Prey: Predator secondo la Disney

Prey, diretto da Dan Trachtenberg e disponibile su Disney Plus dal 5 Agosto 2022, sebbene sia il quinto capitolo dell’iconica saga Predator fa in realtà da prequel all’intero franchise.

Quinto capitolo se escludiamo i due Alien vs Predator, si svolge circa trecento anni prima dei fatti inscenati nel capostipite di John McTiernan e vede coinvolti come “prede” gli appartenenti a una tribù Comanche, tra i quali la protagonista Naru (Amber Midthunder), giovane e testarda che vorrebbe con tutte le sue forze ricoprire il ruolo di cacciatrice.

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Purtroppo il suo essere nata donna le rende tutto difficile, soprattutto uscire dall’ombra del fratello Taabe (Dakota Beavers), uno dei cacciatori più abili della storia della tribù. Un giorno, però, si accorge di qualcosa di sinistro: strane luci nel cielo e uccisioni misteriose di animali. E insistendo per partecipare alla caccia di un leone avrà modo di dimostrare quanto i suoi sospetti fossero fondati. Qualcosa minaccia la Nazione Comanche. Qualcosa di molto peggiore di una bestia selvaggia. Un mostruoso e furbo predatore proveniente dalle stelle. Non resterà che affrontarlo per sopravvivere.

Come molti film d’azione, action e di fantascienza degli ultimi anni, nonostante il genere di appartenenza Prey è un’opera che viaggia su un doppio binario: quello dell’intrattenimento puro e quello della riflessione. Di sicuro si tratta di un film dedicato ai nostalgici della saga e agli appassionati del genere ed è certamente un film sulla caccia. Un film che vuole fornire, perché no, una ricostruzione quasi etnografica delle tribù native. Ma è soprattutto un film che intende far riflettere su determinati temi, tra i quali emerge il ruolo della donna nella storia.

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Il personaggio di Naru, infatti, si carica di una doppia valenza simbolica, e in questo contesto è praticamente l’archetipo perfetto della preda: è donna e, in quanto tale, è percepita come più debole, non solo dagli uomini (e ahimè dalle donne) della tribù, ma persino dal Predator, il quale in più occasioni la lascerà vivere sottovalutandola. Un maschilismo che potremmo quasi definire intergalattico, che tuttavia si rivelerà la più grande debolezza dell’alieno.

Però, nonostante le grandi premesse e l’aspettativa, Prey non si rivela un film realmente coinvolgente, forse proprio perché oppresso dal tentativo di renderlo un lungometraggio eccessivamente riflessivo. Poca azione, in realtà, certamente meno di quella che ci si aspetta in un fanta-action, e una narrazione piuttosto lenta, quasi soporifera per buona metà dell’operazione. Poi, per quanto apprezzabile possa essere la verosimiglianza della ricostruzione della cultura Comanche, essa si ritrova ad essere quasi un elemento disturbante. In definitiva, poco avvincente nonostante alcuni elementi estremamente interessanti.

 

 

Dario Bettati