Solis, The dark e La voce del lupo: spazio, splatter e licantropia al Trieste Science+Fiction Festival

Con otto storie da incubo a cura di Ashim Ahluwalia, Can Evrenol, Severin Fiala, Veronika Franz, Katrin Gebbe, Calvin Reeder, Agnieszka Smoczynska, Peter Strickland e Yannis Veslemes, l’antologia da grande schermo The field guide to evil ha chiuso a notte fonda la giornata del 2 Novembre dell’edizione 2018 del Trieste Science+Fiction Festival, tra demoni, goblin, umanoidi cannibali, miti e leggende.

Giornata iniziata con il britannico Solis di Carl Strathie, che, risentendo chiaramente di classici della fantascienza del calibro di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick e Solaris di Andrei Tarkovsky e di più recenti titoli quali Gravity di Alfonso Cuarón e Sunshine di Danny Boyle, si presenta come sorta di variazione in space di Locke di Steven Knight e All is lost – Tutto è perduto di J.C. Chandor.

Infatti, se nel primo avevamo Tom Hardy completamente impegnato in conversazioni telefoniche in automobile e nel secondo vi era Robert Redford disperso in mezzo al mare in cerca di soccorsi, in questo caso Steven Hogg – star della popolare serie televisiva The walking dead – veste i panni dell’ingegnere di una compagnia mineraria spaziale che si ritrova intrappolato in una capsula di salvataggio alla deriva verso il sole.

E, mentre lo vediamo perennemente in contatto con il Comandante Roberts tramite una debole trasmissione radio, è interamente sulla sua lodevole performance che si costruisce la quasi ora e mezza di visione girata in soli venticinque giorni.

Quasi ora e mezza dall’impianto piuttosto teatrale (del resto, gli unici esterni mostrano la capsula in volo) e che, pur peccando in parte in monotonia, vanta una lodevole confezione tecnica mentre costruisce la tensione nel corso del suo svolgimento, rivelandosi una parabola umana relativa al dolore della perdita e dell’abbandono.

Quasi ora e mezza cui ha fatto seguito la produzione austriaca The dark, primo lungometraggio diretto da Justin P. Lange (la fonte di partenza è un suo cortometraggio), caratterizzato da un’ambientazione che richiama alla memoria, in un certo senso, A quiet place: Un posto tranquillo di John Krasinski.

Perché è in un bosco che avviene l’incontro tra un ragazzo cieco e una giovane dalle mostruose fattezze che trovano conforto l’uno nell’altra, in quanto entrambi vittime di indicibili abusi.

Ma, a cominciare dal fatto che la seconda, a quanto pare mostro nato dalla sua stessa rabbia e che ha trasformato il posto nel proprio terreno di caccia, non lasci ben intendere se sia una zombi o un’altra tipologia di creatura soprannaturale, il risultato si rivela una favola macabra tanto ambiziosa (basterebbe citare il poco chiaro e pretenzioso epilogo) quanto confusa, di cui, nella fiacchezza generale, possono rimanere nella memoria dello spettatore, al massimo, le crude uccisioni, in mezzo ad accettate e sgozzamenti.

Il documentario sull’intelligenza artificiale More human than human di Tommy Pallotta e Femke Wolting, i particolari viaggi nel tempo raccontati in Man divided di Max Kestner e la surreale storia d’amore nello spazio intergalattico tra un astronauta e una androide (la pornostar Stoya) al centro del serbo Ederlezi rising hanno accompagnato il resto della giornata, insieme alla proiezione dell’intramontabile Il mondo dei robot di Michael Crichton, fino al deludente La voce del lupo di Alberto Gelpi.

Con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Cucinotta e dell’highlander della Settima arte Christopher Lambert, una vicenda che avrebbe potuto rappresentare il ritorno della figura del lupo mannaro all’interno della cinematografia di genere italiana, ma che, incentrata sulle indagini relative ai ritrovamenti di cadaveri in un paese in cui è rientrato dopo anni il violento poliziotto Nico alias Raniero Monaco Di Lapio e caratterizzata da trasformazioni destinate ad avvenire sempre fuori campo, non manifesta altro che i connotati di una dimenticabile fiction tv infarcita d’intrigo ambientalista e dialoghi decisamente ridicoli.

 

Francesco Lomuscio