Parsifal: il Graal del mistero

Parsifal è il quarto film diretto da  Marco Filiberti, noto al pubblico per Il compleanno e Poco più di un anno fa – Diario di un pornodivo.

Il Parsifal è un importante e appassionato progetto d’opera d’arte totale”, spiega il regista, “un viaggio iniziatico che conduce dritto al centro del mistero delle nostre esistenze, dove spiritualità e desiderio non sono mai stati così prossimi l’uno all’altro”. Un’opera teatrale per il cinema, girata in parte in varie location esterne, in parte in teatri di posa al fine di ricostruire al meglio la storia.

La vicenda inscenata parte da una imprecisata località senza luogo e tempo, dove Palamede e Cador, due marinai, attendono a bordo dello loro nave, il Dedalus. Cador vive di visioni fantastiche, mentre Palamede cerca di riportare l’amico alla realtà. All’arrivo di un ragazzo, Parsifal, ci si comincia ad addentrare all’interno di fatti  misteriosi, dove si aggiungono altri personaggi come Elsa e Senta, due prostitute conosciute al porto nel bordello gestito da Kundy. Quest’ultima, donna che sembra conoscere il passato di Parsifal, il cui viaggio lo conduce fino all’incontro con Amfortas, uomo ferito e straziato dal dolore del mondo. Parsifal, turbato da questo incontro, ritorna quindi nel tempo e nel luogo dove l’uomo è stato ferito: la taverna-bordello di Kundry.

La riscrittura della storia da parte di Filiberti ci porta al mistero del Graal, al suo mito, in un’opera difficile da descrivere con parole semplici, ma che, in realtà, merita la complessità di una visione cinematografica per apprezzarla  nel suo progetto.

Parsifal si distacca decisamente dai canoni cinematografici di precedenti opere, grazie anche ad un solido cast scelto attentamente, che lo rende molto più complesso rispetto ad una semplice riduzione da schermo. Un cast costituito dagli attori della Compagnia degli Eterni Stranieri: Matteo Munari, Diletta Masetti, Luca Tanganelli, Giovanni De Giorgi, Elena Crucianelli, Zoe Zolferino (e lo stesso Marco Filiberti nel ruolo di Amfortas).

Un lavoro particolare corredato dalle musiche estratte da Wagner, Čajkovskij, Britten, R. Strauss, Dowland, Webern, Bartók, con un pizzico di jazz amalgamate  fra loro da Stefano Sasso, collaboratore  storico di Filiberti, e dalle composizioni  del pianista e compositore Paolo Marzocchi.

Un lungometraggio degno di nota, dunque, che va segnalato per la sua originalità in un’epoca in cui la Settima arte sembra essere risucchiata quasi esclusivamente da fracassoni cinecomic Marvel e simili.

 

 

Roberto Leofrigio