Permanent vacation, Mistery train – Martedì notte a Memphis e Taxisti di notte di Jim Jarmusch: tornano al cinema tre cult d’autore in onore dell’indie

Prosegue l’impegno della casa di distribuzione indipendente Movies Inspired per riportare in sala i film d’autore che hanno cementato nel cuore dei cinefili il rapporto tra immagine e immaginazione. A partire dal 30 Luglio 2020, sarà il turno di Permanent Vacation, Mistery train – Martedì notte a Memphis e Taxisti di notte. Fiori all’occhiello del talentuoso ed esperto regista statunitense Jim Jarmusch. Ritenuto a buon diritto uno degli esponenti di maggior rilievo del cinema indie americano. Alieno ai vani colpi di gomito incapaci d’incidere davvero nel cuore dei cinefili riuscendo ad amalgamare inopinate varianti umoristiche ed estro creativo.

Il diritto alla fantasia, che sgorga grazie alla sagace bizzarria dispensata a piene mani in Permanent vacation dall’allora esordiente Jarmusch, accompagna l’itinerario del protagonista, Allie, sorta di Forrest Gump ante litteram, mentre girovaga lungo i luoghi più sordidi ed evanescenti della Grande Mela. L’effigie assai poco cartolinesca di New York cede il passo a quella dell’agognata Parigi. Meta che segna l’egemonia del carattere di presa immediata sull’aura contemplativa. L’evidente involuzione, sebbene sopperita dalla già avvertita tenuta stilistica, evidenzia la difficoltà dei timbri figurativi, affidati tanto ad alcune scene di massa in slow motion quanto agli insistiti piani-sequenza, d’imprimere alla retorica romantica dell’alienazione giovanile il valore aggiunto del riverbero introspettivo.

Il leitmotiv estetizzante trova una corrispondenza più accorta ed efficace nella struttura narrativa a episodi di Mistery train – Martedì notte a Memphis. Jarmusch, seppure sempre aperto alla riflessione esistenziale, ed ergo alla previa contemplazione, messa da parte a lungo andare per la paura di trascinare gli spettatori nell’incognita d’un’irrimediabile noia di piombo, sceglie la leggerezza. E trova l’opportuno punto d’equilibrio. C’è da ritenersi soddisfatti. Specie per l’intelligenza che guida l’esame comportamentistico della coppia di giapponesi fissati con Elvis Presley che cercano, lontano da Yokohama, a Memphis, città natale dell’idolo defunto, tracce dell’ingegno creativo congiunto al territorio. La geografia emozionale, frammista agli stilemi del cinema da camera, permette alla location di assumere un’identità conforme alle stravaganze dei turisti. Avvezzi alle stralunate pose esacerbate dall’idolatria e dall’emulazione. I contrasti chiaroscurali, l’inquadratura di profilo dei ragazzi rapiti dal trasporto della libido, le eterne disquisizioni sulla musica, che spianano la strada ai dialoghi tarantiniani degli anni Novanta, testimoniano il talento a catturare l’attenzione degli spettatori refrattari alla spettacolarità delle pellicole d’azione. L’episodio Ghost, con Nicoletta Braschi, già protagonista femminile del previo Daunbailò, persuade meno.

Quantunque l’erudito lavoro di sottrazione, adottato al posto della tanta carne messa precedentemente al fuoco, produca effetti, sul versante dei semitoni, apprezzabili. Soprattutto da chi preferisce l’analisi in sordina dei diversi stati d’animo. L’episodio conclusivo, Lost in the space, guadagna sul piano della virtù di far riflettere ironicamente ciò che perde in suspense. Il mistero sullo spettro di Elvis resta così in superficie. Ad approfondire le inquietudini d’ordine esistenziale, inasprite dalla giungla metropolitana al crepuscolo, provvede Taxisti di notte. L’ingombrante richiamo, fin dal titolo, con Taxi driver di Martin Scorsese non sembra intimidire Jarmusch. Ormai convinto del fatto suo. Al punto da rinunciare senza alcun indugio né ripensamento sia allo specchio per le allodole del richiamo citazionistico sia al dinamismo dell’azione. Le cinque corse in taxi a Los Angeles, New York, Parigi, Roma ed Helsinki trascendono l’impasse dell’inidoneo bozzettismo narrativo. Merito del nostro Roberto Benigni, che prende bene le misure in campo internazionale per l’Oscar che ha conquistato poi con La vita è bella e anche delle redivive sfumature, sobrie ed essenziali, al servizio dei paesaggi meditativi visti attraverso i finestrini dei taxi. Trasformando per magia gli spettatori compassati e distaccati in cinenauti stralunati ed empatici.

 

Massimiliano Serriello