School of mafia: quei bravi ragazzi

È attraverso un “tragico” prologo che vede coinvolto Tony Sperandeo che prende avvio School of mafia, terza regia per lo sceneggiatore Alessandro Pondi, dopo il Chi m’ha visto con la coppia Beppe Fiorello-Pierfrancesco Favino e il Tutta un’altra vita interpretato da Enrico Brignano.

Una terza regia che comincia a New York per presentarci un Giuseppe Maggio chitarrista in procinto di entrare nei talent show più famoso d’America, un Guglielmo Poggi cadetto dell’accademia di polizia e un Michele Ragno insegnante di danza.

Tre giovani in preda a sogni e aspirazioni ma che, figli di altrettanti boss mafiosi che si spartiscono i traffici illegali della città, vengono fatti rapire proprio dai loro genitori, intenti a renderli eredi dei loro affari.

La destinazione, infatti, è la Sicilia, dove un Nino Frassica temuto padrino avrà il compito di addestrarli per farli diventare a loro volta dei veri boss; ricordandogli, tra l’altro, che il pizzo si divide in cinque fasi e che la politica è l’arte del compromesso.

Un Nino Frassica che, in realtà, appare decisamente sprecato, come pure una Paola Minaccioni coinvolta all’interno di un buon cast – comprendente Emilio Solfrizzi e Maurizio Lombardi – purtroppo al servizio di una tipologia di comicità decisamente vecchia, fuori tempo e, di conseguenza, difficilmente in grado di strappare risate allo spettatore del XXI secolo.

Una comicità a base di tipiche macchiette malavitose del sud Italia, per intenderci, a partire da un Paolo Calabresi dalla voce afona.

Una comicità che riesce a far sorridere, al massimo, nella sequenza dell’equivoco con automobile bruciata, oltretutto già vista altrove; come pure, del resto, l’idea di base del plot, in fin dei conti poco distante da quella su cui venne costruito nel 2016 il non eccelso ma superiore Quel bravo ragazzo di Enrico Lando.

L’indeciso orientamento sessuale (tematica ormai immancabile nel cinema del terzo millennio) del citato Ragno, un immancabile gag con fedifraga (la brava Paola Lavini) e amante sotto il letto e una manciata di nudi femminili gratuiti completano School of mafia, caratterizzato da notevole cura estetica e fotografica destinate a rendere una Sicilia dai toni western ma che, purtroppo incapace di sfuggire alla morsa della noia, può lasciare a fine visione, al massimo, soltanto qualche ricordo della ricca colonna sonora a cura di Cris Ciampoli. Una colonna sonora spaziante da una rilettura della celentaniana Ciao ragazzi ad evidenti echi provenienti da Louis Prima e dal super classico del folk The house of the rising sun.

 

 

Francesco Lomuscio