Scream: ventitre anni fa il terrificante urlo di Craven invadeva i cinema italiani

In quanti film possiamo vedere il regista Wes Craven vestito da Freddy Krueger che sbotta alle imprecazioni di Arthur Fonzarelli di Happy Days?

Questa è solo una delle tante citazioni che troviamo in Scream, approdato nelle sale italiane l’11 Settembre 1997; un film che di esse fa il proprio cavallo di battaglia, unito al desiderio del regista di rinnovare un sottogenere, lo slasher, che era diventato prevedibile e che aveva esaurito le proprie scorte di horror per precipitare, nella prima parte degli anni Novanta, ad un minimo storico.

Quale è il tuo film di paura preferito? Halloween, risponde la bella Casey Becker accarezzando un affilato coltello da cucina. Inizia così l’omaggio di Wes Craven e Kevin Williamson ai film di paura e, in particolare, alla pellicola sul maniaco Michael Myers creato da John Carpenter.

In Scream a scatenare il caos in una piccola cittadina americana è un pazzo mascherato che uccide gli studenti della scuola superiore di Woodsboro. Giovani con una grande passione per il cinema dell’orrore, capace di intrecciare immaginazione e realtà rendendole entrambe cruente e spaventose. La prima vittima è niente di meno che Drew Barrymore (la Casey Becker di cui sopra), l’ex bambina prodigio dello spielberghiano E.T. – l’extraterrestre, tormentata al telefono da uno psicopatico loquace che fa domande sui film dell’orrore e che viene eliminata velocemente dallo schermo,  testimoniando da subito una  rottura con il passato.

Per il pubblico sconvolto dalla sua morte, in quanto si pensava che fosse proprio Drew la protagonista principale, oltre che testimonial del film, è diventato chiaro che nessuno, indipendentemente dalla statura di Hollywood, è immune al coltello della “faccia fantasma”, il serial killer. Da questo punto in poi la trama, sceneggiata dall’allora esordiente Kevin Williamson, procede ad una velocità vertiginosa, guidando lo spettatore in un’allegra danza, coinvolgendo e respingendo i sospetti in modo rapido ed efficiente, prima di dare il colpo decisivo in un finale in cui vengono riprodotte tutte le convenzioni horror, ma con risultati notevolmente diversi. Il cast è eccellente, non solo per la già citata Barrymore, ma anche per la Neve Campbell del teen drama Cinque in famiglia, qui nel ruolo di Sidney, la vittima principale di stalking, la cui madre era stata assassinata un anno prima dopo aver subito uno stupro. Ma anche David Arquette nel ruolo di poliziotto un po’ imbranato e Courteney Cox a rappresentare una stampa cinica e invadente.

Scream è un genuino divertimento al sangue in cui regista e spettatore giocano in modo emotivamente interattivo dinanzi alle situazioni canoniche del terrore in una serie di continui depistaggi, indizi disseminati ad hoc su ognuno dei personaggi in gioco, in modo da far salire dubbi e incertezze sino ai minuti finali, nei quali la reale identità di Ghostface viene svelata. Chi è che non ha dubitato del preside Fonzarelli che in giacca e  cravatta, con le tempie imbiancate, si specchia in uno dei suoi attacchi di narcisismo alla Happy Days?

Scream nei primi quindici minuti è eccessivamente violento, un affronto all’orrore pesantemente neutralizzato degli anni precedenti. La sola sequenza di apertura, eseguita con uno zelo lucido, mostra quanto fosse diventato magistrale Craven in questa fase della sua carriera, presentando sia uno sventramento selvaggio che un brutale linciaggio. L’immagine di Drew Barrymore appesa ad un albero come un animale scuoiato avrebbe lasciato qualcosa di amaro in bocca, ma il film non si permette di diventare così cinico. Anzi, attraverso l’energia pura e infantile e l’entusiasmo per il genere, Craven crea un’esperienza unica, divertente, che stampa un sorriso da un orecchio all’altro, che alterna il suo contenuto violento, a una macabra ironia citazionista e ad una goffaggine dell’assassino, mai vista prima.

Ed è così, che il lungometraggio si veste di una nuova identità cinematografica: Craven smonta infatti davanti ai nostri occhi le strategie narrative del genere horror e ci offre un autentico saggio di come si fabbrica l’angoscia sullo schermo. In effetti, la pellicola non è un horror in senso ortodosso, bensì una commedia dell’orrore, capace di mantenere il pubblico in uno stato di terrore euforico. Lo spettatore si scatena in grandi risate per poi sprofondare nella poltrona travolto da sequenze mozzafiato. Ancora una volta, quindi, il compianto Wes si riconfermò tra i cineasti più influenti del cinema del terrore, capace di reinventare il genere per la terza volta.

Perché lo fece nel 1972 con L’ultima casa a sinistra, ponendo una sfilata di violenza nella vita reale e dove l’orrore proviene da gente comune; poi, dodici anni dopo, tramite il geniale Nightmare – Dal profondo della notte, introducendo un’ambientazione mai esplorata prima in cui spingere i confini del genere, ovvero la dimensione onirica, dove le persone sono più vulnerabili; infine, attraverso Scream, nel 1996, giocando con le regole dello slasher e con una ventata d’ironia, per introdurre un misterioso omicida nascosto dietro una maschera ispirata a L’urlo, dipinto espressioniata di Edvard Munch, e trasformarlo in autentica icona pop.

Ghostface, per la precisione, in verità influenzato, al di là della citata opera di Munch, anche da diverse immagini mitiche della cultura popolare: la copertina dell’album The wall dei Pink Floyd ha giocato nel design finale della maschera della designer Brigitte Sleiertin; Betty Boop, la preferita delle pin-up degli anni Trenta, viene menzionata perché anche i personaggi spettrali del suo cartone animato hanno ispirato il look di questo terrificante assassino che non solo ha creato una nuova generazione di fan dell’horror, ma ha deliziato quelli del passato con i suoi simpatici cenni di genere, l’arguzia acuta e il senso dell’umorismo. Ma con un fondamentale messaggio metacinematografico dalla profonda connotazione sociologica: i film dell’orrore non fanno nascere nuovi pazzi, li fanno solo diventare più creativi.

Scream, oltre al gran successo al botteghino, porta a casa un MTV Movie Award come Miglior film e il Saturn Award come Miglior film horror. I tre non disprezzabili sequel, realizzati dallo stesso Craven tra il 1997 e il 2011, hanno ottenuto un buon successo, ma hanno faticato a eguagliare la pura qualità dell’originale,  perché , una volta che le “regole” sono state sfruttate, hanno perso il loro innovativo impatto.

Nel frattempo è stata anche annunciata la realizzazione di un quinto capitolo diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett (autori di Finché morte non ci separi), ma il film ha inoltre ispirato il franchise parodia Scary movie, che conta ben cinque pellicole. E dal 2015 MTV trasmette inoltre la serie televisiva Scream, arrivata alla terza stagione nel momento in cui stiamo scrivendo.

 

Daniela Asmundo