Recensione: Un sontuoso Giuseppe Pambieri è “Re Lear” in un mix tra classico e moderno

Ci sono vari e diversi modi di raccontare il rapporto che lega un padre a una figlia. Un rapporto unico, intenso e indissolubile che niente e nessuno può far vacillare o far venire meno. William Shakespeare drammaturgo poliedrico e creativo e soprattutto anima sensibile e acuta, scrivendo la tragedia Re Lear ha reso immortale le complesse sfumature emotive e psicologiche di come un uomo potente e temuto come un Re possa essere debole e manipolabile di fronte alle proprie figlie. Re Lear è una tragedia antica e nello stesso tempo moderna dove il legame di sangue e il rispetto e lealtà sono considerati valori di poco conto.

Lear (Pambieri) è un uomo vecchio, stanco di portare il peso delle responsabilità e desidera godersi una pensione dorata e felice illudendosi di essere coccolato e rispettato dalle tre adorate figlie. Si sa, l’amore rende ciechi, stolti e stupidi anche di fronte all’evidente ipocrisia e falsità. Lear cede così alle false lusinghe delle ambiziose e avide figlie Regan (Goria) e Goneril (Siravo), preferendole alle vere, umili e sincere parole della dolce Cordelia (Egitto). L’amore non vale un regno e Cordelia paga la sua lealtà con l’esilio, mentre Re Lear convinto ancora di comandare ben presto si renderà conto di essere un ospite scomodo e mal sopportato dalle altre due figlie e dai due generi. Re Lear è anche la storia dell’invidia e gelosia di Edmund (Maccarinelli), fratello bastardo, nei confronti dell’altro fratello Edgar (Racanat), figlio legittimo e amato dal padre, Conte di Gloucester (Bisogno). Edmud rappresenta quei figli che si sentono figli di un Dio minore che trascorrono l’intera esistenza a bramare un po’ di affetto paterno o come in questo caso come rendere difficile e amara la vita all’odiato fratello.

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Re Lear è una tragedia familiare in cui nessuno è felice e nessuno è libero di essere sé stesso, condizionato dall’ambizione e dall’arroganza o vittima della propria sincera ingenuità. I figli sono destinati, salvo imprevisti e crisi economiche, a subentrare ai padri e spesso a scontrarsi con loro, ma agli occhi di quest’ultimi resteranno bambini da proteggere e amare.

Tanti registi hanno voluto cimentarsi nella messa in scena di Re Lear, chi rimanendo nel solco classico e tradizionale, chi volendo introdurre delle novità stilistiche e registiche per dare un proprio tocco personale e innovativo. Giancarlo Marinelli ha scelto una terza via per la sua regia dando al suo Re Lear una struttura drammaturgica e teatrale classica nel linguaggio, e piuttosto moderna e agile nella sua messa in scena.  Il risultato è stato un ibrido che non ha convinto completamente volendo tenere insieme tradizione e creatività senza riuscire a dare una vera e forte identità autoriale. Una via di mezzo poco incisiva, brillante e capace di scuotere e coinvolgere il pubblico.

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Giuseppe Pambieri è invece un sontuoso, concreto, affabile Re Lear capace di conquistare la scena con carisma, esperienza e personalità, dando al suo personaggio una precisa, intensa, e credibile connotazione umana nel rappresentarne vizi e debolezze. Stella Egitto nel ruolo di Cordelia è quella a rimanere più impressa nella mente e cuore dello spettatore fra le tre figlie di Re Lear, con un’interpretazione delicata, leggera, e di sottrazione rispetto alle due sue colleghe Silvia Siravo e Guenda Gora che, per quanto professionali e appassionate, sembravano uscite da una puntata serale della soap opera CentroVetrine. Il resto del cast è nel complesso di buon livello, volenteroso e adeguato ai rispettivi compitivi e con una particolare menzione per Claudia Campagnola per la vivace e riuscita performance nel ruolo del Buffone.

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Re Lear sarà in scena fino al 20 novembre al Teatro Ghione di Roma. Una tragedia di William Shakespeare, adattamento e regia di Giancarlo Marinelli. Con: Giuseppe Pambieri, Andrea Zanforin, Antonio Rampino, Martino D’Amico, Giuseppe Bisogno, Mauro Racanati, Francesco Maccarinelli, Martina Tonarelli, Claudia Campagnola, Silvia Siravo, Guenda Goria, Stella Egitto.

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Roberto Sapienza

 
(Revisione e impaginazione di Ivan Zingariello. Foto di Valerio Faccini)