Quanto Hitler rubò il coniglio rosa è tratto dal celebre romanzo autobiografico di Judith Kerr e vede al timone di regia Caroline Link, il cui Nowhere in Africa si è aggiudicato nel 2003 il premio Oscar per il miglior film straniero.
Fin dal titolo il lungometraggio intende rispettare il testo originale, destinato principalmente ai ragazzi e che racconta la storia vera della famiglia Kerr alla vigilia della presa del potere da parte del nazionalsocialismo, nel 1933.
Anno in cui troviamo Anna (Riva Krymalowski) e Max (Marinus Hohmann), i quali vivono insieme ai loro genitori in una casa piena di giochi, tra i quali il coniglio rosa di pezza è uno di quelli a cui la prima è maggiormente affezionata. E, ovviamente, presto la famiglia è costretta ad iniziare una fuga attraverso tutta Europa al fine di evitare le persecuzioni naziste; in lungo viaggio attraverso Svizzera, Francia e Inghilterra che vedrà Anna costretta ad abbandonare proprio il suo amato coniglio e, con esso, la sua infanzia. Come spesso succede, però, cercare di adattare un libro allo schermo non si rivela operazione vincente.
Come, appunto, nel caso di Quando Hitler rubò il coniglio rosa, che, nel probabile tentativo di cercare una eccessiva aderenza al romanzo, non si riesce a trasmettere allo spettatore la storia al meglio. La pur valida capacità cinematografica della regista, sposata ad un’ottima fotografia a cura di Bella Halben, con tanto di paesaggi maestosi, non riesce a fondersi all’anima di quello che è un romanzo di formazione. Il risultato finale è dunque deludente e, forse, può giusto stimolare nello spettatore che non conosce il testo di partenza il desiderio di acquistarlo e, di conseguenza, scoprirlo. Nient’altro che un discreto film legato ad immagini e convincenti performance attoriali, ma che manca completamente l’obiettivo formativo, rivelandosi inefficace nel cercare di trasmettere il messaggio del testo scritto ai più giovani, cui è principalmente rivolto.
Roberto Leofrigio
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