Pablo Spero & Manu TerSo: sono gli “indieGENI”

Guai a chiamarla Trap. A voler fare i saccenti dovremmo citare radici di Dance proveniente dalla cultura Kuduro e anche qui non saprei bene se la direzione è quella giusta anche se quella sensazione calypso non manca di certo, parte proprio dal quel certo modo di fare che, per quanto urbano, ha un esotico richiamo direi quasi sfacciato. A riprova di ciò godiamoci il VIDEO di lancio del singolo “indieFESO”. Ma andiamo oltre. Guai a chiamarlo banalmente trap laddove, in risposta, i nostri Pablo Spero e Manu TerSo sfoggiano melodie che nel pop non farebbero una lira di danno. Ed è quindi un disco dai toni adolescenziali, di amori e di periferie, di società e di guerre purtroppo. Non chiudono gli occhi a quel che ci circonda ma neanche ne fanno una dottrina filosofica per insegnare la via. Sono sinceri i due producer, acqua e sapone, futuristici nei suoi ma didascalici nelle tradizioni… e sono anche ricchi di quel fascino pop, come dicevamo, che la voce di Luca Bernabei sa restituire. E la moda di un certo apparire, in ogni angolo e per ogni dettaglio, è parte integrante. Sempre. Un concept EP dal titolo “indieGENI” e una chiacchierata assai interessante a seguire:

Noi parliamo tanto di estetica. L’estetica della comunicazione, dell’essere e dell’apparire. La musica di “indieGENI” è un oggetto di estetica molto ben curata e devota a questo tipo di comunicazione. Voi cosa ne pensate?
È una parte del tutto, ma non è il tutto; è il primo aspetto che colpisce, che calamita l’attenzione, che fa esclamare “wow”, in molti puntano unicamente su di essa. Noi no. È vero, la curiamo molto, ma chi ci osserva con attenzione nota subito la differenza: chi punta solo su di essa è come un Lampropeltis triangulum conosciuto anche come serpente del latte o falso corallo, un ofide dai bellissimi colori accesi ma del tutto innocuo. Noi invece siamo come un Micrurus fulvius o serpente corallo, stessa livrea e colori identici a quelli del Lampropeltis triangulum, ma con una differenza fondamentale: il Micrurus fulvius è uno dei serpenti più velenosi del pianeta.

Restiamo sempre su questo concetto e parliamo del duo che portate in scena. Le vostre personalità e i vostri modi di apparire come dialogano, come riesco a tenere solido l’equilibrio che arriva al pubblico?
Non solo dialogano, ma si incastrano così bene da sembrare un’unica entità. Davanti al microfono non c’è più un Pablo e un Manu, ma un solo artista. Due voci e un sol cuore. Chi segue la nostra musica o partecipa alle nostre serate percepisce subito questa affinità, l’emozione che ne scaturisce riesce a toccare le corde emozionali di ogni singolo ascoltatore.

Parliamo di abiti e di moda, vi va? Il vostro rapporto per essere Pablo Spero e Manu Terso? Che linguaggio e che direzione avete preso in questo senso?
Non seguiamo molto la moda, non lo abbiamo mai fatto, vestiamo semplicemente gli abiti che ci piacciono. Non c’è nessun linguaggio o direzione dietro, gli stessi indumenti con cui giriamo i video o facciamo i live, sono i medesimi che poi indossiamo il giorno seguente per andare al cinema, o il giorno dopo ancora per pranzare con la nonna.

“indieGENI” è un titolo importante. Io lo traduco pensando a gente di ogni giorno, pensando alla vita quotidiana, pensando al popolo di questa terra che conosciamo. Non ci sono super eroi in questo disco… non è così?
Esatto, solo due ragazzi che parlano della loro vita, due ragazzi ricchi di sogni, gli stessi due ragazzi che potresti trovare al supermercato a fare spesa, o alla fermata del bus, aspettando l’ultima corsa per tornare a casa.

Esteticamente parlando si nota come ogni titolo ha il suffisso indie. Cos’è per voi l’indipendenza?
Essere liberi.

E pensando al passato delle grandi ispirazioni… a chi dovete rivolgere un grazie per la vostra musica?
Direi la vecchia Blue Nox, l’Unlimited Struggle, gli Huga Flame, ma anche Pino Daniele, Rino Gaetano e De Andrè, per concludere direi Steve Wonder, Aretha Franklin e Sam Cooke.