Nel 1971, con una durata di poco più di un’ora, era un gesto rivoluzionario: suonare in un anfiteatro romano vuoto, senza pubblico, immersi nel silenzio carico di memoria di Pompei.
Oggi, con la versione restaurata di un’ora e quaranta minuti di Pink Floyd: Live at Pompeii – MCMLXXII, quel gesto torna sul grande schermo dal 24 al 30 Aprile 2025 in tutta la sua potenza visiva, sonora ed emotiva. Ma non si tratta solo di un restauro: è una vera e propria rinascita.

Il film, diretto da Adrian Maben, si trasforma in un’esperienza immersiva totale grazie ad un restauro fotogramma per fotogramma che restituisce una qualità d’immagine impressionante. Per la prima volta i dettagli emergono con una nitidezza sorprendente: il sudore sul volto dei musicisti, la texture dei marmi antichi, il pulviscolo che danza nell’aria vesuviana. Ogni fotogramma è un quadro, ogni istante un invito ad osservare con occhi nuovi ciò che credevamo già di conoscere. Ma il vero protagonista è il suono. Rimasterizzato con le più moderne tecnologie audio – inclusa la spazializzazione Dolby Atmos – il film restituisce un’energia che scuote. La batteria di Nick Mason vibra sotto la pelle, la voce di David Gilmour si fa densa come lava, le tastiere di Richard Wright e il basso di Roger Waters riempiono l’aria come un’onda inarrestabile. È un suono che si fa corpo, che invade la sala e la trasforma in un’estensione del palco.

Un esempio perfetto di questa nuova percezione è il momento in cui, durante One of these days, Mason cambia bacchetta in modo fulmineo e preciso, senza interrompere il ritmo. Un gesto talmente rapido da risultare invisibile nella pellicola originale, ma che oggi emerge nella sua eleganza tecnica grazie all’estrema definizione dell’immagine. È un attimo, ma racchiude tutta la disciplina e il talento della band. Altro elemento rivelatore di Pink Floyd: Live at Pompeii – MCMLXXII sono le fumarole – le aperture del terreno da cui fuoriescono gas vulcanici – che appaiono nei pressi del Vesuvio, nel silenzio delle rovine. Il ribollio della terra, quasi impercettibile, entra in sincronia con la musica, restituendo alla pellicola una dimensione viscerale. È come se Pompei stessa respirasse, reagisse, partecipasse alla performance. Il film conserva intatta la sua anima visionaria. Le inquadrature iniziali, che oggi sembrano realizzate con un drone, furono invece girate con una Louma Crane, innovativa gru cinematografica d’avanguardia per l’epoca.

Un dettaglio che testimonia la volontà della band di spingersi oltre i limiti, non solo musicali ma anche visivi. Girato tra l’anfiteatro di Pompei e lo storico Studio 2 di Abbey Road – dove nel frattempo prendeva forma l’album The dark side of the moon – il film alterna la potenza evocativa della performance live alla sperimentazione sonora in studio. Il risultato è un’opera che sfida i generi e il tempo, a metà strada tra documentario, videoinstallazione e sogno cinematografico. Questa versione restaurata di Pink Floyd: Live at Pompeii – MCMLXXII non è dunque solo un ritorno, ma una rivelazione. È la prova tangibile che l’arte, quando nasce da una visione autentica, non invecchia: evolve. Oggi più che mai, vedere questo film al cinema significa lasciarsi travolgere da una forza creativa primordiale, che unisce musica, storia e immaginazione. Quindi, dal 24 al 30 Aprile non perdete l’occasione di vivere un viaggio unico nel tempo e nella musica. Sedetevi in sala, lasciate fuori il rumore del mondo e fatevi trasportare a Pompei, dove la leggenda dei Pink Floyd continua a suonare, più viva che mai.
Cristina Speranza
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