Recensione: Insyriated, il dramma della guerra vissuto tra le mura di un appartamento

Far percepire l’orrore della guerra senza mostrarne la violenza. Ci riesce il regista belga Philippe Van Leeuw con il suo Insyriated, vincitore del premio del Pubblico alla sessantasettesima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino. Oum Yazan (Hiam Abbass) vive trincerata nella propria casa resa un rifugio per se stessa e per una famiglia allargata. Dentro, con lei, trovano posto tre figli, una domestica, il suocero, una ragazza e una coppia di vicini con un neonato, costretti a lasciare la propria casa bombardata. Fuori Damasco, una città assediata e annientata dalla lotta armata. I cecchini sparano a vista a chiunque osi camminare in strada, le bombe riecheggiano vicine e lontane, gli sciacalli fanno incetta dei beni lasciati incustoditi.

Ma il fuori, in Insyriated, conta poco. Perché Van Leeuw racconta magnificamente, in ottantacinque minuti, non una guerra in particolare, ma la Guerra. La guerra chiusa tra le quattro mura di un appartamento labirintico che diventa, insieme, nascondiglio e prigione per chi ci abita. Una guerra che si svolge in ventiquattro ore scandite dal sorgere del sole. Seguìti nelle stanze e per i corridoi da una macchina che rimane alle calcagna, i personaggi mettono in scena lo spettacolo di una qualunque giornata di conflitto, dove sentimenti e comportamenti sono spinti alle estreme conseguenze. Davanti a uomini chiusi in gabbia in una convivenza forzata, davanti a persone cui ogni via di fuga è stata preclusa, davanti a esseri umani costretti a sottostare al costante pericolo di morte, il giudizio etico è sospeso. Impossibile prendere parte, stabilire cosa sia giusto fare e cosa no. Le scelte dei protagonisti ci scorrono davanti, trasmettendo un miscuglio di angoscia claustrofobica e terrore che non allenta la presa dall’inizio alla fine.

E, mentre al suono degli spari fanno da controcanto i silenzi e gli sguardi dei protagonisti, prende con forza il sopravvento l’animo umano, vero protagonista di Insyriated. L’animo umano che non si vergogna di mostrare le proprie paure, le proprie debolezze e difetti davanti a una situazione difficile. L’animo umano che, quando una scelta diventa questione di vita o di morte, non è eroico ma è forte. L’orrore non è visto, è percepito. E, forse, proprio per questo, la forza emotiva del film di Van Leeuw risulta ancora più trascinante, ricordando che, a dispetto di ogni minaccia e tragedia, la vita non si ferma.

 

Valeria Gaetano