui dovrei inaugurare una serie di installazioni che coinvolgono luoghi remoti del mondo. Poi arriverà a breve un racconto ispirato all’album e nel 2021 una serie di viaggi veri e propri con la band e con i miei galleristi. Insomma, un sacco di imprese artistiche sono già sul tavolo. Per ora lasciamo andare avanti la musica e i suoi contenuti, che sono l’ossatura di tutto. Buon ascolto e seguite la mappa della tracklist: è un viaggio preciso, con tanto di itinerario tracciato.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.