Continuano gli speciali dedicati al film di Alberto Bogo “Terror Take Away”. Ho incontrato una delle protagoniste del film l’attrice Fiorenza Pieri e le ho chiesto di raccontarmi la sua esperienza sul set.
Ciao a tutti! Grazie Alex di questa opportunità, è un piacere essere qui a raccontare l’esperienza che mi ha portato ad interpretare questo film.
Con Alberto ci siamo conosciuti prima di incontrarci, tramite molti amici comuni, e ci siamo inseguiti per un bel po’ di tempo: lui mi aveva vista in alcuni lavori, io seguivo i suoi progetti e le sue produzioni. Al contrario dei miei colleghi che si sono candidati e sono stati selezionati tramite provino, io ho avuto la fortuna di avere una proposta diretta da parte di Alberto. Era arrivata la giusta occasione per lavorare insieme, evidentemente.
Mi ha coinvolto da subito non solo l’entusiasmo con cui mi ha parlato del progetto, ma anche l’impegno nell’organizzazione e l’ambizione al contenuto e alla qualità, nonostante la condizione di produzione indipendente, che notoriamente pone un limite alla disponibilità di mezzi e al tempo di realizzazione.
Essendo io una persona molto esigente in realtà l’ho fatto impazzire fino all’ultimo. Volevo essere sicura che il cast fosse composto da attori professionisti (troppe volte le produzioni di questo genere rinunciano a coinvolgere attori, affidandosi ad amatoriali) e ho proposto… di adattare le battute che mi riguardavano in modo da approfondire e arrotondare il personaggio. Mi ha fatto molto sorridere vedere nel backstage Alberto che dice “Fiorenza mi ha fatto chiudere la sceneggiatura circa quarantasette volte”!
Devo dire che comunque il nostro incontro è stato molto prolifico, perché dalle mie proposte di cambiamenti nascevano ovviamente delle controproposte da parte sua, una delle quali ha prodotto la scena in cui io e Terence parliamo del nostro amore per il turismo post-apocalittico, che è uno dei miei dialoghi preferiti.
La cosa bella di partecipare a questo progetto è stata principalmente questa: la possibilità per ognuno di noi di essere creativo nel proprio ruolo, un continuo confronto costruttivo e la grande disponibilità da parte di tutti nell’affrontare inevitabili difficoltà e imprevisti.
Concludo dicendo che il momento più divertente (e faticoso) del set è stata la sequenza con Max the killer: gli effetti speciali sono impegnativi da subire, ma la mia morte sul grande schermo è ancora più bella di come l’avessi immaginata (colpa e merito di Davide Riccardi).
A.C./F.P.
Le foto dell’articolo sono di: Emanuele Ferrari ph. – Cristina Pasino – Filippo Giusti – Domenico Conte – Anna Ferrara
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