Seduzione Fatale di Bram Coppens

E’ lecito concedersi una scappatella prima delle nozze, tanto più se il futuro marito ha fatto altrettanto qualche tempo prima? Non ci sono rischi nel passare una notte di sesso con un affascinante sconosciuto durante il proprio addio al nubilato, eccetto i rimorsi di coscienza? E se invece lo sconosciuto fosse uno stalker con tendenze psicotiche e non semplicemente un bello e dannato? A queste domande cerca di dare risposta il regista Bram Coppens nel suo primo lungometraggio del 2016 dal titolo Broken Vows, in italiano divenuto Seduzione Fatale. Il fulcro del film gira infatti tutto sul tema dello stalking, tema, come sappiamo, molto attuale, anche se qua dovremo usare più volte l’espediente della sospensione dell’incredulità per poter entrare appieno dentro il torbido menage a trois che Coppens ci propone.

La bellissima Tara trascorre il suo addio al nubilato nella città di New Orleans con due delle sue migliori amiche. Durante una serata in un locale molto alla moda la ragazza incontra gli sguardi insistenti del bel barista Patrick, il quale non smette un attimo di corteggiarla. Vuoi per l’alcol che scorre a fiumi, vuoi per l’euforia degli ultimi giorni da single, e anche per il fatto che il futuro sposo, Michael, l’ha già tradita in passato, Tara deciderà di concedersi una notte di passione sfrenata con il bellissimo sconosciuto, certa poi di poter tornare alla normalità e continuare come se nulla fosse i preparativi per il suo matrimonio. Ma non andrà affatto così: Patrick non è quel che sembra, comincerà a seguirla ossessionato dall’amore che crede di provare per lei, e cercherà di fare qualsiasi cosa, lecita o meno, per averla tutta per sé, e mandare a monte il suo matrimonio. Scavando nel passato del giovane un investigatore privato ne scoprirà delle belle.

La sceneggiatura del film non ha davvero nulla di originale, e si ispira a tantissime altre storie che fanno dello stalker schizofrenico il loro protagonista assoluto. Tra tutti come non citare uno dei capolavori indiscussi del thriller ossessivo/compulsivo, ovvero Attrazione Fatale di Adrian Lyne del 1987, che aveva i ruoli ribaltati rispetto al film di Coppens, vedendo come fedifrago il marito, interpretato da Michael Douglas, e come amante occasionale e successiva molestatrice paranoica la magistrale Glenn Close. E’ ovvio che la sceneggiatura di Jim Agnew e Sean Keller non ha l’impatto morboso di quella di James Dearden, ma lo sguardo assassino di Wes Bentley sicuramente coglie nel segno, sebbene non mi osi certamente paragonarlo a quello della Close. Bentley per altro non è proprio un attorucolo di zerie Z, avendo un curriculum di tutto rispetto che lo vede partecipare a pellicole quali American Beauty di Sam Mendes, Ghost Rider di Mark Steven Johnson, Hunger Games di Gary Ross, Iterstellar di Christopher Nolan, ma anche a serie tv di respiro internazionale come American Horror Story, nella quale lo troviamo tra i protagonisti della Quinta e Sesta Stagione, Hotel e Roanoke. Bello ed affascinante, col corpo pesantemente tatuato, Bentley non poteva che essere affiancato da una partner degna del suo sex appeal, e così nel ruolo dell’avventata Tara troviamo la bellissima Jaimie Alexander, divenuta celebre per aver interpretato il personaggio di Lady Sif in due film della saga di Thor e nella serie tv Loki. Jaimie è brava a cogliere le espressioni di una donna vittima di stalking, la quale però non può denunciare il suo molestatore perché non vuole che si scoprano i suoi altarini a un passo dal matrimonio. E così cercherà di risolvere la cosa in gran segreto attraverso un investigatore privato trovatole dalla sua migliore amica Debra, interpretata da un altro volto noto di American Horror Story, la sexy cameriera della prima stagione Alexandra Breckenridge, che ben si ricorderanno anche i fan di The Walking Dead. Quarto attore importante è quello che interpreta Michael, il futuro marito ignaro di tutto, ma non completamente innocente, avendo anche lui tradito Tara in passato: il suo volto è quello del bel Cam Gigandet, noto per essere stato il vampiro James nella saga cinematografica Twilight tratta dai romanzi di Stephanie Meyer, e per aver partecipato a serie tv di grido quali CSI e The O.C.

Certo, il pacchetto confezionato è quello di un filmetto da una visione e via, non si cercano particolari innovazioni registiche né tagli di luce, né si dà risalto in alcun modo alla fotografia, anche se è degna di nota la carrellata d’apertura tra i locali bassi e suggestivi della bella New Orleans. Peccato che il regista abbia deciso di farci vedere subito all’inizio le mani insanguinate di Tara che stringono un anello, con la sua voce in sottofondo che ci fa intuire subito molto di più di quello che avremmo voluto, e che fosse necessario per non tagliare immediatamente via una buona fetta di pathos alle vicende. Tuttavia il film, che dura meno di un’ora e mezza, scorre bene, non è mai noioso, il regista riesce comunque a mantenere un buon ritmo e talvolta a farci sussultare per le prodezze di Patrick, vero e proprio cane sciolto che non si sa dove voglia andare a parare. L’infanzia del giovane, così come il quartiere di casette monofamiliari con giardino in cui spesso passeggiano Tara, Michael e Debra, sembrano strizzare l’occhio a un vero e proprio capolavoro dell’Horror mondiale, Halloween di John Carpenter, nel quale pure hanno un ruolo di un certo rilievo le baby sitter. Nonostante ciò il modello di Carpenter non viene seguito nel film, adagiandosi più su un drama/thriller a carattere psicologico, che scava nella mente della protagonista, portando noi spettatori a pensare: cos’è più pericoloso, rischiare la propria vita e l’incolumità nostra e dei nostri cari, o confessare a un futuro marito, per altro già fedifrago a sua volta, di aver commesso una sciocchezza a ridosso delle nozze? Questo interrogativo tormenterà Tara per tutto il corso del film, obbligando chi guarda a utilizzare per forza la sospensione dell’incredulità, perché forse avvertendo le forze dell’ordine per tempo si sarebbero potute evitare non poche beghe. Ma Tara è una donna fragile, che dice “non posso” ma dopo non si impone minimamente per tenere lontano da lei quell’affascinante sconosciuto, e che quindi si ritroverà in un vortice dal quale non sa come uscire, e nel quale pian piano comincia a tirare dentro tutti coloro che le stanno accanto, dal futuro marito alla migliore amica alla sorella minorenne.

Quindi, nonostante la sceneggiatura trita e ritrita, la totale assenza di virtuosismi tecnici che tanto piacciono ai palati più fini, e il debolissimo colpo di scena finale, Seduzione Fatale può comunque contare su un discreto cast ed un buon uso della suspense da parte del regista che lo rendono un filmetto gradevole e scorrevole da gustarsi per una serata senza impegno. Nota di demerito al comparto costumi: la Alexander indossa per tutto il film, tranne nella scena iniziale, microabiti neri tutti più o meno uguali che sembrano sempre lo stesso, mentre una donna come lei potrebbe davvero sfoggiare di tutto di più; anche per la Breckenridge sono stati scelti abiti che non armonizzano le sue forme abbondanti ma sinuose, rendendola a tratti sgraziata e più in carne di quanto non sia in realtà.

Forse Coppens avrebbe dovuto provare a tirar fuori qualcosa di più originale per la sua prima regia, una storia meno rivista e risentita, ma tant’è, ormai la frittata è fatta, e quindi non resta che guardare il film con gli occhi giusti, senza aspettarsi gran che ma provando a farsi coinvolgere nelle ansie e nei timori della protagonista, ed anche nella psicologia contorta e disturbata dello stalker, in modo tale da recepire al meglio ciò che una pellicola come questa riesce a darci.

https://www.imdb.com/title/tt3701714/

Ilaria Monfardini