RECENSIONE: ARRIVA IL BELLISSIMO “SUBURRA” DI STEFANO SOLLIMA, NUOVA LINFA AL CINEMA DI GENERE

Suburra

E’ finalmente giunto il momento di parlare dell’attesissimo “Suburra”, il film di Stefano Sollima visionato in un’affollata anteprima stampa al cinema Adriano di Roma, con tutto il cast presente nella successiva conferenza stampa.

Novembre 2011. Sullo sfondo gli ultimi giorni del ventennio berlusconiano e lo spettro delle dimissioni del Papa. In una Roma quasi sempre piovosa la speculazione edilizia raggiunge il suo culmine con il progetto “Water-front”, che mira a riqualificare il litorale romano, e in particolare Ostia, trasformandola in una Las Vegas italiana. Tanti i soldi in ballo e tanti gli interessi tra malavita e politica, uniti quasi indissolubilmente.

Il politico di riferimento è il viscido deputato di centrodestra Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino), un personaggio di secondo piano che aspira al salto di qualità, tanto da intrattenere stretti legami anche con il Vaticano. Pur di ottenere voti per far approvare l’emendamento necessario a far partire il progetto, Malgradi non si fa scrupoli a coinvolgere anche esponenti di altri partiti, promettendo loro in cambio cariche prestigiose, mentre vive una vita dissoluta tra costosissime escort, come la bella Sabrina (Giulia Elettra Gorietti) e droghe pesanti.

Favino

Il deputato Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino)

Il malavitoso più temuto è l’algido Samurai (Claudio Amendola), ultimo esponente della Banda della Magliana, rispettato da tutte le famiglie mafiose e punto di riferimento e di raccordo tra clan e politica. Negli anni ha imparato a lasciare a casa la pistola e ad incutere timore semplicemente col suo sguardo e la sua impassibilità, che lo rendono quasi una figura mitologica a cui nessuno sa dire di no, Malgradi compreso.

Amendola

Il malavitoso Samurai (Claudio Amendola)

A Ostia invece il nuovo padrone del territorio è la testa calda soprannominata Numero 8 (Alessandro Borghi), giovane e violento idealista che sogna per la sua città (e per le sue tasche) la realizzazione di “Water-front”, al grido di “Lo sai che senza de me a Ostia nun se move na foglia”. Con la sua pseudo-fidanzata tossicodipendente Viola (Greta Scarano), che lo sprona a vendicarsi di chiunque non gli porti rispetto, vivono borderline in una specie di palafitta sul lungomare.

Borghi

Numero 8, padrone di Ostia (Alessandro Borghi)

Ovviamente non manca il “clan degli zingari” (leggi Casamonica), capeggiato dal violentissimo usuraio Manfredi Anacleti (Adamo Dionisi) che abita in una lussuosa villa alle porte di Roma insieme ad una numerosissima e rumorosissima famiglia, tra cui il giovane fratello Spadino (Giacomo Ferrara). Manfredi non sa nulla del progetto ostiense, ma quando ne verrà a conoscenza farà di tutto per entrarci.

Infine c’è Sebastiano (Elio Germano) un PR senza scrupoli ma che in realtà è una persona debole, facilmente messo a tacere ogni volta che ha un sussulto di orgoglio. Ha appena perso il padre (Antonello Fassari) ereditandone i tantissimi debiti nei confronti degli Anacleti, con Manfredi pronto a portargli via tutto per pareggiare i conti.

Germano

Il PR Sebastiano (Elio Germano)

Non volendo svelare troppo, diciamo (in modo molto, ma molto riduttivo) che la situazione andrà via via degenerando dopo la morte per overdose di una prostituta minorenne, l’omicidio di Spadino (“..è stata Roma” dirà Samurai) e l’ira di Manfredi che vuole placare la sua sete di vendetta. Mancano pochi giorni all’apocalisse e nessuno immagina quale destino lo aspetti.

 

Finalmente il film che aspettavamo dai tempi di “Romanzo criminale”. Scordatevi la Roma assolata che siete abituati a vedere al cinema. Qui la decadenza della Capitale supera di gran lunga quella de “La grande bellezza”. E’ una Roma senza speranza e all’orizzonte non sembra esserci via d’uscita. Il romanzo “Suburra” da cui è tratto il film è stato scritto da Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini in tempi non sospetti, ma ha profeticamente descritto quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi con le vicende di “Mafia Capitale” e cioè che la commistione fra criminalità e politica muove tutti i fili e non c’è modo di uscirne. Era così al tempo dell’antica Roma (infatti la Suburra era il malfamato quartiere, alle porte del Foro Romano, in cui politicanti e criminali si incontravano segretamente per i loro affari) ed è così anche oggi.. e probabilmente continuerà ad esserlo sempre. Nel film non ci sono poliziotti, non c’è un commissario che indaga, non c’è nessuno che verrà a salvare Roma da tutto questo fango. E anche il gran finale, apparentemente catartico, concede in realtà ben poche speranze al concetto di “cambiamento”.

Stilisticamente la differenza con “Gomorra” sta in una diversa concezione delle immagini. Dove a Napoli l’azione è perennemente trafelata e con riprese sempre mosse, a Roma lo stile è più sobrio, con campi larghi che non solo riprendono i personaggi, ma li contestualizzano nel proprio mondo, diversissimo da quello degli altri, mostrandocene la vera essenza. E anche questo contribuisce a rendere il film un autentico western metropolitano. Mentre nella Napoli della serie “Gomorra” le pistole la fanno da padrone, qui si gioca più di fino, con la subdola criminalità 2.0 che si insinua lentamente e ovunque, mettendo le mani su tutto ciò che può portare guadagni e potere, senza comunque risparmiarsi, ogni tanto, di ricorrere anche alle armi o ai sequestri di persona.

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Il regista Stefano Sollima (foto di Matteo Nardone)

Sollima, con un budget di 7 milioni di euro a disposizione, fa centro e ci regala 130 minuti di film che passano senza quasi accorgersene, grazie alla solidità della storia e allo strepitoso cast in stato di grazia. Quasi impossibile trovare il migliore, ma al di là dei sempre perfetti Germano e Favino (e attenzione alla sua scena cult in cui, sotto il diluvio, strafatto e completamente nudo, piscia di sotto dal balcone dell’hotel), la mia menzione speciale va a Claudio Amendola, assolutamente straordinario nei panni del quasi mummificato Samurai, perennemente in sottrazione e totalmente opposto ai classici e macchiettistici malavitosi “caricati” spesso oltre il dovuto. E il Samurai di Amendola inquieta anche più del manesco, trucido e cattivissimo Manfredi di Adamo Dionisi (un’autentica scoperta), proprio per il suo fare quasi dimesso e perciò spaesante, ma inconsciamente più penetrante. E questo era quello a cui puntava Sollima, che come racconta in conferenza stampa, ha chiesto ad Amendola di togliere dalla sua interpretazione praticamente tutto. Infatti gli attori rispondono all’inflessibilità e precisione di Sollima confermando: “se fai una smorfia in più, Stefano se ne accorge”, definendo bonariamente il regista “il vero cattivo del film”. Una conferma anche per Alessandro Borghi, che dopo la grande interpretazione in “Non essere cattivo” torna ad Ostia per il suo Numero 8, ben più difficile da gestire rispetto al Vittorio del film di Caligari (l’attore tra l’altro rivela di aver girato prima “Suburra” e non il contrario).

Tra i vari annunci dei produttori spicca l’accordo con la piattaforma Netflix che, oltre a produrre la serie tv di “Suburra”, distribuirà il film online in America sin da subito, in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane prevista per il 14 ottobre. Speriamo che il (meritato) successo che sicuramente avrà il film, possa (ri)aprire la strada per il rilancio del cinema di genere anche in Italia, perché a meno che non venga direttamente a girare Quentin Tarantino, questa è l’ultima occasione per un certo tipo di film di imporsi ad altissimi livelli. “Suburra” le carte in regola ce l’ha, a cominciare dal grande battage pubblicitario e dalle ben 500 sale in cui uscirà. Non ci resta che aspettare i risultati del box office, ma sono sicuro che a differenza dell’immeritato flop al botteghino di “Non essere cattivo”, stavolta il pubblico sarà dalla parte giusta.

Un’ultima raccomandazione: portatevi l’ombrello……

 

Ivan Zingariello

 

Foto di Matteo Nardone

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