Silvia Conti: la bellezza di una tradizione

Quando la tradizione viene ripescata con fascino e attualità, il cocktail che ne viene fuori è sempre assai fragile, ci vuol poco a mancarne di rispetto. Eppure il gusto e la semplicità con cui ci si avventura la cantautrice toscana Silvia Conti ne restituisce una bellezza che ci piace sottolineare. Dopo quel disco che tanto è piaciuto alla critica per sancire il suo ritorno in scena dopo anni e anni di silenzio – “A piedi nudi (Psichedeliche ipnotiche nudità)” (RadiciMusic, 2017) – torna oggi la sua voce un poco graffiata e un poco graffiante. Il nuovo singolo, forse una degna anticipazione del nuovo disco in cantiere, si intitola “L’incrocio del diavolo (Devil’s crossroads blues)” sempre pubblicato da RadiciMusic: è ovvio il rimando al mito del blues Robert Johnson, a quella notte, al suo patto con il diavolo. La Conti decide di tornarci, decide di edulcorare a suo modo un patto con l’eterno sangue del blues e in qualche modo ci riesce sottolineando a pieno le sue origini che ha sempre mescolato con la didattica del pop italiano. Un video in rete che danza tra allegoria e popolarità dentro le trame di una delle più avvincenti leggende della musica mondiale. Parliamo dunque di bellezza

Noi parliamo sempre di bellezza e non solo di quella sfacciata da mostrare. Ecco: per Silvia Conti cos’è la bellezza?
La bellezza per me risiede nella gentilezza. Ecco perché è così difficile da trovare. E quanto peso ha la bellezza nella stesura di un brano? Direi che in questo nuovo singolo la bellezza, almeno quella canonica, l’hai un poco messa da parte per seguire una struttura di canzone libera come piace a te…
Nella stesura di un brano la bellezza si coglie nel suo insieme, nella sua genuinità e sincerità d’intenti. La bellezza è per sua natura relativa quindi è difficile poter affermare cosa è bello e cosa non lo è senza rivelare se stessi. Lo hai appena fatto anche tu proprio adesso dichiarando che avrei messo da parte la bellezza, almeno quella canonica, per seguire una struttura libera; ecco, secondo me è proprio in questo che risiede la bellezza, nell’essere liberi di non seguire niente.

E resterei sul tema anche pensando al video che cerca di ripescare uno stile un po’ alle origini o sbaglio?
Assolutamente sì. Abbiamo cercato il più possibile di rimanere fedeli alle origini, non solo nel video ma soprattutto nell’esecuzione del brano. Abbiamo cercato la freschezza di una band dal vivo, la stessa che c’era nei locali dove suonavano il blues nei primi decenni del secolo scorso e la stessa atmosfera polverosa e quasi sporca. Ci siamo riusciti? Noi crediamo di sì.

Il blues in qualche modo non è solo un genere musicale… per te cosa significa?
Il blues è qualcosa che ha a che vedere con l’anima, la parte più profonda di noi. Non so dirti cosa significa ma posso dirti che il Blues o ce l’hai o non ce l’hai, non ci sono mezze misure, non puoi costruirlo.

Che tipo di evoluzione e di rivoluzione stai vivendo? O semplice prosecuzione? Da queste primissime battute direi che siamo un po’ distanti dal tuo ultimo disco… forse più vicini alla sua traccia di chiusura, ricordo l’omaggio di “All Togheter Now”… sembra quasi che tu abbia ripreso un po’ quello spirito li…
Magari, dato che stiamo parlando dei Beatles! Non direi però che ne siamo tanto lontani, nel disco precedente il Blues era già presente, basta ascoltare “Vai”. In ogni caso non mi faccio troppe domande, la vita è un susseguirsi di eventi ed esperienze che ti cambiano costantemente anche quando non ti sembra. E’ ovvio quindi che il mio lavoro attuale sia diverso, lo spero vivamente, odio essere immobile soprattutto con la mia testa. L’unica cosa che non cambierà è il mio gruppo di lavoro perché sono musicisti stratosferici ed in grado di accompagnare perfettamente una sconclusionata come me.