Sangue nella bocca: boxe e sesso dentro e fuori dal ring

In Sangue nella bocca Ramòn Alvia (Leonardo Sbaraglia) è un pugile professionista. Ha quarant’anni, una bella moglie, Karina (Erica Banchi), e due bambini. Vive a Buenos Aires e con il nome di El Tigre ha collezionato innumerevoli vittorie, raggiungendo l’apice della sua carriera. Ormai grande, dopo aver conquistato l’ennesimo titolo decide di ritirarsi dalla boxe e di aiutare la consorte a portare avanti il suo negozio.

Ma il seguito non va proprio così. La vita di Ramòn viene drasticamente stravolta dall’incontro con una giovane pugile colombiana, Débora (Eva De Dominici), che si allena nella sua palestra. Il campione sviluppa un amore ossessivo per la ragazza, con cui porta avanti una relazione tumultuosa e, spinto da una passione irrefrenabile, lascia la famiglia e torna sul ring, certo di poter ancora vincere.

Se si dovesse sintetizzare il film di Hernàn Belòn in poche parole, si potrebbe dire che sono novantasette minuti in cui si alternano quasi esclusivamente scene sul ring e sequenze di sesso. Belòn (ri)porta sul grande schermo un cliché del cinema eroico-sportivo, quello del combattente vincitore che, con ancora i segni della lotta sul corpo ma con il titolo in mano, si avvia sul viale del tramonto. Finché l’incontro con una donna passionale lo spinge a combattere ancora e lo trascina nel vortice di una relazione erotica e distruttiva.

Eppure, nonostante tutto ruoti intorno a una passione violenta, nella storia di Ramòn non c’è nulla che sia davvero profondo e graffiante. Belòn non scava nell’animo dei suoi personaggi e lascia che le loro figure restino superficiali. I momenti di lotta e le ripetute scene di sesso non trasmettono la violenza e la passione che dovrebbe ardere nei due pugili. Piuttosto, lasciano il sentore di immagini puramente volte a mostrare un’estetica dei corpi che non si traduce nella capacità di trascinare la mente nell’uragano di una bramosia travolgente.

Allora, Sangue nella bocca è qualcosa che si fa guardare senza far toccare mai davvero, però, l’animo della storia. È un racconto potenziale che resta sospeso. Un film che si guarda anche con piacere, ma sapendo che si deve restare in superficie senza poter scoprire cosa si nasconde sotto.

 

 

Valeria Gaetano