“Non si guarisce dall’Alzheimer. Non si guarisce dall’Amore” recita la frase di lancio di PerdutaMente, documentario di Paolo Ruffini e Ivana Di Biase in uscita al cinema, come evento, dal 14 al 16 Febbraio 2022.
Una scelta, quella dell’uscita in sala nel giorno di San Valentino, che non rappresenta certo una casualità.
Comunque, procedendo in ordine, ci troviamo dinanzi ad un prodotto non solo ottimo, ma che intimamente riguarda o potrà riguardare tutti noi; quindi, tanto di cappello a Ruffini e Di Biase per aver scelto un argomento davvero toccante e complicato. Un argomento che tutti i giorni, come ricorda lo stesso Paolino, evochiamo quando ci dimentichiamo qualcosa sentendoci dire ironicamente, con forte accento romano, “Ma che c’hai L’Alzheimer ?”.
Il morbo di Alzheimer non dimentichiamo che, forma più comune di demenza, è una malattia neurodegenerativa irreversibile, per la quale non esiste cura e che colpisce le cellule nervose di varie regioni celebrali, comportando una progressiva diminuzione delle capacità cognitive.
PerdutaMente effettua da vicino una visita a tanti pazienti e alle loro famiglie che se ne prendono amorevolmente cura, testimoniando che nessuno guarisce dall’Alzheimer, ma l’affetto delle persone care può rallentare la malattia e permettere nei limiti del possibile una fine più dolce.
E nel mezzo abbiamo anche una divertente intervista all’attore Lino Banfi, il quale osserva come i suoi film ,in particolare Vieni avanti cretino, facciano bene ai malati; perché, senza dubbio, l’ironia e l’amore si confondono nelle storie che Ruffini ha scelto di raccontare.
Forse l’ultima testimonianza è quella più forte, che vorremmo anche noi considerare, sul fatto dell’inutilità delle RSA, altro modo per scrivere ospizio, ovvero dove la dignità di tante persone e la loro intimità vengono violate. Non è un caso che in molte culture, soprattutto orientali, ci si prenda cura ove possibile, fino alla fine, dell’anziano direttamente all’interno della propria casa. Sicuramente un impegno gravoso.
PerdutaMente, dunque, lascia forte il carico emotivo e fisico che subiscono i pazienti e, in misura ancora più grande, i cari che se ne prendono cura, tra mariti, mogli, nipoti, figli e figlie. L’unica certezza è il legame affettivo dell’amore.
Roberto Leofrigio
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.