Recensione: Nelle pieghe del tempo, il fantasy Disney con Oprah Winfrey

Con Nelle pieghe del tempo Disney porta sullo schermo un romanzo scritto nel 1963 da Madeleine L’Engle, già oggetto della trasposizione televisiva Viaggio nel mondo che non c’è di John Kent Harrison, datata 2003.

Al timone di regia Ava DuVernay, famosa per aver diretto l’impegnato successo di critica Selma – La strada per la libertà (riguardante i moti antirazzisti nel Sud degli Stati Uniti degli anni Sessanta), mentre, oltre ai tre giovani protagonisti Storm Reid, Levi Miller  e Deric McCabe, il cast include nomi forti del panorama americano come il premio Oscar Reese Whiterspoon, la signora della tv americana Oprah Winfrey, il neo capitano Kirk di Star trek Chris Pine e la partecipazione di Zach Galifianakis e Michael Pena.

La storia è quella della giovane Meg Murry (Reid) e di suo fratello adottivo Charles Wallace (McCabe), i quali sono ormai da tempo convinti che il loro scomparso padre, lo studioso Alexander Murry (Pine), sia ancora vivo, da qualche parte.

Dove, di preciso, non si sa, ma le cose diventano molto chiare dal momento in cui appaiono davanti ai loro occhi tre entità di un altro mondo: la signora Cosè (Whiterspoon), la signora Chi (Mindy Kaling) e la signora Quale (Winfrey), destinate a coinvolgere Meg, Charles Wallace e il loro amico Calvin (Miller) in un’avventura al di là della fantasia, alla ricerca di Alexander e di qualcosa che possa dare un degno significato alle giuste scelte.

Da dove possiamo cominciare? Dalla cattiva resa scenica di un’estetica trasudante colori e con effetti speciali degni di uno straight to video qualsiasi? O dalla penosa filosofia morale che aleggia di minuto in minuto, con frasi orribili e melense, buona, probabilmente, per prodotto indirizzato alle parrocchie?

Oppure dalla partecipazione imbarazzante di volti noti come quelli della Whiterspoon e la Winfrey, bardate in vesti ridicole e impensabili?

Una cosa è certa: Nelle pieghe del tempo è il disastro cinematografico del 2018, una mega produzione di centinaia di milioni di dollari che include ogni punto debole di un fantasy malriuscito e stucchevole, privo di originalità come anche di una struttura adeguata.

La DuVernay mette in piedi un film inaccettabile sotto ogni forma, e, a giudicare dai tutt’altro che coinvolgenti ritmi e dalla messa in scena, non sembra avere la minima idea di come si agisca nel gestire un’operazione in fotogrammi ricca di effetti speciali.

Inoltre, non riesce a dare credibilità ad ogni singolo personaggio, soprattutto a quelli di fantasia (oltre alle citate Whiterspoon e Winfrey, quest’ultima proposta con grottesco look ricco di lustrini e brillantini, vanno menzionati un inutile Galifianakis e un ridicolo Pena).

Quindi, difficilmente la morale finale potrà risultare credibile agli occhi dello spettatore, piccolo o grande che sia.

 

Mirko Lomuscio