Il nuovo EP di Giulio Brando, Nascosto in aria, è un’opera che unisce la grazia del racconto alla forza della verità. Cresciuto tra le colline toscane e influenzato da Springsteen e De André, Brando torna a dieci anni dall’ultimo disco con una visione più aperta, più umana. Lo abbiamo intervistato per parlare di suono, silenzio e libertà.

1. Come nasce Nascosto in aria? Hai seguito un concept oppure è stato un flusso spontaneo?
Nascosto in aria nasce dalla fantasia di prendermi per mano, parlando alla mia anima.
2. Quanto ha influito la tua terra, la campagna toscana, nell’immaginario di questo lavoro?
Sicuramente il contatto con la mia terra è stato molto influente, affinché la mia sensibilità si concedesse al massimo.
3. Hai parlato spesso di Bruce Springsteen come ispirazione. In che modo ti ha influenzato oggi?
Springsteen ha fatto sì che conoscessi la mia passione da piccolo. Oggi la mia musica è personale e non prende ispirazione da nessuno.
4. La tua musica ha sempre avuto un tono spirituale ma concreto. Ti riconosci in questa definizione?
Sì. La spiritualità è anche essere radicati a terra.
5. In un’epoca di canzoni “fast”, tu pubblichi un EP intimo e riflessivo. Una scelta controcorrente?
Scrivo secondo il mio sentire, e non in base alle mode.
6. Hai già pensato a un ritorno live o a un album completo? Cosa verrà dopo?
Non ho pensato a niente in particolare. Mi muoverò in base a ciò che sentirò necessario per me.
Con Nascosto in aria, Giulio Brando ci ricorda che non c’è fretta nel raccontare qualcosa che vale. Il suo è un cantautorato fuori dal tempo, radicato nella terra e sospeso nell’aria. Una musica che respira. Come lui.


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