Regista visionario, sceneggiatore affabile, alieno all’improntitudine delle pose fini a se stesse, ed esperto per eccellenza del mondo dei fumetti, ben lungi dal tralignare il collezionismo anche degli evocativi pezzi rari della cultura underground fiorita nei fecondi anni Sessanta in un mero compendio d’infertili cimeli da repertorio assurti arbitrariamente ad amarcord d’indubbio rilievo, Giancarlo Soldi è reduce da una settimana colma di soddisfazioni.

Culminata Giovedì 29 Maggio 2025 alle ore 18.15 al Modernissimo di Bologna dalla presentazione della briosa ed eccentrica commedia corale Polsi sottili e dell’opera d’esordio Paranaia. Girata nell’ormai lontano 1979 in super 8 quand’era militare, nel corpo dei bersaglieri, col patrocinio finanziario dell’Esercito Italiano. Che lì per lì confuse l’allusivo titolo per una fusione acclamatoria di “Parà” e “Naja”. Senza afferrare lo sferzante riferimento alla paranoia connessa, ai tempi, al clima d’insicurezza. Dovuto agli attentati terroristici.

L’intensa leggerezza della cifra stilistica ai primi vagiti di Giancarlo Soldi, che nel prosieguo della carriera gli ha permesso di riuscire ad appaiare al mix di tenera buffoneria ed empatia umana la sensibilità artistica del divulgatore pacato ma indefesso, specie nei documentari sulla genesi di celebri fumetti con la scoperta dell’alterità – ovvero di qualcosa diverso dall’ordinario – sugli scudi, ha sedotto altresì il pubblico dello storico Cinema Farnese la sera precedente. Di Mercoledì 28 Maggio. Quando, a partire dalle 21.00, dopo una premessa prodiga d’aneddoti curiosi dell’autore dalla verve dell’eterno ragazzo insieme alla dolce metà, l’aggraziata attrice Stefania Casini, provvista a iosa dell’autoironia che fa difetto alle presunte dive divenute oggetto di puerili manifestazioni d’entusiasmo dei fan allergici ai dispendi di fosforo, Polsi sottili ha dispiegato di nuovo le ali nel buio della sala. A tre primavere dal ritorno in grande stile, suggellato dal
restauro condotto in porto da Luce-Cinecittà, nell’ambito del quarantesimo Torino Film Festival. Di fosforo la disinibita scrittura per immagini che mostra agli spettatori capitolini del XXI secolo una Milano del 1985 innevata, sulla scorta dell’altalena degli stati d’animo dell’eterea Illi, una ragazza fuori degli schemi avvezza a condizionare rovesci di pioggia e ampie schiarite, ne palesa a bizzeffe. Per mezzo della singolare efficacia dei disinvolti movimenti in avanti della macchina da presa, conformi al volteggio delle palpitazioni in gioco, del montaggio alternato, pronto ad accogliere la cosiddetta poetica dell’improbabile congiunta alle vicende intrecciate sull’esempio di Robert Altman ed Ettore Scola, dell’estro riscontrabile nella scelta della versatile ed erudita musica e nell’andamento antinarrativo della trama. Incline ad anteporre al climax tradizionale i lampi del valore terapeutico dell’umorismo, con l’ingresso in scena dello strambo giullare metropolitano Nicki che si arrampica da provetto scalatore sui palazzi del centro, nonché dell’aguzzo sarcasmo canzonatorio. Riservato in particolare nei riguardi d’un conduttore televisivo propenso alle gaffes e degli improbabili ospiti dal labile charme cosmopolita. Che richiama alla mente, per alcuni versi, il dietro le quinte dello scandaglio malincomico portato ad effetto da Carlo Verdone in Perdiamoci di vista.

Mentre la sospensione dell’incredulità cede saltuariamente spazio alla contemplazione del reale, con Giancarlo Soldi all’acme dell’età verde che trionfa in veste d’esperto del mondo dei fumetti al quiz televisivo di Canale 5 Pentatlon condotto da Mike Bongiorno vincendo il denaro necessario a produrre Polsi sottili, il personaggio dell’avvocato in gonnella incarnato da Stefania Casini s’allinea allo sguardo divertito dell’avvertito consorte sulla geografia emozionale. Concernente il senso d’appartenenza col capoluogo lombardo. Esibito a mille miglia di distanza dalla banalità scintillante degli scorci riflessivi. Facilmente catalogabili. Al pari degli sfondi inerti. Al compiuto gioco fisionomico della donna in toga, attratta dal piglio naif dell’arrampicatore romantico, seguace dell’egemonia dello spirito sulla materia, corrisponde, piuttosto, la sottigliezza che divide il carattere d’autenticità dal carattere d’ingegno creativo. D’altronde Giancarlo Soldi riverbera nell’amore per il territorio eletto ad attante fantasioso carico di suggestioni talora irrazionali in una vicenda votata all’apparente nonsense l’assoluto fascino esercitato da stilemi lì per lì agli antipodi. Dal neorealismo al surrealismo. Dai cavalli di battaglia della beat generation alla comicità metafisica di Buster Keaton. Cementata spesso dall’esilarante ed ermetica impassibilità di fronte al terremoto dei colpi di scena. L’accento faceto ed eclettico cade pure sull’attitudine a delinquere dei sodali di Illi e nello scarso piglio etico dei vetusti guru sportivi. Intenti a sconfessare la forza significante della frase pronunciata dal barone Pierre de Coubertin al banchetto di commiato per la programmazione atletica dei Giochi di Londra, il 24 Luglio 1908, alle Grafton Galleries: “L’importante non è vincere ma partecipare”. Benché la congerie degli avvenimenti imprevisti non generi sempre un catartico spasso né il passaggio dal reale al surreale si riveli ricco di spunti a ogni piè sospinto in merito agli interludi onirici capaci di offrire una valida alternativa al cerchio infinito degli alti e bassi dell’esistenza, sull’esempio degli autori con la “a” maiuscola che sanno animare persino le ieratiche lentezze dell’aura contemplativa, la costante vocazione a sperimentare dà ugualmente buoni frutti. In grado d’invecchiare bene e apparire, agli occhi tanto dei buontemponi avversi agli scrolloni del destino quanto degli intellettuali interessati ad approfondire al contrario i fili invisibili congiunti a quei drastici cambiamenti, catturati appieno dalla dinamica cromatica garantita dalla solerte fotografia, alla stregua d’un controcampo giocondo. Che replica al tessuto umbratile ed elegiaco della vita.

Si tratta di una replica sia in punta di forchetta sia fedele all’effervescenza cara ad Andy Warhol nel mettere a contatto cultura alta e cultura bassa. La medesima effervescenza, che accompagna i sessanta minuti di durata di “Polsi sottili” con le figure muliebri vigorose a dispetto della corporatura esile, permea appieno i venti minuti di Paranaia. Dissequestrato in zona Cesarini. Scevro dall’oblio censorio. Lungi dal trarre partito oggi come ai tempi da Robert Altman e dalla satira antimilitarista del cult-movie Mash. Nella caserma di Giancarlo Soldi ad andare oltre i tópoi della pellicola da camera è l’estroversione clownesca congiunta agli stilemi del musical. Il leitmotiv dell’inobliabile brano Singin’ in the rain, che ha ispirato l’omonimo capolavoro diretto da Stanley Donen e Gene Kelly incentrato sul passaggio nell’arco della fabbrica dei sogni dal muto al sonoro finendo poi per spingere Stanley Kubrick ad associarlo per contrasto all’ultraviolenza dei drughi in Arancia meccanica, scandisce il perenne inseguimento del superiore sovrappeso col sottoposto bizzarro e dinoccolato. La gag della fanfara restia a intonare la marcia al soffio del corpulento bersagliere provvisto di piume, però privo di scatto, per poi funzionare col subalterno, sembra fungere da antesignana all’iconica sequenza della radio della polizia che in Fracchia, la belva umana disgiungendo il commissario interpretato da Lino Banfi dal collegamento con la centrale manda a carte quarantotto l’aforisma latino “Ubi maior, minor cessat”. Il tormentone della canzone del campione d’incassi La febbre del sabato sera innesca viceversa un’amena variazione collettiva a passi di danza moderna sulla proverbiale rapidità d’esecuzione della fanteria leggera. La cui linea connotativa è così impreziosita dall’acume degli sketch. Con la partita a ping pong improvvisata in cucina che rifugge dagli eccessi celebrali sottintesi ed ergo genera risate di pancia. Il passo di corsa del corpo armato, rimasto nella mente con l’ingresso armonico a Porta Pia, si presta alla sacrosanta predominanza dell’irrompere di elementi visivi e sonori dagli effetti farseschi sulle azioni ridicole giustapposte al mesto taedium vitae. Il punto di vista dell’autore Giancarlo Soldi sulla predominanza in filigrana dell’amor vitae rispetto al suddetto taedium vitae risulta ancora avventizio. Nondimeno da qualche parte doveva pur cominciare. Il punto d’ascolto di Paranaia, viceversa, anticipa l’accattivante carattere umanistico dell’esperto del mondo dei fumetti dall’indole bonaria decisa ad aggiungere parecchia farina del suo sacco ai riti sociali, sovente sovvertiti, ai luoghi dell’anima che influiscono sui modi di reagire a un ordine delle cose in perenne divenire, ai frizzi e ai lazzi dei racconti abituati ad anteporre il valore dell’immaginazione alle battute di dialogo, alle toccanti ed emblematiche linee tracciate dai disegnatori dei fumetti da tramandare ai posteri.


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