Oggi parliamo di Monsieur Le Cannibal Ruggero Deodato, e del suo film Camping del Terrore, classe 1987. Già, perché Deodato non è Solo Cannibal Holocaust, sebbene questo rimanga a tutti gli effetti il suo lavoro più noto e ben riuscito. Nella sua filmografia troviamo molti altri lavori di genere, più o meno interessanti, tra cui La Casa sperduta nel parco, Inferno in diretta, Minaccia d’amore, Ballad in Blood, ed il film di cui voglio parlarvi oggi, Camping del Terrore, appunto. La sceneggiatura del film fu scritta dal futuro regista di Streghe, Alessandro Capone, con la collaborazione del grande Dardano Sacchetti, sceneggiatore di grandissimi cult del nostro cinema Made in Italy quali Il Gatto a Nove Code di Dario Argento, Reazione a Catena di Mario Bava, Roma a Mano Armata di Umberto Lenzi, Sette Note in Nero di Lucio Fulci, Apocalypse Domani di Antonio Margheriti, Amityville Possession di Damiano Damiani, Assassinio al Cimitero Etrusco di Sergio Martino, La Casa con la Scala nel Buio di Lamberto Bava, e molti altri ancora. Ma torniamo al nostro Camping del Terrore, che già dal nome non nasconde di essere la versione italiana del ben più noto cult americano Venerdì 13, uscito nel 1980 per la regia di Sean S. Cunningham. Col film americano il nostro condivide tantissimi tratti in comune, dai protagonisti allo svolgimento della storia, per differenziarsene, fortunatamente, nel finale.
Ma partiamo dal principio: il film inizia con una giovane coppia che, recatasi in campeggio in una bella località boschiva, viene barbaramente trucidata da un individuo mostruoso, sotto gli occhi di Ben, il figlio della coppia proprietaria del camping; i due sono così costretti a chiudere l’attività, dopo i terrificanti fatti di sangue che Julia, moglie di Robert, imputa a un vecchio sciamano indiano che la tradizione locale vorrebbe aggirarsi ancora in quei boschi. Catturare lo sciamano assassino diverrà quindi l’ossessione di Robert negli anni a venire. Dopo questo prologo, per molti lati simile a quello di Venerdì 13, dove, come qui, il Camping veniva chiuso dopo una serie di efferati omicidi, ecco che, proprio come nel film di Cunningham, facciamo un balzo in avanti di 15 anni, e ci troviamo catapultati su un camper dove una carovana di giovani sta viaggiando per raggiungere un posto in cui trascorrere qualche giorno di vacanza a contatto con la natura. L’incontro con Ben, il figlio di Julia e Robert, lungo la strada in cerca di un passaggio, porterà i malcapitati proprio dritti al Camping del Terrore, dove il nostro assassino deciderà, guarda caso, di ricominciare ad uccidere, come aveva fatto 15 anni prima. Ed ha così inizio la mattanza.
Deodato dimostra di conoscere a menadito la struttura e gli stilemi del genere slasher, che sfrutterà in alcuni casi molto bene, creando delle morti davvero sorprendenti e originali, altre volte invece lasciandosi un po’ più andare ai soliti clichè: la morte di una delle ragazze, ad esempio, è praticamente la copia identica della morte del giovanissimo Kevin Bacon in Venerdì 13. Oltre ad omaggiare il film di Cunningham molti sono i classici dell’horror americano a cui Deodato attinge ed occhieggia qua e là: la pompa di benzina in disuso in cui i giovani prendono a bordo Ben, a cui viene dedicata una lunga ed attenta inquadratura, ricorda molto da vicino quella presente nel classico di Wes Craven del 1977 Le Colline hanno gli Occhi; l’accenno alla proprietà costruita sopra un vecchio cimitero indiano, qui un camping, là un intero quartiere residenziale, rimanda ovviamente al capolavoro della coppia Tobe Hooper- Steven Spielberg del 1982 Poltergeist, mentre ancora a Hooper Deodato si ispira per il volto mostruoso del suo assassino, che ricorda da vicino quello del crudele e folle mostro del Tunnel dell’Orrore del 1981. La scena dei ragazzi festaioli sul camper che decidono di dare un passaggio a un perfetto sconosciuto è ancora una strizzata d’occhio a Tobe Hooper ed all’inizio del suo cult immortale Non Aprite Quella Porta del 1974.
Ovviamente non poteva mancare l’omaggio a uno dei più grandi horror degli anni Ottanta, ovvero La Casa di Sam Raimi del 1981, che viene omaggiata con una Ash al femminile munita di potente motosega, che purtroppo, però, userà solo per tagliare le grate di un’inferriata. Al genere dello slasher, molto diffuso in quegli anni, appartengono anche le caratteristiche salienti dei personaggi, per i quali non c’è nessun tipo di empatia, nessuno si dispiace quando muoiono, perché sono tutti essenzialmente stupidi, privi di una connotazione psicologica profonda, e quando invece hanno una loro caratterizzazione, questa li rende macchiettistici ed insopportabili, tanto da farci sperare che il mostro di turno li faccia fuori il prima possibile: è il caso qui, della bionda ochetta e un po’ troietta e del cicciottello chiamato amichevolmente Panzerotto che ha voce e movenze da gay ma che invece non perde occasione di rimarcare quanto vorrebbe farsi una qualsiasi delle ragazze presenti. Ragazze che, come in qualsiasi teen-slasher che si rispetti, sono, guarda caso, tutte belle ed aitanti, e non ci lesinano nudi anche integrali in cui si mostrano con tutte le loro belle grazie in evidenza, com’era normale nel cinema di genere degli anni Ottanta. Il sesso, però, qui è solo suggerito, non viene mai ostentato particolarmente. La stupidità dei nostri giovani protagonisti li accompagnerà fino alla fine, facendo compiere loro tutto ciò che nessuna persona normale farebbe in una situazione come quella, e facendoli continuare a ridere, mangiare, cantare nonostante ogni giorno spariscano uno o più di loro. Ma, come si dice in questi casi, sennò non si sarebbe potuto fare il film!
Alla stupidità dei nostri ragazzini fa da contraltare la profondità della coppia protagonista, Robert e Julia, interpretati da due volti noti del cinema: lui è il compianto attore americano David Hess, che avevamo conosciuto in L’Ultima Casa a Sinistra di Wes Craven del 1972 e ritroviamo nella versione Deodatiana di tale film che è La Casa Sperduta nel Parco del 1980; lei è invece la bellissima (qui non tanto, a dire il vero) Mimsy Farmer, attrice americana nota in Italia per essere stata la protagonista nel 1971 del giallo di Dario Argento Quattro Mosche di Velluto Grigio, nel 1974 di Il Profumo della Signora in Nero di Francesco Barilli, nel 1975 di Macchie Solari di Armando Crispino e nel 1981 di Black Cat di Lucio Fulci….tanto per gradire! La coppia Hess-Farmer interpreta quindi due sposi che da anni vivono una relazione tormentata, che vede al suo interno un altro uomo, amante di lei da tempo, lo sceriffo locale, interpretato dall’attore Charles Napier (The Blues Brothers, Rambo 2 La Vendetta). Molto bello, e insolito all’interno di uno slasher, il dialogo finale tra Robert e Julia, in cui entrambi si accusano della fine della loro storia, ed entrambi sono convinti che la colpa sia dell’altro mentre loro stessi hanno sempre e solo pensato alla famiglia…..sta a voi decidere dalla parte di chi dei due schierarvi! Tra i volti noti che costellano il film di Deodato troviamo anche una giovanissima Nancy Brilli, appena ventenne, che ci regala un nudo davvero impeccabile senza scadere minimamente nella volgarità, ma anzi mostrando un corpo assolutamente statuario; nello stesso anno la giovane attrice girerà anche Demoni di Lamberto Bava, dimostrando che all’inizio della sua carriera sembrava adatta a percorrere una strada nel mondo dell’horror, che invece poi ha completamente abbandonato. Se, come vi dicevo, il film ricalca abbastanza fedelmente l’archetipo Venerdì 13, se ne discosta, anche se non completamente, nel finale, o per meglio dire, nella tipologia di assassino, di cui non posso però, per ovvie ragioni, dirvi nulla. C’è tuttavia ancora una somiglianza col film di Jason Voorhees, ed è proprio nell’assassino due che viene fuori dopo l’assassino uno: lì era il piccolo Jason che emergeva dalle acque dopo che era stata smascherata sua madre Pamela, qui chi sarà colui che terrorizza i boschi intorno al camping? Boschi che, per altro, Deodato ci fa credere trovarsi da qualche parte in Colorado, scegliendo quindi di percorrere la strada dell’esterofilia tanto cara allora come oggi al cinema italiano di genere, tanto che il film fu distribuito prima negli Stati Uniti (col titolo di Body Count) che in Italia, dove apparve soltanto l’anno successivo. Ma torniamo ai boschi, che non sono affatto in Colorado, ma si trovano in due località del Lazio e dell’Abruzzo: le bellissime cascate dell’inizio sono quelle di Monte Gelato, nel comune di Mazzano Romano, mentre il camping, realmente esistente, si trovava a Rigopiano, località abruzzese di montagna vicino a Campo Imperatore, in provincia di Pescara. Peccato che Deodato non abbia voluto sottolineare l’italianità del suo film, lo avrebbe sicuramente reso più originale rispetto al suo modello americano, di cui così risulta invece poco più che un clone.
Ad assicuragli un tocco, però di autentico sangue italiano, è la colonna sonora del grande Claudio Simonetti, mente e cuore pulsante dei Goblin, purtroppo mai pubblicata, se non per brani singoli in un paio di compilation. Perciò se amate lo slasher, se cercate un film leggero e divertente per una serata tra amici, ma assolutamente non un prodottaccio trash né uno z-movie, questo Camping del Terrore fa assolutamente al caso vostro, con le sue morti spettacolari, le sue screaming queen a grazie al vento, le musiche incalzanti del Re dei Goblin e un assassino che non risulterà poi così scontato. Arrivederci al prossimo consiglio.
https://www.imdb.com/title/tt0090788/?ref_=ttmi_tt
Ilaria Monfardini
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