Amore acido di Dario Almerighi

Dario Almerighi, romano, classe 1988, non è uno che, come si suol dire, si è inventato il mestiere: ha infatti in saccoccia una bella laurea in Regia Cinematografica alla Rome University of Fine Arts, conseguita grazie ad una tesi dal titolo “Il Cinema Horror e la sua Psicologia”. Nel mentre che studia, inizia a girare i suoi primi corti, arrivando finalmente al primo lungometraggio nel 2017, l’horror cupo e terribilmente gore, ma purtroppo low budget, 42-66 Le Origini del Male, interpretato dai fratelli Mino e Stefania Bonini. Due anni dopo il regista è di nuovo dietro la mdp, per partorire un nuovo capitolo della sua filmografia, Me and the Devil, “Una storia dark di amore e follia”, come lo definisce lui stesso. Nel 2020 partecipa all’opera antologica 7 Sins, per la quale gira il segmento Ira. Finalmente, dopo due anni, Almerighi è tornato con un nuovo lavoro, Amore Acido, che non si può facilmente inscrivere in un genere ben definito, ma che senz’altro ha in sé tutte quelle che sono le caratteristiche del cinema del giovane regista romano.

Elia è un uomo solitario che si guadagna da vivere eseguendo vendette per i clienti che si procaccia sul deep web. Il suo è un lavoro sporco: essenzialmente si introduce in casa di donne per attuare la vendetta di cosiddetti stalker che lo pagano perché lui faccia loro cose che vanno dal rubare oggetti a deturparle con l’acido. Una delle sue vittime riuscirà a vederlo in faccia prima di essere cosparsa dall’acido che le sfigurerà un’intera metà del volto. Lo scopo di Elia è quello di accumulare un po’ di soldi per poter abbandonare per sempre le periferie romane ed i bassifondi nei quali è obbligato a vivere ed operare. Per caso si imbatte in una sua vecchia conoscenza, il criminale Zagaglia, con la mente completamente bruciata dalla droga, ed i due insieme si avvieranno per un sentiero più grande di loro: attraverso un facoltoso uomo d’affari avranno accesso a un deep web decisamente più deep di quello che Elia era solito frequentare, e mentre i loro guadagni aumenteranno in maniera esponenziale in pochissimo tempo, incrementerà anche il grado di crudeltà e di efferatezza di ciò che viene loro richiesto. Nel frattempo, la giovane sfigurata dall’acido si imbatte per caso in Elia, e da quel momento diverrà ossessionata da lui, seguendolo ovunque e fotografando tutte le sue mosse.

Sono due le frasi del film che a mio avviso racchiudono al loro interno l’anima stessa di Amore Acido, entrambe pronunciate dal facoltoso uomo d’affari che coinvolge Elia nell’inferno del Deep Web: “Come si sa, il mondo gira intorno all’odio e all’amore; la cosa bella è che noi possiamo dargli un prezzo”; “Internet è un luogo meraviglioso, puoi venire a conoscenza di molte cose”. Intorno a queste due affermazioni d’effetto Almerighi costruisce il plot del suo film, che parrebbe certamente, anche se solo in maniera tangente, ispirato alla storia di Lucia Annibali, vittima nel 2013 dell’aggressione con l’acido da parte di due sicari al soldo del suo ex compagno. Almerighi però mette la donna sfigurata sullo sfondo, come figura certamente importante ma marginale, mentre sceglie di dare risalto a vita, pensieri, emozioni, paure, rimorsi, di coloro che per vile denaro hanno compiuto un’azione così deplorevole. E non solo questa. Il giovane cineasta, che si dimostra qui decisamente più maturo e consapevole che nel suo film d’esordio, 42-66, rimane tuttavia dentro il solco dell’incubo lisergico visionario, in cui immerge il suo protagonista, Elia, interpretato dal bravo attore romano Alfredo Angelini. Così come non si allontana nemmeno dalle realtà dove aveva ambientato 42-66, i bassifondi delle periferie romane, abitati dai reietti che continuano ad essere la sua fauna preferita. Toccando scottanti temi d’attualità come la violenza sulle donne ed il deep web, ma anche evergreen quale l’uso e l’abuso di stupefacenti, Dario confeziona un film tutto giocato sui silenzi, le atmosfere, le musiche insistenti ed inquietanti, che fanno da cornice al nostro viaggio psicologico nella mente di Elia, diviso tra ciò che fa per vivere e ciò che vorrebbe non dover fare, in una ragnatela in cui pare sia invischiato senza possibilità alcuna di via di fuga o redenzione.

Nonostante alcune scene che strizzano decisamente l’occhio a classici del cinema horror/thriller, come ad esempio quella in cui il corpo di una giovane prostituta viene fatto a pezzi e sciolto nell’acido dentro una vasca da bagno, come accadeva in Buio Omega del grande Joe d’Amato, o quella in cui Zagaglia si masturba con la testa della prostituta che ha conservato per sollazzarsi, in maniera più brutale che sensuale, ma senza dubbio ispirata al lungometraggio d’esordio di Lamberto Bava, Macabro, questo Amore Acido in realtà vira molto di più verso il poliziesco che verso l’horror. Il vero orrore, qui, è rappresentato dalla crudeltà umana, dalla brutalità di certe azioni che si fanno col mero scopo di placare il proprio odio e la propria sete di vendetta, e non importa quanti soldi si debbano pagare, c’è chi è disposto a sborsare un bel po’ per veder torturare davanti ai propri occhi la propria ex o un vecchio socio in affari. Se lo si guarda sotto quest’ottica Amore Acido risulta, alla fine, più horror di un horror propriamente detto.

Avvalendosi di musiche quasi ipnotiche, e di scene lunghissime che hanno lo scopo di sottolineare gli stati d’animo del protagonista, facendoci percepire i suoi pensieri, le sue remore ed i suoi cambi d’umore, se da una parte Almerighi riesce ad arricchire in maniera molto credibile il suo protagonista, dall’altra però porta il ritmo del film ad essere a tratti un po’ troppo lento e quasi statico; tuttavia la bella fotografia metropolitana, associata a un ottimo make-up di scena e ottimi effetti splatter, alzano continuamente l’asticella dell’attenzione, rendendo alla fine la visione di Amore Acido molto intensa e coinvolgente.

Se non se ne può non sottolineare la bravura, tuttavia non convince appieno la performance di Alfredo Angelini, a tratti un po’ troppo statico, mentre avrebbe dovuto cercare di lasciarci scandagliare un po’ meglio le pieghe del suo animo ed i vari cambiamenti a cui va incontro. Tuttavia il velo di tristezza e malinconia che è bravo a lasciar emergere sul suo volto lo inquadra per quello che è, un malvivente, sì, ma in qualche modo dal cuore tenero, puro. Nonostante il suo sia un ruolo difficile, ad un passo dal grave rischio di cadere nel caricaturale, riesce invece ad essere maggiormente convincente il romano Fabrizio Bordignon, che interpreta Zagaglia, tossicomane folle che si ingegna per essere il braccio destro di Elia ma alla fine combina solo guai. La marcata differenza tra i due è che uno fa quel che fa nella speranza di uscirne una volta per tutte, mentre l’altro sembra godere delle terribili azioni che gli vengono sottoposte. Ci offre una performance decisamente intensa ed introspettiva la brava attrice siciliana Danila Tropea, nel ruolo di Serena, la giovane sfigurata dall’acido: ella riesce a rendere tangibile il suo calvario, e riesce a creare un’empatia quasi palpabile col pubblico, per lo meno con la sua parte femminile. Altro attore che è perfettamente adatto alla sua parte è il toscano Simone Gallo, che interpreta il rappresentante delle alte sfere che propone ai poveri derelitti i peggiori lavori, ovviamente chiedendo in cambio una discreta percentuale: Gallo riesce a dare al suo personaggio la giusta leggerezza d’animo che serve ad evidenziare l’enorme divario tra lui e loro; entrambi guadagnano con la violenza sul prossimo, ma lui senza sporcarsi direttamente le mani, e quindi a cuor leggero. Mentre Elia valuta nel più cupo combattimento interiore i pro ed i contro di ciò che gli viene proposto, il suo “datore di lavoro”, che non ha un nome proprio, si beve con spensieratezza quasi di fanciullo un succo di frutta in brick con gli occhiali da sole, come se fosse in riva al mare invece che ad offrire soldi sporchi in cambio di morte e dolore.

Non è facile trovare una sottocategoria dove collocare Amore Acido, perché anche il poliziesco, di cui però si ripetono spesso alcune situazioni abbastanza stereotipate, ad un tratto va a perdersi, e ad un certo punto Almerighi non ci dà più modo di capire dove voglia andare a parare. Sembra proporci una storia di malavita abbastanza banale, ma ci stupirà, ci sorprenderà, virando verso quello che sembra essere il suo obiettivo finale, oltre al chiaro messaggio di denuncia sociale: un viaggio introspettivo nella mente di Elia, che rappresenta il delinquente comune che forse non ha nemmeno scelto di trovarsi lì, ma ci si è ritrovato per caso, e non vi si sente a suo agio. Ma questo ridurre tutto ad un’Odissea personale riuscirà a risvegliare nello spettatore medio appassionato di horror motivi di interesse che, pur senza particolari colpi di scena, lo inducano a guardare il film fino in fondo? È un legittimo dubbio che mi è venuto visionando Amore Acido, ma immagino che il regista si sia risposto affermativamente, proseguendo, giustamente, per la sua strada.

Oltre alle tinte del poliziesco e del noir questa pellicola sfocia, ovviamente, anche nel drama, andando ad analizzare la mancanza di scrupoli che spesso caratterizza la vita di coloro che vivono da reietti ai margini della società, dove la coscienza perde peso in confronto al bisogno di soldi. Apre sicuramente una falla nel cuore il pensiero che ci sia realmente gente disposta a pagare dei sicari improvvisati fai da te per attuare, nella maniera più brutale possibile, le proprie vendette personali: questa, a ben guardare, è la parte più genuinamente horror del film. Film che, in determinate situazioni e circostanze, oltreché per alcune specifiche atmosfere, mi ha ricordato Rabbia Furiosa di Sergio Stivaletti, classe 2018, che affronta l’episodio di cronaca nera del cosiddetto Canaro della Magliana; sia qui che in Amore Acido ci si trova, alla fine, quasi a empatizzare con il protagonista, a provarne pena, pietà, compassione, a causa della tristezza dell’esistenza nella quale si trova a vivere. Forse giocando su questa sorta di sub-sentimento che si crea nello spettatore Almerighi costruirà il suo finale, che, a dirla tutta, non era affatto ciò che mi aspettavo. E se da una parte questo mi ha piacevolmente sorpresa, perché certamente non amo i finali prevedibili, dall’altra tuttavia avrei desiderato, per maggior coerenza con la sorte disegnata per il personaggio, una totale ed implacabile mancanza di redenzione.

https://www.imdb.com/title/tt15057500/

Ilaria Monfardini