RIVEDIAMOLI INSIEME – OVVERO I FILM DA VEDERE E RIVEDERE CONSIGLIATI DA MONDOSPETTACOLO: “EQUILIBRIUM”

EQUI1

Uscito negli stessi anni di “Matrix”, con cui condivide alcuni dettagli superficiali, ma di cui è subito stato (ingiustamente) definito una copia, “Equilibrium” è un film assolutamente unico, un capolavoro sottovalutato e grossolanamente sminuito da una grossa parte di critica, ma ben compreso ed esaltato da una minoranza meno accecata dall’apparenza e dalle connotazioni commerciali di una produzione cinematografica.
La trama è basata sulla descrizione di una mostruosa distopia: un mondo nuovo, disumano, dominato dalla logica e da una dittatura assoluta, in cui l’uomo diventa un ingranaggio di un meccanismo, esistendo ma non vivendo. Sembrerebbe qualcosa di già visto, ma guardando il film ci si rende conto di avere sotto gli occhi una sorta di attualizzazione dei più spaventosi classici della fantascienza.
Il classico per eccellenza, “Farenheit 451” di Ray Bradbury, il visionario “Metropolis” di Fritz lang, il “1984” di Orwell così come l’altrettanto spaventoso “ Mondo nuovo” di Huxley , vengono presi ed uniti in un corpus narrativo di un’intensità unica, dando vita ad un incubo fin troppo realistico che purtroppo, a ben vedere, rischia di essere molto più vicino a noi del previsto.
Ma anche il “Simbolo della rinascita” di David Brin, poi messo su schermo come “L’uomo del giorno dopo”, con Kevin Costner, fa capolino in un concetto importante, che riesce a dare un briciolo di speranza ad una situazione in apparenza priva di sbocchi.

EQUI2

L’idea in sé non è nuova: è praticamente il vecchio concetto ben sintetizzato dalla frase latina “homo homini lupus”, di cui scrissero persone come Plauto, Erasmo da Rotterdam, Francesco Bacone, John Owen, Thomas Hobbes. Concetto che, in Equilibrium, viene ampliato ed aggiornato a livelli totalmente nuovi.
Concetto che nella sua connotazione classica è la descrizione del cosiddetto “stato di natura” dell’uomo, cioè della sua innata tendenza alla sopraffazione ed all’egoismo.
Il filosofo inglese Thomas Hobbes, nei suoi scritti, evidenzia come la natura umana sia sostanzialmente egoistica, e come a dominarla siano solo l’istinto di sopraffazione e quello di sopravvivenza.
In un mondo privo di leggi e regole, un mondo quindi totalmente privo di un controllo superiore, statale o privato che sia, l’uomo vedrebbe nei suoi simili dei nemici da distruggere, qualora siano di ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi: quindi, con buona pace delle ideologie anarcoidi che vorrebbero vederlo come capace di autogestirsi ed autoimporsi dei limiti condivisi da tutti, l’uomo vivrebbe in un perenne stato di guerra globale, un “tutti contro tutti” che negherebbe qualsiasi forma di riconoscimento del “giusto” o dello “sbagliato”, ma che al contrario imporrebbe solo il diritto del più forte come unica regola. Solo il timore reciproco spingerebbe gli uomini ad unirsi in qualche specie di branco, sotto un capo più forte, che durerebbe solo il tempo di essere spazzato via da quello dopo.

equi3

In “Equilibrium” il concetto di “stato di natura” viene sostanzialmente ampliato, e ne viene proposta una sua evoluzione fin stupefacente, che nei libri e film da cui ha preso ispirazione era quasi secondaria. Si va addirittura indietro rispetto al concetto in sé, chiedendosi da dove nasce, da cosa deriva, e se quindi abbia una soluzione. Che cos’è che spinge l’uomo ad essere crudele verso i suoi simili, o come direbbe Hobbes, ad essere un lupo in mezzo ad altri lupi? Qual è la fonte di tutte le crudeltà, abusi e sopraffazioni di cui l’uomo si macchia, e che lo rende egoista ed autolesionista?
Nelle opere da cui Equilibrium prende spunto, questo quesito era rimasto in ombra: si era posto molto di più l’accento sullo strapotere dei mass media, che diventano un mezzo di controllo sociale, come si vede ad esempio in “Fahreneit 451”; oppure sul pericolo per il singolo che proviene da una dittatura dura, invasiva e soffocante, come in “1984”. In tutte queste opere il messaggio era simile ma diverso: la stigmatizzazione delle dittature, dei loro metodi e degli effetti prodotti sulle rispettive cittadinanze, ma non si era mai approfondita la “necessità”, se così la vogliamo definire, da parte di un regime di ingabbiare i suoi cittadini.
Sostanzialmente si era condannata l’azione da parte dei regimi sulle persone, senza però dare una risposta definitiva al perché questa azione si fosse resa necessaria o almeno conveniente.
“Equilibrium”, in modo assolutamente geniale, ribalta questo concetto: non ha come scopo quello di mostrare quelli che sono i già visti e deleteri effetti della dittatura globale di turno sui suoi cittadini, cosa che lo renderebbe l’ennesimo film di fantascienza, ma va ben indietro, portando lo spettatore a chiedersi perché sia sorto un simile tipo di governo.
La risposta è qualcosa di inaspettato. Ed è proprio su questa risposta che si impernia tutta la trama del film.

equi4

Ciò che rende l’uomo così crudele ed egoista è la sua capacità di provare emozioni.
Le emozioni, i sentimenti, la capacità di agire in modo istintivo ed irrazionale, in quest’ottica, vengono viste come una specie di deviazione, una malattia congenita che l’uomo, per sopravvivere, deve sconfiggere.
I sintomi di questa “malattia” sono le manifestazioni di rabbia, odio, egoismo, che nella trama del film hanno portato l’uomo sull’orlo dell’estinzione, dopo una catastrofica guerra mondiale.
La soluzione, quindi, diventa una sola: rendere gli individui “sani”, impedendogli di provare emozioni che potrebbero distruggere le loro esistenze. Non essendo possibile negare all’uomo questa capacità per via naturale, viene quindi studiata una soluzione drastica: la creazione ed imposizione di una società chiusa, disciplinata, funzionale, che ponga le basi della sua prosperità su una forma di raziocinio freddo ed equilibrato, che non possa essere macchiato dai primitivi impulsi dell´istinto e del cuore, e che non dipenda dagli sbalzi di umore, incontrollabili ed imprevedibili, dei suoi cittadini.

equi5

Viene descritta, come simbolo di questa ipotetica società, una città immaginaria, Libria, un mostro grigio e marziale, inquadrato e burocratizzato, i cui cittadini sono obbligati ad iniettarsi, ogni giorno, ad orari cadenzati, uno psicofarmaco in grado di annullare quasi totalmente le loro emozioni.
Questo psicofarmaco, il Prozium, è costantemente descritto come qualcosa di sacro, in ripetitive ed ossessionanti comunicazioni che bombardano quotidianamente i cittadini da ogni angolo, in una sorta di indottrinamento costante dalle caratteristiche tanto sociali quanto quasi religiose.
La mancata assunzione del Prozium è considerata un reato, e chi per sbaglio ne perdesse una dose deve andare immediatamente a farsene dare un’altra per compensarla. Chiunque venga sorpreso a provare emozioni o sentimenti, inoltre, viene condannato a morte per “reato di emozione”, ed incenerito vivo.
Libria vuole dare una qualche forma di equilibrio alla sua società. Il problema è però che non si tratta di equilibrio: è solo apatia. E neanche l´apatia stoica o epicurea, vista come una scelta filosofica a cui si arriva dopo infinite riflessioni: questa apatia è una spietata coercizione, è la morte del cuore, obbligata e totale.
E´un incubo travestito da legge, che impone ai suoi cittadini la morte della propria anima.
L´obiettivo finale è l´omologazione, l’inquadramento, il divenire tutti uguali, il soffocamento di ogni singola pulsione personale, che potrebbe diventare una spinta verso il disordine.
Non è un concetto poi così lontano da quello espresso, nel loro splendido video “The Wall”, dai Pink Floyd.

equi6

L’ambientazione in sé, poi, è stata studiata in modo estremamente accurato: le riprese sono state fatte nel quartiere EUR di Roma, costruito da Mussolini ed emblema di un piano regolatore ordinato, disciplinato, essenziale e razionale, ambientazione assolutamente in linea quindi con l’idea di “ordine e disciplina” su cui si basa la trama del film.
Idea che viene rinforzata da un’attenta scelta dei dettagli: le pistole usate da Preston non sono le solite, enormi e cattive Desert Eagle, ma delle bellissime Beretta 92 FS italiane, particolarmente modificate a fini scenici, dall’aria minimalista ed essenziale; l’arma bianca di rappresentanza è una katana giapponese, arma pulita, cattiva e funzionale; il simbolo del Tetragrammaton è una croce nera, stilizzata e dura, che ricorda in modo preoccupante una via di mezzo tra una croce cristiana ed una svastica nazista.
Tutto, in questi dettagli, rende l’idea di inquadramento marziale e razionale, ma evocativo di una potenza e di una retorica di regime totali ed assolute, sognate e quasi raggiunte dai regimi più famigerati della storia.
Italia, Giappone, Germania: le tre potenze dell’Asse, in questa ambientazione, diventate nell’immaginario odierno i simboli assoluti della dittatura e del fanatismo di regime, tornano quasi a vivere e ad aver vinto, questa volta, la guerra iniziata secoli prima, imponendo dopo la dittatura totale che sognavano.

equi7

Altra caratteristica assolutamente geniale di “Equilibrium”, malcompresa e diventata la ragione principale del suo affossamento da parte di molta critica, è la figura del protagonista, il Cleric Preston.
Preston, interpretato da un superbo Christian Bale, è una specie di via di mezzo tra un sacerdote ed un agente speciale: questo “chierico”, appunto, è una figura a metà fra l’obbedienza incondizionata ad una sorta di fede religiosa, la stolidità e l’inquadramento marziale.
Opera agli ordini del Tetragrammaton, una dura organizzazione il cui scopo è la repressione e l’eliminazione fisica di ogni “dissidente” che si macchi del famigerato “reato di emozione”, e la distruzione di qualsiasi forma d’arte o letteratura del passato; un mostruoso incrocio tra i peggiori lati degli apparati statali e religiosi, descritto come una specie di via di mezzo tra una chiesa, una polizia di regime ed un organismo di controllo politico e sociale. Il Tetragrammaton si occupa di tutto: della soppressione dei “dissidenti”, della propaganda di regime, della fornitura di Prozium ai cittadini, del controllo totale sulle loro esistenze. Tutto ciò che non rientra nei canoni del regime deve essere eliminato. Libri, statue, quadri, musica… questi veri e propri strumenti del peccato devono essere subito tolti di mezzo, in quanto in grado di risvegliare nel cuore tutte quelle emozioni e sentimenti umani potenzialmente distruttivi per l’ordine costituito e privo di sbalzi di Libria.
L’ambientazione del Tetragrammaton è imponente e claustrofobica allo stesso tempo: associa alle peggiori caratteristiche di un monastero di clausura, quelle più bieche di un edificio di regime, cupo, soffocante e di rappresentanza.
I suoi agenti vengono visti addestrarsi in una specie di dojo, imparando una tecnica marziale rivoluzionaria, il “kata della pistola”. Li si vede muoversi in modo sincronizzato, preciso, disumano: diventano delle vere e proprie macchine da guerra, la cui mancanza di emozioni, il non assecondare l´istinto, e la conseguente mancanza di paura, permettono loro di combattere in modo automatico, basato su un totale controllo degli spazi attorno a loro e su un semplice calcolo probabilistico. Grazie a questo riescono a prevedere con totale sicurezza la disposizione di un gruppo di nemici in un ambiente anche al buio, la traiettoria di un proiettile, a calcolare quanta percentuale di spazio attorno a loro possono saturare con il loro volume di fuoco, quanta probabilità di colpire anche a mani nude hanno.

equi8
Ad oggi questa forma di arte marziale, ufficialmente inventata da Kurt Wimmer e sviluppata dal coreografo Jim Vickers proprio per il film, è attualmente ancora molto poco diffusa, e pare prenda diverse tecniche dalla scuola giapponese, specie dal ninjutsu e dal kendo, riadattandole all’uso di due pistole utilizzate in modo coordinato, sia come armi da fuoco che come armi bianche. Il risultato è quello visibile nel film: una tecnica marziale aggressiva, atletica e rapida, in grado di mettere a terra un consistente numero di nemici in pochissimo tempo ed in via definitiva.

Sembra solo una trovata coreografica: mettere in grado il protagonista di combattere come un supereroe da fumetto, uscendo illeso dalle situazioni più assurde e sempre pronto alla lotta. Anche per questo motivo, e per tante apparenti somiglianze col modo di combattere di Neo in “Matrix”, i critici hanno sminuito tutto il reale potenziale di “Equilibrium”, senza comprendere il significato di questa scelta.
Infatti il “kata della pistola” è la rappresentazione più evidente del livello di totale asservimento, distruzione della mente umana e spersonalizzazione dell’uomo: trasformato in una macchina da guerra assolutamente perfetta, privo di emozioni, rimorsi, domande od incertezze, diventa il “cittadino perfetto” che Libria vuole.
Un cittadino pronto a difendere qualcosa in cui crede ciecamente, senza timore di morire o voglia di vivere, in modo totale e incondizionato, senza farsi intralciare da emozioni o sentimenti come ad esempio l’amore: infatti Preston, nel suo condizionamento totale, diventerà il carnefice della sua stessa moglie, colpevole di aver provato emozioni, consegnandola al Tetragrammaton per l’esecuzione capitale.
Per molti regimi di oggi, a ben vedere, un abominio simile sarebbe il santo graal del potere assoluto, e nel film è la formalizzazione della morte dell’anima umana, qualcosa di talmente devastante da essere privo di ogni paragone o possibilità di commento.
Io stesso, e lo dico da soldato quale sono, non accetterei mai di trasformarmi in una simile mostruosità.

equi9

Ma ogni meccanismo, per quanto perfetto, ha le sue pecche ed i suoi punti deboli. Preston, è in grado, nonostante la quotidiana dose di Prozium ed il condizionamento da Cleric, di provare ancora qualcosa… Qualcosa che non sente coscientemente, o che forse rifiuta, ma che comunque è sempre presente.
Qualcosa che lo rende il primo dei Cleric, il migliore nel cercare, capire, distruggere, che gli permette, fino a quando è parte del sistema, l’unico sistema che conosce, di essere sempre un passo avanti ai “dissidenti”, di anticiparne le mosse, e non solo durante un combattimento; gli permette di comprendere la pericolosità insita nel sorriso della Gioconda, ritrovata in un rifugio di “dissidenti”, proprio perché a livello inconscio, o più semplicemente represso, è il primo a subirne il fascino.
Fascino che, pur con la distruzione del quadro, rimane vivo nell’inconscio di Preston, dando inizio, o forse lo spintone finale, ad una situazione sostenuta ormai solo a forza di dosi di Prozium.

equi10

Tutto comincia con la morte del collega di Preston, il Cleric Paltridge.
Paltridge, avendo da tempo smesso di somministrarsi il Prozium, ha compreso chiaramente in quale incubo il mondo si sia ridotto ad esistere, un incubo che demolisce costantemente i suoi sogni e le sue aspirazioni.
E qui si potrebbe fare una lunga disquisizione sull’eterno problema tra “vivere” ed “esistere”, affrontato in altri film come ad esempio il famoso “Tokyo Fist”. Vivere, coi propri problemi, sentimenti, emozioni, paure, ma essendo vivi: oppure esistere, senza pensieri e problemi, ma riducendosi ad essere solo un numero.
Assolutamente stupendo il dialogo al momento dell´arresto di Paltridge da parte di Preston:

“Mi dispiace.”
“E´ solo una parola, che ricorda un sentimento che non hai mai provato. Tutto quello che fa di noi ciò che siamo è scomparso…”
“Non c´è più guerra, non c´è più omicidio.”
“E secondo te noi cosa facciamo?”

equi11

Ciò che Paltridge sta cercando di spiegare è che parlare di “reato di emozione” non ha senso: perché mai dovrebbe essere un reato “vivere”? E quindi perché si deve uccidere la propria anima, limitandosi soltanto ad “esistere”? Perché quindi deve essere un reato godere della propria vita, vedere la felicità negli occhi di una persona amata, averne la stessa cosa in cambio, e gustarsi l’unicità di qualcosa di profondo? Lui in fin dei conti amava sua moglie, e non c’era assolutamente nulla di sbagliato in questo, nessun “reato”.
Una mattina, durante un interrogatorio, una donna di nome Mary, già amante di Paltridge, pone a Preston una domanda: “perché sei vivo?”. Domanda che inizialmente cade nel vuoto, ma che in realtà rimane nella mente di Preston, a livello inconscio, iniziando ad erodere le sue certezze precedenti, indotte da una vita di condizionamento totale, e lasciando sempre più spazio alle sue emozioni, ancora presenti.
Il risultato non tarda ad arrivare.
Dubbi, rimorsi, rimpianti e domande senza risposta iniziano a tormentare la mente del Cleric, allucinazioni a cui non è abituato lo tengono sveglio la notte. Il suo letto matrimoniale, adesso, gli sembra disperatamente vuoto. La sua vita inizia a sembrargli priva di scopo.
“Perché sei vivo?” diventa una domanda ossessionante, a cui non sa più dare una risposta chiara.

162388b_Equilibrium-rich-visore

Una mattina, mentre si alza, Preston arriva, per puro caso, al punto di svolta del suo destino. La quotidiana dose di Prozium cade a terra. Preston va a farsene dare un’altra, ma decide, seguendo forse un impulso inconscio, di non prenderla. Tutte le sue emozioni, fino a quel momento frenate dal farmaco, iniziano la loro risalita, giorno dopo giorno, con forza sempre maggiore. La scena del cucciolo, trovato nel rifugio di un gruppo di “dissidenti”, è solo la prima. La più maestosa, e più significativa, sarà poi quella della rottura del velo opaco sulla finestra di casa: un velo imposto dal Tetragrammaton a tutti i suoi sudditi, perché non possano guardare il sorgere del sole su Libria, ed emozionarsi nell’assistere allo spettacolo dell’alba.
Scena che mostra Preston, ormai libero dagli effetti del Prozium, commuoversi nel vedere il sole che sorge, come se fosse la prima volta.
Questa scena ha un valore simbolico fortissimo: infatti il velo sulla finestra è in pratica il simbolo di un metaforico Velo di Maya, che separa l’uomo dalla verità, dalla conoscenza e dalla sua luce, rappresentata appunto dal sole. Preston, strappando quella copertura, strappa il Velo di Maya, aprendo gli occhi alla Luce della Conoscenza, e giorno per giorno inizia a capire sempre di più la vera essenza della realtà in cui vive.
Si rende conto della brutalità e del grigiore del mondo in cui vive, dell’autocrazia di una forma di governo in tutto e per tutto ingiusta, dell’assenza di diritti e di giustizia per dei cittadini che, in realtà, sono solo schiavi, al servizio di un governo comandato dal Padre, un dittatore spietato ed incontrastato.
L’onnipresente “Il potere del Padre è la legge” , scandito dalla propaganda di regime, è ormai solo una frase vuota e di comodo, che vuole giustificare, o più semplicemente imporre, la totale autarchia e malafede del dittatore: un uomo che vuole privare il mondo delle emozioni, per evitare qualsiasi opposizione al suo dominio. Un dominio indegno, ma reso accettabile proprio per il fatto che solo chi prova delle emozioni può giustamente risentirsi e ribellarsi: senza emozioni, lo si accetta passivamente e lo si sostiene senza proteste.

Equilibrium-32
Il Padre, al contrario, può provare emozioni e sentimenti senza alcun problema: è un privilegio che riserva solo a se stesso, al punto tale da essere totalmente solo. Non ha nemmeno una compagna, che lui potrebbe amare, ma che dovrebbe liberare dal farmaco per esserne ricambiato, col risultato di perdere la sua unicità ed il suo vantaggio sul mondo intero. Infatti, se anche altri provassero dei sentimenti, non sarebbe più, per tornare al concetto di Hobbes, un lupo a capo di un gregge, ma solo un lupo contro altri lupi.
Preston, dopo avere totalmente rinnegato la sua vita passata, diventerà il campione dei “dissidenti”, pronto per la sfida finale contro il Padre, che si rivelerà essere, semplicemente, un altro Cleric: un uomo come lui, che si è semplicemente arrogato il diritto di salire sempre di più nella gerarchia del Tetragrammaton, grazie ad un vantaggio tenuto ben nascosto, e sfruttato con intelligenza e cinismo.
Ed è qui che fa capolino il concetto espresso nel “Simbolo della rinascita”. Così come il Postino, arrolato a forza in un esercito di criminali, ne sfida il capo e lo sconfigge, così Preston sfida il signore assoluto di un regime ugualmente duro, violento e dittatoriale, ad evidenziare che il bisogno di cambiare, di migliorare, di evolversi e di vivere in libertà è qualcosa di atavico, insito nell’animo umano, impossibile da eliminare completamente.
Nessuna imposizione esterna, nessun regime, nessun inquadramento sociale o morale potrà mai riuscirci: in tali condizioni, a volte, la vera rivoluzione può nascere proprio da dentro, da chi era inizialmente il simbolo migliore di un regime soffocante ed ingiusto. Un’idea quasi “politica”, di risvolti anarchici, ma realistica.
Come dice anche lo spot del film, “in un mondo dove la libertà è un crimine, i criminali diventano eroi”.
Tutto questo sotto gli occhi di un altro personaggio: il figlio, un ragazzino freddo, duro, in apparenza privo di emozioni, che dirà a suo padre di sapere benissimo del suo “reato”. Una figura inquietante, ambigua, e che fino all’ultimo non si capirà da che parte stia, il cui scopo nella narrazione è quello di simboleggiare la venuta della nuove generazioni. Pur non avendo una parte rilevante nel film, si può immaginare che in quel futuro potrà avere un ruolo di primo piano, già per il fatto di essere figlio di un uomo comunque diverso.

equiloc

Psicologicamente “Equilibrium” è un capolavoro: la rappresentazione della rinuncia, della negazione e della rimozione dalla mente di tutto ciò che potrebbe realmente farci stare bene, farci sentire vivi, in favore di motivazioni esterne, vuote e assolutamente scollegate dalla nostra reale natura. Preston, pur subendo il sotterraneo influsso delle sue emozioni, ancora non completamente morte, le nega, dedicandosi a zittire ciò che le alimenta con una foga quasi disperata, proprio come a distruggere ciò che in realtà vorrebbe.
Negarselo significa dimenticarlo, cancellarne il bisogno cosciente e tutti i dubbi, le paure ed i pensieri che ne conseguono.
Atteggiamento che ad oggi, purtroppo, è molto comune in troppe persone: ferite da delusioni passate, o da sogni infranti, scelgono di tagliare i ponti con ciò che in realtà vorrebbero, zittendone il bisogno nei modi in assoluto più inutili. Alcool a fiumi, serate in discoteca a stordirsi di musica, o modi fin più autolesionisti di uccidere i propri pensieri diventano, sostanzialmente, la dose di Prozium che dovrebbe risolvere problemi in realtà presenti, e che al contrario serve solo a non affrontarli.
Questo porta troppe persone a sprecare i propri giorni uno dopo l’altro, senza rendersi conto che non li riavranno indietro mai più: giorni passati solo ad esistere, anziché a vivere, e che portano solo allo spreco di tante occasioni. Intanto il tempo passa, lasciando sulla sua strada quelli che possono diventare rimpianti e pensieri di una persona ormai anziana, che rimane sola coi suoi dubbi e i suoi “se avessi fatto”.
Persone che potrebbero veramente amarsi tutta la vita rischiano, a causa di questa così triste condizione, di non riconoscersi, di perdersi e di unirsi a compagni di puro e semplice comodo, solo per paura di restare sole: ed altre, che hanno visto in una persona qualcosa di particolare, rischiano di rimanere a guardarla che sparisce, senza poterci fare nulla, pur sentendo di poter essere “quelli giusti”, purtroppo non riconosciuti.
Se veramente tante persone, oggi, non sentissero la necessità di stordirsi con le varie forme di Prozium che il mercato impone, più che proporre, potrebbero davvero cogliere tante occasioni e goderne pienamente.

equicris

Christian Bale, in questo ruolo, è assolutamente perfetto: riesce a dare il senso del suo cambiamento e dell’ingiustizia in cui vive in modi pressoché impeccabili, con una ricchezza espressiva di prim’ordine, affiancata ad una preparazione atletica e marziale curate fin nel minimo dettaglio.
La colonna sonora, imponente ed evocativa, a cura di Klaus Badelt, accompagna il risveglio di Preston in modo perfetto. Risveglio che si conclude in modo suggestivo, con un’emozione: il sorriso di Preston. Una scena unica, che chiude degnamente un film ad oggi ancora sottovalutato ed incompreso, ma in realtà capace di far riflettere sul senso e sulla realtà della nostra condizione: viviamo o esistiamo? E le nostre emozioni, i nostri sentimenti, tutto ciò che proviamo, sono davvero da estirpare per stare meglio?
Oppure, al contrario, non sono quell’unica cosa che davvero può farci sentire vivi? La risposta pare chiara.

Kurtz Rommel