Con sofferto supplizio ai danni di una lingua posto nel prologo, è immediatamente nell’atmosfera sadico-splatter da torture porn cui ci ha abituati la saga iniziata nel 2004 da James Wan – qui soltanto produttore esecutivo – che ci riporta Spiral – L’eredità di Saw, interpretato nientemeno che dalla star della commedia a stelle e strisce Chris Rock.
Un Chris Rock che – anch’egli coinvolto nella produzione esecutiva del film – si cala nei panni di uno sfrontato detective di polizia alle prese con una sconvolgente indagine riguardante omicidi che ricordano, appunto, quelli compiuti in passato dal folle enigmista John Kramer detto Jigsaw.
Indagine che, all’ombra del padre dalle fattezze di Samuel L. Jackson, stimato veterano della polizia, porta avanti affiancato da un partner alle prime armi incarnato da Max Minghella; man mano che la oltre ora e mezza di visione, in parte sulla falsariga del precedente Saw: Legacy di Michael e Peter Spierig, tende a privilegiare uno sviluppo narrativo dal punto di vista delle forze dell’ordine. A differenza dei sette capitoli che avevano preceduto quel non molto riuscito sequel datato 2017, tutti prevalentemente (e quasi esclusivamente) ambientati in claustrofobici interni per concentrarsi in particolar modo sul perverso gioco orchestrato ai danni delle vittime di turno.
Interni che in Spiral – L’eredità di Saw non risultano comunque assenti, in quanto le diverse torture-uccisioni che mette in scena si consumano al chiuso, mantenendo oltretutto quella propensione al raccapricciante dettaglio sanguinolento che, invece, sembrava essere stata in buona parte dimenticata proprio nel tassello firmato dai fratelli Spierig, rispetto al quale sfoggia metodi di eliminazione decisamente più ingegnosi.
E, tra cera bollente e dita strappate, il merito di ciò va sicuramente attribuito al ritorno dietro la macchina da presa per il Darren Lynn Bousman che aveva diretto i numeri due, tre e quattro del franchise, fortunatamente capace di miscelare a dovere massacri da horror e clima poliziesco in modo da non ridurre il tutto all’ennesimo “anemico” clone del fincheriano Seven.
Al servizio di un nono appuntamento con il serial killer dai connotati di Tobin Bell (in questo caso mostrato solo in fotografia) che, pur ricollegandosi a quanto raccontato fino ad oggi per quanto riguarda Jigsaw, si presenta evidentemente in qualità di reboot delle sue imprese da schermo (del resto, non viene neppure mostrato il pupazzo Billy).
Fino al coinvolgente crescendo del mitico tema musicale di Charlie Clouser che, come di consueto, viene posto ad accompagnamento della serrata fase conclusiva di Spiral – L’eredità di Saw, costruito in maniera da suscitare fotogramma dopo fotogramma l’interesse dello spettatore nei confronti di una vicenda thriller gore che evita di ricalcare pedissequamente quanto già mostrato negli otto episodi predecessori per tracciare, invece, una nuova strada.
Senza rientrare oltretutto tra i meno riusciti lungometraggi della serie grazie anche all’intuizione di evitare il sempre più dilagante e stucchevole politically correct d’inizio terzo millennio (sarebbe sufficiente citare il modo in cui il personaggio di Rock parla del sesso femminile, strappando perfino qualche risata) e fornendo, al contempo, una morale relativa ad una società sempre più corrotta nel guardare chiaramente ai vari casi di cronaca a base di poliziotti violenti americani.
Francesco Lomuscio
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