Per la prima volta in blu-ray Dillinger è morto di Marco Ferreri

Durante i moti studenteschi e rivoluzionari che stavano scuotendo mezzo mondo, nel 1968 il cinema subiva un ulteriore cambiamento, o, almeno raggiungeva l’apice quella vena creativa che determinati autori, soprattutto europei, si erano imposti di lasciar emergere dopo la nascita della Nouvelle vague alla fine degli anni Cinquanta.

Quindi, mentre il vate Jean-Luc Godard era alle prese con la realizzazione di opere quali il documentario sui Rolling stones Simpathy for the devil e il drammatico Un film comme les autres ed il cinema inglese tentava di contestualizzare l’epoca attraverso il graffiante Se… di Lindsay Anderson, in Italia fu il compianto Marco Ferreri a mettere i puntini sulle i a riguardo, girando nel 1969 una delle sue pellicole più famose e meglio riuscite: Dillinger è morto.

Un film che descrive con fare ancora oggi attuale quello che era allora l’andamento sociale del paese, partendo da uno spunto che guarda alla vita del noto gangster americano citato nel titolo.

Il grande cineasta milanese azzarda una profonda analisi sulla decadenza borghese dell’epoca, girando attorno alla vicenda di un uomo altolocato, il Glauco interpretato da un ispirato Michel Piccoli, il quale, dirigente di fabbrica, di ritorno dal lavoro si ritrova con sua moglie Ginette alias Anita Pallenberg distesa sul letto e, quindi, con una cena da preparare. Alle prese con i preparativi in cucina, trova una scatola avvolta con dei giornali su cui viene riportata la notizia della morte di John Dillinger, avvenuta nel 1934.

Dentro l’involucro, a sorpresa, scova invece una pistola di cui non sa cosa fare; o, meglio, comincia a trascorrere il resto del suo tempo a pulire e ad oliare l’arma, girando per casa e dimenandosi in un vuoto esistenziale, intrecciando questa apatia anche col quotidiano della governante Sabina, ovvero Annie Girardot.

La vena dissacrante, il sottile umorismo al vetriolo del suo autore, quel gusto del sensuale sempre ricercato. Molti sono gli elementi raffiguranti il cinema di Ferreri presenti in Dillinger è morto, uno dei titoli maggiormente hanno consentito all’autore de La grande abbuffata di farsi conoscere nel mondo.

E come potrebbe essere altrimenti? Quell’utilizzo degli spazi asettici, la presenza minima del dialogo, la struttura indirizzata a schiacciare sempre più Glauco. Parecchio di tutto ciò affascina ancora gli spettatori di questa pellicola sessantottina, tra le opere simbolo di un pensiero cinematografico che andava sempre più andando a cambiare le sorti della Settima arte, in ogni parte del pianeta.

L’atmosfera leggera è la carta vincente di Dillinger è morto, come a voler descrivere un preludio al peggio che vi potrà essere nei rapporti tra padrone e servitore (da esempio la parentesi riguardante la serva Sabina).

Mai invecchiato e sempre vincente nelle sue intenzioni, il film di Ferreri tresuscita finalmente in alta definizione, proposto in una edizione completamente restaurata, capace così di ridare a quei colori che tanto uniformano la vicenda narrata (fotografia a cura di Mario Vulpiani, operatore, tra l’altro, anche nella successiva fatica ferreriana Il seme dell’uomo).

Al di là di un esclusivo booklet di ventotto pagine a cura di Elisa Baldini incluso nella confezione, sono il trailer e un documentario di quindici minuti a cura della rivista Nocturno, poi, ad arricchire il blu-ray della pellicola, edito da CG Entertainment (www.cgentertainment.it).

 

 

Mirko Lomuscio