Disponibile su Mubi dall’11 Giugno 2021, Shiva Baby è il film d’esordio della giovane regista canadese Emma Seligman, nato proprio dal suo cortometraggio di tesi di cinema.
Un lungometraggio che ha già riscosso grande successo in alcuni festival esteri e consensi dalla critica. Una classica black comedy che si svolge proprio durante il corso di una shiva, ovvero una commemorazione funebre.
La sequenza di apertura introduce la giovane protagonista Danielle, che passa dal sesso con uomo più maturo di lei conosciuto tramite una app al messaggio della madre, che gli ricorda di non fare tardi al funerale della comunità ebraica. Funerale dove scopriamo che tutti sparlano sottovoce di un giovane rabbino reduce da una tormentata relazione e non risparmiano alcun commento velenoso agli altri partecipanti.
Come tutti i genitori, quelli di Danielle approfittano della situazione dei parenti per creare un’opportunità di lavoro alla figlia, e tutta la storia si concentra su una serie di imbarazzanti incontri tra gli intervenuti al funerale, con un crescendo di incomprensioni e incidenti “sociali”.
Ambientato negli angusti spazi della casa affollata di parenti “serpenti” e amici, Shiva Baby ci porta all’interno di relazioni improprie agevolate dalle nuove forme di comunicazione digitale tramite le app e i social.
Grazie ad una costruzione drammatica alternata alla commedia, la regista ci mostra tutte le storie dei personaggi che cercano di occultare legami imbarazzanti e, sicuramente, infrangono ogni convenzione sociale legata ad un funerale.
Un ottimo cast femminile, con Rachel Sennott nei panni di Danielle, Molly Gordon in quelli dell’amica Maya e Poly Draper nel ruolo dell’apprensiva mamma della prima, impreziosisce una black comedy che funziona molto bene e che ricorda altri talentuosi colleghi che hanno raccontato vicende simili.
Tanto di cappello alla giovane regista Emma Seligman, che centra al primo colpo un film davvero da non perdere, intelligente e divertente e, sicuramente, meno deprimente del recente vincitore dell’Oscar Nomadland, nonostante il funerale.
Roberto Leofrigio
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