Lo scontro di ieri nello Studio Ovale tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky ha scatenato un putiferio, ma a far rumore non è solo la “gara di urla” tra i due leader. No, il vero spettacolo sta nella reazione isterica della sinistra italiana radical chic, che ora scalpita per trasformare un diverbio diplomatico in un casus belli contro Trump, Vance ed Elon Musk. Da Roma a Bruxelles, i soliti salotti buoni gridano all’intervento duro dell’Unione Europea, dipingendo Trump come un dittatore filo-Putin e agitando lo spauracchio di una guerra totale con la Russia. Ma fermiamoci un attimo: chi ci guadagna da questo atteggiamento guerrafondaio? E soprattutto, cosa ne pensano davvero gli italiani?

Partiamo dai fatti: Trump ha umiliato Zelensky davanti alle telecamere, lo ha definito un “comico mediocre” e ha messo in chiaro che senza compromessi non si fa pace. La sinistra nostrana, con il suo solito riflesso pavloviano, ha subito urlato al tradimento della democrazia, invocando Macron, von der Leyen e compagnia cantante per un’azione decisa contro Mosca. Sembra quasi che vogliano correre dritti verso uno scontro diretto con Putin, costi quel che costi – e il costo, signori, potrebbe essere una terza guerra mondiale. Ma vi sembra normale? È questa la “pace” che predicano tra un aperitivo a Trastevere e un editoriale indignato?

Condanniamo con forza questo approccio bellicista, che puzza di ipocrisia e di interessi lontani anni luce dalla volontà popolare. Perché se vai a chiedere agli italiani cosa pensano davvero, ti rispondono chiaro e tondo: “Siamo contro la guerra”. Punto. Non capiscono – e come dar loro torto? – perché abbiamo buttato miliardi in armi e aiuti all’Ucraina, un Paese che, diciamolo senza girarci intorno, era comunque destinato a soccombere di fronte alla macchina militare russa. Risultato? Pagchiamo il gas a prezzi stellari, ci siamo inimicati la Russia (che fino a ieri ci forniva energia a buon mercato) e ora ci troviamo con un’Europa divisa e un’ economia in ginocchio. Tutto questo per cosa? Per fare i paladini di una causa persa in partenza?

E ora arriviamo al nodo cruciale: Giorgia Meloni si trova di fronte a un bivio. Da una parte, i guerrafondai europei alla Macron, che spingono per un’escalation insensata, pronti a sacrificare la stabilità del continente sull’altare della loro retorica moralista. Dall’altra, Trump, che piaccia o no, ha messo sul tavolo una parola semplice ma rivoluzionaria: pace. Certo, lo fa a modo suo, con arroganza e pragmatismo, ma almeno non ci trascina verso l’abisso. La premier italiana, che finora ha difeso l’Ucraina insieme agli alleati, deve decidere: seguire i falchi di Bruxelles e rischiare di farci pagare un prezzo ancora più alto, o ascoltare la voce del popolo e schierarsi con chi vuole fermare questa follia?

Gli italiani non sono guerrafondai. Non lo sono mai stati. Vogliono lavoro, bollette pagabili e un futuro per i loro figli, non missili e sanzioni che ci isolano dal mondo. La sinistra radical chic, con la sua ossessione anti-Trump e la sua visione distorta della realtà, sta giocando col fuoco. E se non si ferma, a bruciarci saremo tutti noi. È ora di dire basta: la pace non è un’utopia, è una necessità. Meloni, scegli da che parte stare – e che sia quella degli italiani, non dei tamburi di guerra europei.


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